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La visita al Cottolengo, poi la grande festa: “Sorpreso? Ce l’ho messa tutta, in questa campagna ho macinato 16 mila chilometri”

Nei giorni scorsi l’aveva detto: «Seguirò i risultati dalla mia Alba, come al solito». In realtà più che di un’abitudine si tratta di una sorta di rituale scaramantico, seguito in tutti gli snodi della sua vita politica. E’ stato così anche ieri per Alberto Cirio, candidato langhetto del centrodestra e, stando agli exit poll, in robusto vantaggio su Sergio Chiamparino nella corsa per la conquista del Piemonte: il caffè al circolo di Sinio, il piccolo comune delle Langhe dove c’è l’antica casa dei nonni (“il mio posto del cuore”), una visita al cimitero dal papà accompagnato dalla mamma, la messa, il voto ad Alba in tenuta casual con la moglie Sara, nel seggio in pieno centro storico. «Gli exit pool sono buoni ma per i commenti aspetto – commentava ieri sera -. Se sono sorpreso? Posso solo dire che ce l’ho messa tutta, in questa campagna elettorale ho macinato 16 mila chilometri, e ho sentito molta positività in giro». Inutile cercare di strappargli qualcosa di più: fiuta aria di vittoria, ma non viene meno alla prudenza.

Una giornata tranquilla conclusa con la tappa al Cottolengo di Torino, dove sovente la domenica sera si reca per servire il pasto ai degenti, se non fosse per la posta in gioco: la marcia per strappare al centrosinistra l’ultima Regione del Nord cavalcando l’onda lunga del centrodestra e soprattutto della Lega, dirimente, che dopo avergli dato il via libera con notevole ritardo ha puntato anche in Piemonte le sue carte su Salvini. Lui, Cirio, ha atteso con pazienza. Un esercizio spossante terminato a fine marzo, quando è arrivata l’investitura e ha potuto calzare le famose “scarpette da corsa”: metafora di una campagna elettorale accelerata per una Regione che, come dice il suo slogan, ha bisogno di “un’altra velocità”. Cirio il velocista contro Chiamparino il maratoneta o lo scalatore, a seconda dei casi. Il rappresentante dell’altro Piemonte, quello che non gravita su Torino – anzi: diffida del capoluogo e magari si lascia sedurre dalla vicina Lombardia, come insegna il fallito referendum separatista del Vco – contro il due volte sindaco di Torino. Al di là di tutto, due piemontesi che comunicano in dialetto e nelle ultime settimane non hanno lesinato le reciproche attestazioni di stima, a scapito di una competizione non proprio frizzante.

Una partita a due, con buona pace degli altri candidati, giocata all’insegna di diverse strategie: Cirio ha punzecchiato Chiamparino, senza esagerare, su autonomia, fondi europei e sanità, mentre Chiamparino ha attaccato frontalmente Salvini, in primis sulla Tav, identificato subito come il vero avversario. Ne è risultato uno scontro su due piani, oltre che su due velocità, all’insegna del reciproco fair play. Con i leader nazionali a fare da sponda. Nel caso di Cirio Salvini, soprattutto negli ultimi giorni, Meloni e da ultimo Berlusconi, consapevole che l’eurodeputato uscente, rivendicato con insistenza da Forza Italia, è non solo il candidato della coalizione ma il campione di un partito stretto tra l’opa lanciata dal “Capitano” sul centrodestra e gli appetiti dei Fratelli d’Italia.

Non è un caso se nei giorni scorsi il Cavaliere ha derogato ad una campagna elettorale essenzialmente televisiva raggiungendo Torino, «con i portici dove è facile incontrare le belle ragazze», per tirare la volata al suo beniamino: «Nei primi mesi di mandato come presidente della Regione potrà contare sui miei consigli». Oltre che sulle sei cravatte realizzate dal sarto di fiducia del Cavaliere e già regalate a Cirio: anche il look vuole la sua parte.

Sorgente: Alberto “il velocista” si gode il traguardo spinto dal Carroccio – La Stampa

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