0 5 minuti 5 anni

Genova: uccise la moglie, dimezzata la pena. La giudice: «Lei lo aveva deluso»

Il pm aveva chiesto una pena di 30 anni per un uomo che aveva ucciso la compagna dopo aver scoperto che non aveva mantenuto la promessa di lasciare l’amante

di Erika Dellacasa

Disperato, sconvolto dalla rabbia, ma soprattutto «illuso e disilluso» dai tradimenti e dalle riappacificazioni con la moglie, così il cinquantenne Javier Napoleon Pareja Gamboa ha finito per uccidere Angela Coello Reyes, per tutti Jenny. L’ha colpita con una coltellata al petto al culmine di una lite nell’aprile dello scorso anno, a Genova, ed è stato condannato a 16 anni di carcere con rito abbreviato il 6 dicembre, ma solo in questi giorni in cui scadono i termini per i ricorsi e la sentenza diventerà definitiva si torna a parlare del femminicidio. A destare discussione sono le motivazioni con cui il giudice Silvia Carpanini ha condannato l’uomo «quasi al minimo della pena possibile» come sottolinea l’avvocato difensore di Gamboa, Patrizia Franco, ovvero sedici anni contro i 30 richiesti dall’accusa. «Questa sentenza ha riesumato il delitto d’onore» commenta amaramente il legale della madre, del fratello e del figlio di Jenny, Giuseppe Maria Gallo. «No — replica Franco — il delitto d’onore non c’entra nulla. Il mio assistito è un poveretto, distrutto dal dolore, in carcere è arrivato a pesare si e no quaranta chili e la sua vita è finita al di là dei sedici anni di carcere. Non è solo pentito, è disperato. Le sentenze vanno contestualizzate».

Appello impossibile

È una storia quasi tutta al femminile, vittima, pubblico ministero, giudice, avvocato difensore dell’omicida, tutte donne: «Forse — dice l’avvocato Gallo — alcune di queste donne hanno voluto dimostrare una più alta imparzialità, non lo so, ma è un’ipotesi che mi è sorta in mente perché proprio non capisco. A Gamboa sono state concesse le attenuanti generiche per quella stessa “tempesta emotiva” che è stata citata dalla sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Ma tutti i delitti passionali hanno una componente emotiva. In questo modo si apre una sorta di terra di nessuno giuridica». Così, dice l’avvocato, «si abbassa l’asticella per chi può pensare di “cavarsela” con pene relativamente miti per questi omicidi». Sono motivazioni simili, quella di Genova e quella di Bologna con cui pochi giorni fa Michele Castaldo è stato condannato a 16 anni per aver ucciso la ex moglie Olga Matei, pena ridotta perché all’uomo sono state riconosciute le attenuanti generiche a causa del suo stato emotivo.

«Umanamente non incomprensibile»

Nella sentenza di Genova si legge che Gamboa era mosso «da un misto di rabbia e disperazione, profonda delusione e risentimento; ha agito sotto la spinta di uno stato d’animo molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile». La moglie gli aveva detto di aver lasciato l’amante Luis ma, come ha scritto il giudice, Jenny «non era in grado di lasciarlo»; di conseguenza si comportava con il marito in modo contradditorio «prima dichiarando grande amore poi con disprezzo». Gli diceva «sei vecchio, mi fai schifo». Quindi «l’uomo non ha agito sotto la spinta della gelosia ma come reazione al comportamento della donna, del tutto incoerente e contradditorio, che l’ha illuso e disilluso allo stesso tempo». Così il giudice ha accolto la tesi dell’avvocato difensore: «Il contesto in cui il gesto si colloca — è scritto nella sentenza — vale a connotare l’azione, in un’ipotetica scala di gravità, su un gradino più basso rispetto ad altre». E nel giudizio si dà pieno valore alla ricostruzione dell’omicidio fatta dall’uomo che ha raccontato come la moglie l’avesse «provocato» e «istigato» a colpirla dicendogli che non ne avrebbe avuto il coraggio perché «non era un uomo». È a questo punto che Gamboa l’ha uccisa con un coltello da cucina, poi le ha coperto il volto con la sua giacca ed è fuggito. È stato arrestato dopo tre giorni.

 

Sorgente: corriere.it

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20