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Powell e Bullard che alzano le barriere contro le pressioni di Washington per tagliare i tassi a luglio e nubi in arrivo sul G20 mandano in rosso il Nikkei e Shanghai. Bitcoin ai massimi da gennaio 2018, petrolio Wti vicino a 60 dollari

di Elena Dal Maso

Dopo la chiusura in rosso di Wall Street, oggi anche l’Asia viaggia in negativo. I mercati recepiscono le tensioni sempre più forti fra gli Usa e il resto del mondo e fra il presidente Donald Trump e la Fed. Alle ore 7:30 italiane il Nikkei sta chiudendo la sessione in ribasso dello 0,73%, mentre Hong Kong è piatta e Shanghai cede lo 0,24%.

L’oro ritraccia dalla lunga corsa e lascia sul terreno lo 0,56% a 1.410 dollari l’oncia, mentre balza del 2,06% il petrolio Wti americano a 59,02 dollari il barile. Il dollaro prende quota su tutte le valute e l’euro di conseguenza scambia a 1,1359 (-0,08%), lo yen cala dello 0,25% a 107,25, la sterlina ritraccia dello 0,15% a 1,2670. Il T bond decennale americano torna a rendere il 2,08% dopo che da ieri mattina viaggiava ai minimi da novembre 2016, quando è stato eletto Trump alla Casa Bianca. A salire invece è ancora il bitcoin, che tocca 12.506 dollari, ai massimi da gennaio 2018.

Ieri sera il governatore della Fed, Jerome Powell, ha messo le mani avanti su un possibile taglio dei tassi il 30 e 31 luglio, riduzione che i futures su CME scontano orami al 100%. Powell ha parlato di modalità wait and see, mentre sempre ieri sera il governatore della Fed di St Louis, James Bullard, si è invece detto contrario ad abbassare di 50 punti base il costo del denaro al prossimo meeting. L’effetto sulle borse si è visto, con Wall Street in ampio rosso, mentre il dollaro si è rinforzato. Fra l’altro Powell ha ricordato che al Fed è un organo indipendente dalla politica, facendo quindi capire che le pressioni di Trump non dovrebbero avere effetto questa volta.

Sul fronte del G20 che si aprirà a Osaka il 28 e 29 giugno, Washington, secondo fonti dell’agenzia Reuters, è disposta ad essere cortese e a non avviare l’ultimo round di dazi sulla Cina per 300 miliardi di dollari di beni annuali se Pechino si dimostrerà più malleabile e riavvierà il dialogo da dove si era interrotto a maggio, ovvero sulla lista di richieste avanzata dagli Usa, che vede al centro la questione della proprietà intellettuale nel campo della tecnologia. Non è una buona notizia, perché Pechino ad oggi non ha mai dimostrato di recedere minimamente da questa linea di demarcazione.

Sul fronte Medio Oriente, dopo aver annunciato il blocco delle fonti finanziarie ai capi dell’Iran, ieri sera Trump ha aggiunto che sarà costretto a “cancellare” (obliteration) alcune parti del Paese se il regime oserà attaccare “qualsiasi cosa americana”. Mentre Teheran, dal canto suo, ha condannato le nuove sanzioni statunitensi, definendole “ritardate mentali”. Trump ha poi lasciato la porta aperta per possibili colloqui se il regime userà parole “pacifiche” per allentare le tensioni. Intanto emergono ulteriori problemi fra la Cina e il Canada (il Paese lo scorso dicembre ha arrestato il Cfo del colosso Huawei su pressione degli Usa), con la decisione di Pechino che bloccare le importazioni di carni suine e bovine dal Paese nordamericano.

Sorgente: Fed, Trump, Iran e Cina gelano l’Asia – MilanoFinanza.it

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