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Per negare l’asilo a un migrante che ne fa richiesta bisogna provare che non rischierebbe la vita se tornasse nel suo paese. E l’onere della prova ricade sui magistrati, che non possono in nessun caso fondare le proprie decisioni su generiche fonti internazionali. E’ la Corte di Cassazione a inserire un cuneo nella strategia del vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini,che sull’asilo ai migrantiha da tempo chiesto una stretta. Con una sentenza che ha accolto il ricorso di un cittadino pachistano che si era visto negare l’asilo sulla base di generiche “fonti internazionali” che attesterebbero l’assenza di conflitti nel paese di provenienza. Adesso la Cassazione esorta i magistrati a evitare “formule stereotipate” e a “specificare sulla scorta di quali fonti” abbiano acquisito “informazioni aggiornate sul paese di origine” dei richiedenti asilo. Sulla base di questi principi la Suprema corte ha dichiarato “fondato” il reclamo di Alì S., cittadino del Pakistan al quale la Commissione prefettizia di Lecce e poi il Tribunale della stessa città, nel 2017, avevano negato di rimanere nel nostro Paese con la protezione internazionale. Alì, difeso dall’avvocato Nicola Lonoce, ha fatto presente che la decisione era stata presa “in base a generiche informazioni sulla situazione interna del Pakistan, senza considerazione completa delle prove disponibili” e senza che il giudice avesse usato il suo potere di indagine. Il reclamo è stato in sostanza accolto e la Cassazione ha sottolineato che il giudice “è tenuto a un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del Paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate”, e non di “formule generiche”. Il caso sarà riesaminato a Lecce.

Sorgente: Asilo, la Cassazione dà un colpo alla stretta di Salvini

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