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L’egiziano: pena di morte parte della nostra cultura Gelo fra Tusk e il capo della Lega araba a Sharm

francesca sforza
inviata a Sharm el Sheikh

Si è concluso ieri a Sharm el Sheikh il primo vertice tra l’Unione europea e la Lega araba: ne è uscita una dichiarazione finale in 17 punti in cui si sono tracciate le linee guida per «una nuova era di cooperazione».

Molti i temi affrontati, dalla lotta al terrorismo all’immigrazione clandestina, dai cambiamenti climatici al traffico di esseri umani. L’ultima parola, però, se la sono presa i diritti umani, quando durante la conferenza stampa finale, un giornalista ha sollevato la questione dei diversi standard esistenti in Europa e nel mondo arabo per quanto riguarda il loro rispetto. Inorgoglito dall’ampio sostegno ricevuto nella due giorni di Sharm, il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi non ha esitato a difendere l’applicazione della pena di morte in Egitto sostenendo che è radicata nella cultura del Paese come la sua abolizione è cara agli europei: «l’Egitto non accetta lezioni sui diritti umani dall’Europa». Gli europei – ha aggiunto – «hanno i loro valori e la loro etica: noi la rispettiamo, voi dovreste fare altrettanto». Questioni di priorità, ha osservato ancora: «In Europa l’importante è raggiungere e mantenere il benessere, nei nostri Paesi invece l’importante è la stabilità, è preservarci da caos e collassi, tutti aspetti da tenere in considerazione quando si parla di diritti umani».

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Il battibecco è continuato tra Juncker e il segretario della Lega araba, e quando i giornalisti arabi hanno applaudito all’invito di Abul Gheit a non discutere «il senso di umanità degli altri», Tusk ha osservato con una battuta che in Europa «non accade mai di essere applauditi dalla stampa».

L’impegno su Regeni

Nel bilaterale con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Al Sisi ha comunque manifestato un rinnovato impegno perché il caso Regeni giunga a soluzione. «Confido che il dialogo costante possa portare a una verità giudiziaria», ha detto Conte, non senza ribadire la centralità del dossier per il suo governo.

Tra i due leader si è parlato anche di economia, in particolare di gas e diversificazione energetica: «Una cooperazione – ha spiegato il premier – che va oltre il campo economico, e che rappresenta un ulteriore fattore di stabilità sul piano politico e per la sicurezza sociale».

Soddisfatto, il presidente Conte, per l’inserimento, nella dichiarazione finale, dell’invito ai libici – coerente con la linea italiana – «a impegnarsi nel finalizzare l’obiettivo, sostenuto dall’Onu, verso una transizione democratica e ad evitare qualsiasi azione che possa portare ad un’escalation delle tensioni, ad ulteriori rischi per la sicurezza e a un indebolimento del processo di stabilizzazione».

Il nodo libico

L’Arabia Saudita, il Bahrein, gli Emirati Arabi Uniti hanno espresso invece delle riserve sul documento finale, cercando di aggiungere una postilla – ha detto il segretario generale della Lega araba Abul-Gheit – per fermare l’intervento di alcuni Paesi negli affari interni di altri Stati (ma la cosa alla fine è saltata). Inoltre il Libano ha chiesto l’aggiunta di un passaggio in cui si chiedeva maggiore sostegno per poter affrontare le difficoltà del momento.

Il sostegno ad Abu Mazen

Unanime invece l’appoggio dato dai Paesi arabi al presidente Abu Mazen, che ha ribadito la necessità di dar vita a uno Stato palestinese indipendente e sovrano con Gerusalemme Est capitale. Al di là dei diversi accenti comunque, il summit di Sharm el Sheik ha avuto il merito di mettere a confronto agende fino ad oggi molto distanti. E anche se in più di un caso le distanze rimangono, il percorso per un avvicinamento dei codici, dei linguaggi e dei metodi è cominciato. L’appuntamento per il prossimo incontro è già stato fissato: Bruxelles 2022

Sorgente: Lo strappo di Al Sisi sui diritti umani “Non accettiamo lezioni dall’Europa” – La Stampa

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