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La donna denunciò una serie di maltrattamenti subìti durante un interrogatorio nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di Meredith Kercher e la Corte di Strasburgo le ha dato ragione, sostenendo che  “non ha beneficiato di un’indagine capace di far luce sui fatti e su ogni responsabilità”

Le accuse di Amanda Knox alla polizia italiana
STEPHEN BRASHEAR / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / AFP

Articolo aggiornato alle ore 18.40 del 24 gennaio 2019.

La Corte europea dei Diritti umani ha condannato l’Italia per violazione dei diritti della difesa in merito al processo per la morte di Meredith Kercher. La Corte ha rilevato, su un ricorso di Amanda Knox, l’assenza di legali e interpreti durante un interrogatorio.

In un messaggio postato sul suo blog, Amanda Knox si dice “per sempre grata a tutti coloro nel mondo che mi hanno creduto e difeso in questi anni” e punta nuovamente il dito contro i “metodi coercitivi subiti – isolamento, esaurimento, inganno, abuso verbale e fisico – volti a indurre i sospettati a dire tutto ciò che la polizia vuole. Giudicarmi come l’autrice di quelle false affermazioni tacitamente assolve la polizia per il loro comportamento crudele e violento, che ha rovinato vite e fatto beffe della giustizia”.

La giovane cita apertamente “torture psicologiche e abusi fisici” mentre era sotto interrogatorio, accusando gli investigatori italiani di aver “contaminato l’indagine producendo false dichiarazioni”.

“Non avrei mai dovuto essere accusata di calunnia, ancor meno condannata”, conclude Amanda, sostenendo che “rendere capro espiatorio quelli ingiustamente condannati per gli errori e la cattiva condotta della polizia ci impedisce di riformare il sistema, portando a ulteriori errori giudiziari”.

La sentenza riguarda il caso che vede opposti la cittadina Usa Amanda Knox allo Stato italiano ed è relativa alla procedura con cui la giustizia italiana ha condannato la stessa Knox per calunnia. Il caso risale a un interrogatorio del 6 novembre 2007, durante il quale la donna accusò il cameriere di un pub (Patrick Lumumba), cittadino congolese, di avere ucciso Meredith Kercher, studentessa britannica e coinquilina della Knox.

Successivamente l’uomo fu assolto e Knox condannata per calunnia a tre anni di reclusione. La stessa Knox ha poi denunciato una serie di maltrattamenti subiti durante l’interrogatorio e la Corte le ha dato ragione, sostenendo che Knox “non ha beneficiato di un’indagine capace di far luce sui fatti e su ogni responsabilità”.

Secondo la sentenza pubblicata oggi infatti, l’Italia ha violato il diritto alla difesa Knox proprio durante l’interrogatorio del 6 novembre. Ma la stessa Corte ritiene di non avere le prove che dimostrassero che Knox è stata sottoposta ad un trattamento inumano o degradante.  La Corte ha condannato l’Italia a versare 10.400 euro ad Amanda Knox a titolo di risarcimento di danni morali, più 8 mila euro per le spese legali.

Chi era Meredith Kercher

Meredith Kercher, studentessa inglese di 22 anni, fu uccisa il primo novembre 2007 con una coltellata alla gola nell’appartamento in cui viveva a Perugia. Dopo una vicenda giudiziaria controversa lunga otto anni, per la morte della giovane che si trovava in Italia per il programma Erasmus sta scontando la sua pena Rudy Guede, ivoriano all’epoca 21enne, condannato con rito abbreviato a 30 anni di carcere, poi ridotti a 16, per concorso in omicidio e violenza sessuale.

Le accuse di Amanda Knox alla polizia italiana
 Agf
 Amanda Knox ai tempi del processo

La parola fine sul caso – sul quale restano punti oscuri – è stata messa dalla Corte di Cassazione il 27 marzo 2015, quando è stata annullata la sentenza della Corte d’Assise d’appello di Firenze, che aveva condannato Amanda Knox e Raffaele Sollecito rispettivamente a 28 e 25 anni, per aver ucciso la studentessa in concorso con Guede.

Il 2 novembre 2007 in una villetta di via della Pergola viene ritrovato il corpo di Meredith, coperto da un piumone. I primi sospetti si concentrano su una delle sue coinquiline, l’americana Amanda Knox, studentessa ventenne all’Università per Stranieri di Perugia e sul suo fidanzato Raffaele Sollecito, pugliese di 23 anni studente anche lui a Perugia, il primo a chiamare la polizia. I due vengono arrestati, così come Rudy Guede, bloccato mentre si trovava in Germania, che risulta essere stato quella notte a casa di Meredith: tracce del suo dna vengono infatti trovate sul piumone, l’impronta della sua mano sul muro e le sue feci in bagno.

Il processo

Gli inquirenti trovano tracce del dna di Meredith e Amanda su un coltello da cucina sequestrato a casa di Sollecito e considerato l’arma del delitto. L’ivoriano ammette la sua presenza nella villetta, affermando però che si trovava in bagno mentre la Kercher veniva uccisa da altre due persone e che un uomo e una donna erano in casa. I due fidanzati nel 2009 vengono condannati in primo grado dalla Corte d’Assise di Perugia per aver ucciso Meredith “spinti da un movente erotico sessuale e violento”: 26 anni ad Amanda e 25 a Raffaele.

Il secondo grado è all’insegna della battaglia tra periti sulle presunte tracce di dna dei due giovani sul coltello e sul gancetto del reggiseno di Meredith. La Corte d’Assise d’Appello di Perugia nel 2011 li assolve “per non aver commesso il fatto”, giudicando “non attendibili” gli accertamenti tecnici. Nel 2013 la Cassazione annulla la sentenza di secondo grado e rinvia tutto alla Corte d’Assise d’appello di Firenze che condanna i due: 28 anni e sei mesi alla Knox e 25 a Sollecito.

Infine, il colpo di scena, con la Corte di Cassazione che nel 2015 annulla la sentenza, stavolta senza rinvio, perché, secondo i giudici, il quadro disegnato da chi aveva indagato e da chi aveva condannato Knox e Sollecito “non è sorretto da indizi sufficienti”. Guede, oggi in una comunità di recupero dopo 9 anni di detenzione, ha visto respinta nel gennaio 2017 la richiesta della revisione del processo.

Sorgente: Le accuse di Amanda Knox alla polizia italiana

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