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Il vescovo di Torino Nosiglia: “Pronti ad accogliere le famiglie”. Polemica tra il vicepremier e Di Maio: “Deciderà il governo”

Dopo i sindaci e i governatori, Matteo Salvini apre il fronte di scontro con la Chiesa. «Finché sarò ministro i porti saranno chiusi», ha detto il ministro dell’Interno dopo che persino Papa Francesco si era speso per gli immigrati a bordo delle navi Sea Watch e Sea Eye. «Possono fare gli appelli che vogliono, Fabio Fazio, il vescovo, il cantante, il calciatore, ma io rispondo a 60 milioni di italiani che hanno diritto a un Paese in cui si entra se si ha il diritto», ha spiegato in una delle sue dirette Facebook, stavolta dal Viminale.

L’appello ai leader europei

In mattinata il Pontefice all’Angelus aveva rivolto un «accorato appello ai leader europei, perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di 49 persone che da parecchi giorni sono a bordo di due navi nel Mediterraneo». Il vescovo di Torino Cesare Nosiglia si era spinto a dichiarare la disponibilità della Chiesa torinese «ad accogliere alcune delle famiglie che si trovano a bordo delle navi». «La nostra Chiesa aveva già offerto questa disponibilità per i profughi della nave Diciotti, nel settembre scorso», ha detto Nosiglia. «Ci pare necessario lanciare un segnale preciso alle autorità istituzionali italiane e degli altri Paesi europei sul significato dell’accoglienza, altrimenti come facciamo a predicare l’ accoglienza dei bisognosi, se poi non ci mettiamo nelle condizioni di praticarla?».

«Quanti migranti accogliamo? Zero, abbiamo già dato», la gelida risposta di Salvini. «Su questa scrivania ho firmato il permesso di arrivare in Italia a centinaia di donne e bambini riconosciuti in fuga da associazioni serie. Poi basta: per i trafficanti di esseri umani i porti italiani sono, erano e saranno chiusi. Grazie a questo traffico gli scafisti comprano armi e droga. Io non sarò complice e non mollo di un millimetro: se cediamo il 6 gennaio dal giorno dopo siamo da capo e gli scafisti torneranno a far quattrini e le Ong che non rispettano le norme torneranno ad aiutare i trafficanti». Quindi il botta e risposta con Di Maio. «Sui porti decido io», attacca il leader leghista ma l’altro vicepremier lo stoppa: «No, la decisione è collegiale, del governo».

La rivolta delle Regioni

Dopo la rivolta dei sindaci aperta il 2 gennaio da Leoluca Orlando, il fronte tra il capo leghista e gli enti locali a guida centrosinistra resta aperto. Oggi la giunta della Regione Toscana guidata da Enrico Rossi si riunisce per dare mandato ai legali di fare ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge Salvini, in particolare sull’articolo 13 che impedisce l’iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo. I tempi sono strettissimi: il ricorso va presentato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, e cioè il 3 febbraio.

L’obiettivo, spiegano dalla Regione, è dimostrare che con quella norma lo Stato è intervenuto su materie come l’assistenza sociale (di competenza regionale) e su materie concorrenti tra Stato e Regioni come sanità e istruzione. In sostanza, senza poter concedere la residenza ai richiedenti asilo, la Toscana si troverebbe a non poter erogare servizi su cui invece ha voce in capitolo. A Firenze si ragiona anche sulla possibilità che la Regione porti alla Consulta le questioni sollevate da alcuni sindaci sulla costituzionalità della legge Salvini. «È previsto dalla legge la Loggia del 2003», spiega l’assessore Pd Vittorio Bugli. Sulla stessa linea si muovono anche altre regioni a guida dem. Oggi il governatore del Lazio Nicola Zingaretti incontra l’avvocatura regionale per mettere a punto il dossier e capire se ci sono fondate possibilità di fare ricorso alla Consulta. «Se ci sono le condizioni giuridiche non perderemo tempo», fa eco il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino. Così anche la presidente dell’Umbria Catiuscia Marini e quello della Calabria Mario Oliverio.

Sorgente: Sui migranti in mare no di Salvini alla Chiesa “Fate i vostri appelli ma non entra nessuno” – La Stampa

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