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Le più belle del Mondiale, fisico da urlo, bella e competente. Quante volte abbiamo letto questi titoli riferiti a gare e risultati di atlete? Brave, ma soprattutto belle. E’ così che la stampa italiana, di più quella on line, scrive delle donne di sport affidando alle fotogallery centinaia di scatti che celebrano il lato b di un’atleta relegando in secondo piano il risultato ottenuto in gara. Quello delle fotogallery è il meccanismo “acchiappa-click” per eccellenza che ricorre a titoli ammiccanti e foto che spesso lasciano poco spazio all’immaginazione.

Qualcuno ha mai scritto «Quel pelato (con tutto il rispetto per il Mister, ndr) di Arrigo Sacchi ha trascinato la squadra alla vittoria»? Oppure qualcuno ha mai pensato di dire che «Quel fusto di Massimiliano Rosolino è anche bravo»? Se riferite agli uomini, queste espressioni strappano un sorriso al lettore che a ragion veduta potrebbe pensare che il giornalista sia impazzito. Se invece leggiamo «Campionessa anche stile» o «la guardalinee sexy», non ci meravigliamo perché lo riteniamo normale.

L’informazione sportiva è viziata, come purtroppo accade in altri settori dell’informazione, da cliché e pregiudizi che deformano la rappresentazione delle donne e le inchiodano ad un preciso immaginario. Non solo titoli e foto, però. Le donne faticano anche ad avere spazio negli organi di governo dello sport italiano. A dirlo è proprio il Coni: secondo I numeri dello sport 2017, lo sport italiano è ancora di forte impronta maschile, ma «nel sistema sportivo diverse iniziative mirano a sostenere la partecipazione delle donne. Sebbene l’incidenza delle atlete negli ultimi anni stia gradualmente aumentando, le donne sono sottorappresentate negli organi decisionali delle istituzioni sportive, a livello locale, nazionale ed europeo».

Il 2017 è stato un anno da record per le sportive: la quota delle atlete ha raggiunto il suo massimo storico con il 28,2% contro il 71,8% degli atleti maschi, su 4,7 milioni di tesserati complessivi. Un trend positivo come accade ormai da cinque anni: un punto percentuale in più rispetto al 2016, ben 4 punti percentuali in più rispetto al 24% stimato nel 2013. Vittorie, sacrifici e numeri che meritano di essere raccontati in altro modo.

L’estate 2019, però, può essere un punto di svolta almeno per quanto riguarda il racconto delle nostre atlete. Siamo alla vigilia di appuntamenti importanti come il Mondiale di calcio femminile che si disputerà in Francia dal 7 giugno e per questo l’associazione Giulia Giornaliste e Uisp hanno lanciato cinque regole di buon giornalismo per dire basta agli stereotipi e ai cliché quando si scrive di atlete e donne di sport.

Sono quelle di Media Donne Sport: idee guida per una diversa informazione, il manifesto che ha già raccolto l’adesione dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Ordine dei giornalisti del Lazio, Fnsi, Cpo Fnsi, Usigrai, Cpo Usigrai, Ucsi, Ussi, Associazione Italiana Calciatori, associazione Assist e Gender Interuniversity Observatory. Queste le linee guida proposte: scrivere delle atlete nello stesso modo in cui si scrive degli atleti evitando di soffermarsi sull’aspetto fisico, sul look o sulle relazioni sentimentali; non focalizzarsi nelle immagini su parti del corpo in modo ammiccante; dare alle discipline sportive femminili visibilità al pari di quelle maschili in termini di spazi. Ancora, impegnare gli editori a coinvolgere più giornaliste e commentatrici nelle redazioni sportive, nella cronaca televisiva e radiofonica; declinare al femminile i ruoli, le funzioni e le cariche: ad esempio la centrocampista, l’arbitra, la dirigente, la presidente, l’allenatrice. Infine, evidenziare le discriminazioni e differenze di genere nello sport per quanto riguarda i compensi, il valore dei premi e dei benefit, le tutele per le atlete, la scarsa rappresentanza a livello dirigenziale. Un matrimonio, quello tra Giulia e Uisp, che nasce dal lavoro che entrambe le associazioni fanno per la lotta alle discriminazioni di genere. Da un lato Giulia Giornaliste che lavora da tempo per tutelare e valorizzare l’immagine della donna nei media anche attraverso un linguaggio corretto, dall’altro Uisp che ha nel suo dna le politiche di genere e dei diritti nello sport e che nel 1985 promosse la Carta dei Diritti delle donne nello Sport, coinvolgendo atlete, giornaliste, allenatrici, donne impegnate nella politica e nelle istituzioni, iniziando a porre la questione in modo sistematico. Non è un caso che il manifesto sia stato lanciato proprio a poche settimane dall’appuntamento calcistico mondiale. Le telecamere e i taccuini dei colleghi saranno puntati sulle Azzurre della ct Milena Bertolini. Il rischio è che ancora una volta potremmo leggere di calciatrici «belle e brave», ma è ora di andare oltre ricordando, come si legge nel documento, che l’informazione «ha un ruolo fondamentale per promuovere l’attività femminile e le sue eccellenze, contro le discriminazioni e gli stereotipi, per una piena valorizzazione delle donne nello sport e dello sport come fattore di vita sana, per la salute e il benessere».

*L’autrice è giornalista, segretaria dell’associazione Giulia Giornaliste ed ha fatto parte del gruppo di lavoro che ha redatto il manifesto

Sorgente: Belle e brave? No, grazie. Un manifesto contro cliché e stereotipi di genere nell’informazione sportiva

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