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Due le misure più importanti: la garanzia di Stato sulle emissioni dei nuovi bond della banca (come già avvenuto con le banche venete) e la possibilità di una ricapitalizzazione a carico del Tesoro come avvenuto con Monte dei Paschi

Lo Stato interviene in soccorso di Carige, nuova banca italiana finita sull’orlo del crac dopo il fallito aumento di capitale. Il Consiglio dei ministri, convocato in serata, ha approvato un decreto legge dal titolo «Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio». Due le misure più importanti contenute nel decreto: la garanzia di Stato sulle emissioni dei nuovi bond della banca (come già avvenuto con le banche venete) e la possibilità di una ricapitalizzazione a carico del Tesoro, come avvenuto con Mps.

Garanzia di Stato sui bond
È infatti prevista la possibilità per Carige «di accedere a forme di sostegno pubblico della liquidità che consistono nella concessione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze della garanzia dello Stato su passività di nuova emissione ovvero su finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d’Italia».

Possibile ricapitalizzazione pubblica
Non solo, ma «in considerazione degli esiti del recente esercizio di stress cui la banca è stata sottoposta, viene prevista la possibilità per Carige di accedere – attraverso una richiesta specifica – a una ricapitalizzazione pubblica a scopo precauzionale, volta a preservare il rispetto di tutti gli indici di patrimonializzazione anche in scenari ipotetici di particolare severità e altamente improbabili (cosiddetti scenari avversi dello stress test)». L’unico caso recente di ricapitalizzazione a carico dello Stato è quello di Banca Monte dei Paschi, nel quale il Tesoro ha rilevato una quota di maggioranza.

Le misure sono state prese «in stretto raccordo con le Istituzioni Comunitarie, tali garanzie saranno concesse nel pieno rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato». Dunque il governo giallo-verde opta per il varo di garanzie statali sulle emissioni di obbligazioni di Carige, come già fu fatto per le banche venete nel giugno del 2017 dal governo Gentiloni ma apre anche alla possibilità di una vera e propria nazionalizzazione, come avvenuto con Mps.

Il decreto, prosegue la nota, è «in linea di continuità con il provvedimento di amministrazione straordinaria recentemente adottato dalla Bce», mira a consentire ai commissari «iniziative utili per preservare la stabilità e la coerenza del governo della società, completare il rafforzamento patrimoniale già avviato con l’intervento del Fondo Interbancario dei Depositi, proseguire nella riduzione dei crediti deteriorati e perseguire un’operazione di aggregazione che consenta il rilancio della banca, a beneficio della clientela». Un matrimonio che è la via maestra, come ha ribadito Ignazio Angeloni della Bce ieri su Il Sole 24 Ore, e che va percorsa il più in fretta possibile.

«Il Governo – ha dichiarato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – ha approvato un decreto-legge che interviene a offrire le più ampie garanzie di tutela dei diritti e degli interessi dei risparmiatori della Banca Carige, in modo da consentire all’Amministrazione straordinaria, di recente insediata, di perseguire in piena sicurezza il processo di consolidamento patrimoniale e di rilancio delle attività dell’impresa bancaria

Il possibile ruolo della «bad bank» del Tesoro
In mattinata il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha ricevuto i tre commissari straordinari della banca commissariata a sorpresa dalla Bce lo scorso 2 gennaio. All’incontro ha partecipato anche il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, che è anche presidente della Sga, l’ex «bad bank» del Banco di Napoli detenuta dal Tesoro, che potrebbe rilevare una larga parte dei 3,7 miliardi di sofferenze della banca ligure.

La Sga – già intervenuta per rilevare le sofferenze delle banche venete finite a Intesa Sanpaolo – potrebbe inoltre facilitare il percorso di risanamento e, in prospettiva, un’aggregazione dell’istituto. La mossa punta poi a tranquillizzare i mercati, i correntisti e il sistema, oltre a far decidere l’azionista Malacalza a dare il via libera all’aumento di capitale da lui bloccato. Con l’imprenditore ci sarebbe stati anche dei contatti diretti negli ultimi giorni.

Il bond da 320 milioni troppo costoso
Nel pomeriggio Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lener si sono recati nella sede del Fondo Interbancario di tutela dei depositi dove hanno incontrato il presidente dello Schema volontario del Fondo, Salvatore Maccarone, senza rilasciare dichiarazioni. Questo aveva avvisato come vi fossero «difficoltà oggettive» per la revisione del bond da 320 milioni sottoscritto dal sistema bancario italiano che tiene a galla Carige che però, con un tasso di interesse compreso salito dal 13% 16% dopo il mancato aumento di capitale, è troppo caro per le casse della banca.

«Un’eventuale modifica delle condizioni dovrebbe passare attraverso la stessa procedura seguita per l’operazione iniziale», spiega il presidente del Fitd, Salvatore Maccarone, precisando che «se cambiamo un pezzo delle condizioni dobbiamo ricominciare tutto da capo, la difficoltà è questa».
Tutte le banche che partecipano al fondo sanno che un costo di oltre 50 milioni l’anno è insostenibile dai conti normali di Carige, ma lo Schema volontario che gestisce il bond approva le delibere con il 95% dei voti favorevoli dei depositi aderenti: un tetto altissimo, con il bond Carige che per qualche piccolo istituto ha assorbito gran parte degli utili dell’anno.

Sorgente: Carige, interviene lo Stato: garanzia sui bond e possibile ricapitalizzazione pubblica – Il Sole 24 ORE

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