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Si rafforza l’asse tra presidente del Consiglio e ministro dell’Economia con il silenzioso sostegno di Colle e Draghi. “Intesa possibile, ma se i vicepremier la fanno saltare se ne assumono la responsabilità”. Di Battista: “Minibot nel contratto”

DI CARMELO LOPAPA

ROMA – La trattativa con l’Europa la conduciamo e la chiudiamo noi, alle migliori condizioni possibili, ma se la fate saltare ve ne assumerete le responsabilità». Non sono stati mai così sicuri come in queste ore, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Insolitamente sicuri, se si pensa alla storia di questi dodici mesi vissuti pericolosamente. Il primo da Roma e il secondo dal G20 di Fukuoka sono rimasti in costante contatto telefonico per definire la linea che il presidente del Consiglio dovrà (tentare di) portare avanti, quando finalmente incontrerà i due vice, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, nel decisivo vertice di governo.

È una sorta di aut aut, quello che cercheranno di imporre. Ritengono di avere buone chance per portare a casa la partita, forti anche del sostegno silenzioso ma presente del Quirinale e di quello altrettanto discreto del presidente della Bce Mario Draghi. Perfino dal commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici è arrivato nelle ultime ore un incoraggiamento non scontato.

Ma se i capi partito faranno fallire il risultato, pur di violare ogni vincolo europeo, allora tutto potrà succedere. Conte e Tria, questo il messaggio neanche tanto sotto traccia che lanciano, a quel punto se ne laverebbero le mani.

E allora, con la procedura d’infrazione, la stessa sopravvivenza del governo sarà messa in discussione. «Non accetterò di essere il primo presidente del Consiglio a firmare quella procedura», aveva già messo in guardia il premier.

Il vertice a tre, con i vice, è ancora coperto dalle nebbie, se è vero che fino a ieri sera a Palazzo Chigi non hanno potuto confermare la convocazione per questa sera, complice la “volatilità” dell’agenda dei due (Salvini riunito in via Bellerio coi suoi a lungo nel pomeriggio).

Ad ogni modo, stasera o domani mattina, prima del Consiglio dei ministri, un punto dovranno farlo. E allora il capo del governo dirà come stanno le cose, come intende procedere e quali sono i rischi, dato che la conferenza stampa di lunedì scorso a quanto pare non ha sortito gli effetti sperati. Ieri è stato il ministro dell’Economia, dal Giappone, a piantare i suoi paletti: i minibot non sono un tema di governo, le regole di bilancio Ue saranno rispettate, la manovra potrà essere evitata ad alcune condizioni.

Ecco il punto, che sarà messo a dura prova dagli azionisti di maggioranza gialloverdi. La manovra correttiva in senso classico, fatta di tagli e nuove tasse, potrebbe essere davvero evitata, stando a quanto sarebbe filtrato nei primi confronti informali con Bruxelles. A patto che l’Italia attinga ai circa tre miliardi di euro avanzati da reddito di cittadinanza e quota cento per una sorta di assestamento di bilancio.

Per coprire una prima fetta di disavanzo 2019, insomma. Se non lo facesse, la manovra correttiva vera e propria potrebbe essere invece imposta dalla Commissione e perfino per una cifra superiore (si parla di 5 miliardi). Il fatto è che Lega e M5S i 3 miliardi di “tesoretto” hanno già deciso di utilizzarli per realizzare subito altre loro promesse elettorali.

I grillini per un sostegno alle famiglie, i leghisti per iniziare ad approntare flat tax e riforma fiscale. E, come sempre, su questo non intendono recedere. Basta ascoltare i proclami dei due leader di questi giorni e in ultimo, ieri sera, quello tv di Alessandro Di Battista contro il Tesoro: «I minibot sono nel programma, Tria a chi risponde?» Per non dire di Salvini che negli stessi minuti, da Radio Maria, e altrettanto provocatoriamente, sparava la nuova proposta shock: «Cento grandi opere pubbliche da far finanziare dalla Bce».

Il tempo stringe, in viste dell’Eurogruppo di giovedì e di un primo Ecofin di venerdì. Conte, in una sorta di ultima spiaggia, stasera (o domattina) racconterà ai due vice di aver avuto importanti rassicurazioni sull’esito della trattativa. Ed evitare la procedura converrà a tutti, perché in quel caso – e solo in quel caso – l’Italia entrerà in partita per ottenere un commissario di peso in Commissione Ue. Una buona parola il premier italiano proverà a spenderla oggi nell’incontro che avrà a Roma con il candidato popolare alla presidenza della Commissione, Manfred Weber.

Se al contrario l’Italia finirà sotto infrazione, allora non solo pagherà il prezzo di un bilancio vincolato per anni, ma anche quello ancor più salato del totale isolamento continentale.
Di fronte alla posta in gioco, diventa secondaria la definizione dell’agenda per il rilancio dell’esecutivo, altro punto all’ordine del giorno del vertice.

Agenda che rischia inevitabilmente di coincidere, dopo l’esito delle Europee, con quella della Lega: decreto sicurezza bis nel Consiglio dei ministri di domani, intese sulle autonomie regionali a seguire, avvio della riforma fiscale con flat tax e della riforma della giustizia prima dell’estate.

Ma sul tavolo finirà anche quel che Di Maio e Salvini si ostinano a chiamare «potenziamento della squadra» pur di non pronunciare la parola rimpasto. Nel Movimento (che cederà la Sanità alla Lega) sono pronti alle barricate per difendere il ministero delle Infrastrutture e non lasciare porti e Tav all’alleato-avversario. Il vice grillino è disposto anche a sacrificare Danilo Toninelli, a patto che il leader leghista accetti al suo posto il nome del capogruppo M5s al Senato Stefano Patuanelli. Ma il pallino ormai è nelle mani di Salvini.

Sorgente: L’affondo di Conte e Tria: “Noi non rompiamo con l’Ue” | Rep

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