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Il processo sui fatti che sarebbero accaduti in Lunigiana

Ammesse le prove ottenute con intercettazioni fatte col dispositivo trojan nel processo aperto al tribunale di Massa contro 27 carabinieri, in servizio nelle caserme della Lunigiana, imputati a vario titolo di abusi, minacce a sfondo razziale, lesioni, violenza sessuale (un episodio).

Le difese hanno chiesto l’espulsione dal fascicolo di un consistente numero di intercettazioni ottenute col trojan, per «mancata verifica del luogo in cui sono state captate», ma il collegio, presieduto da Valentina Prudente, ha rigettato la richiesta. Lo stesso collegio ha invece accolto la richiesta delle parti civili per citare come responsabile civile il Ministero della Difesa trattandosi di reati commessi da militari appartenenti all’Arma dei carabinieri.

Così, alla prossima udienza dell’8 luglio, il ministero sarà in aula verosimilmente difeso dall’Avvocatura dello Stato.

Altra data è stata fissata al 24 luglio. Sono otto le persone costituitesi parte civile: sono i cittadini stranieri che ritengono di aver subito abusi e uno dei loro avvocati che avrebbe subito pressioni affinché non fossero fatte denunciate ai carabinieri. Inoltre, insieme ai 27 carabinieri alla sbarra c’è anche un marocchino (totale, 28 imputati).

Le indagini della procura di Massa partirono nel giugno del 2017 a seguito di denunce presentate da stranieri che raccontarono episodi e vicende di insulti razzisti, volti schiacciati a terra durante perquisizioni, colpi con sfollagente, canne di pistola infilate fino in gola e minacce di morte. Le vessazioni, di vario genere, si sarebbero verificate durante controlli delle pattuglie in Lunigiana.

L’inchiesta poi portò all’arresto di otto carabinieri e alla denuncia di decine di militari. Nel tempo i provvedimenti cautelari sono tutti rientrati ma il procedimento è comunque sfociato in un processo.

Sorgente: Presunti maltrattamenti di carabinieri a stranieri, intercettazioni ammesse come prove – Cronaca

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