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Nella notte del 15 gennaio 1919, la voce di Rosa Luxemburg fu messa a tacere per sempre.
Venne rapita e uccisa; il suo corpo, assieme a quello di Karl Liebknecht, venne gettato in un canale.

 
“L’emancipazione politica delle donne dovrebbe far scoppiare una forte ondata di vento fresco sia nella vita politica sia in quella spirituale (della socialdemocrazia) che eliminerà il puzzo della ipocrita vita famigliare che, in modo inequivocabile, pregna tutti i membri del nostro partito siano essi lavoratori o dirigenti”.
Alla sua morte di lei scrisse Lenin: ” Rosa Luxemburg sbagliò sulla questione dell’indipendenza della Polonia, sbagliò nel 1903 nella sua valutazione del menscevismo, sbagliò nella sua teoria dell’accumulazione del capitale, sbagliò nel luglio 1914 quando, con Plekhanov Vendervelde Kautsky ed altri sostenne la causa dell’unità tra bolscevichi e menscevichi; sbagliò in ciò che scrisse dal carcere nel 1918 -corresse poi la maggior parte di questi errori tra la fine del 1918 e l’inizio del 1919, dopo esser stata rilasciata-. 
 
MA A DISPETTO DEI SUOI ERRORI LEI E’ STATA, e per noi resta, UN’AQUILA. (E citiamo due righe di un buon vecchio scrittore russo:) E “le aquile qualche volta possono trovarsi a volare più in basso delle galline. Ma le galline non potranno mai salire alle altezze delle aquile”.
 
 
 
Lettera di Rosa Luxemburg a Sonja Liebknecht a metà dicembre del 1917, dal carcere femminile di Breslavia.
«Quanto è strano che, senza alcun motivo particolare, io viva sempre in un’ebbrezza gioiosa (…). Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell’oscurità, della noia, della prigionia invernale -e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito. E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità. E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare. E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta orecchio. In quei momenti penso a voi, a quanto mi piacerebbe potervi dare la chiave di questo incanto, perché vediate sempre e in ogni situazione quel che nella vita è bello e gioioso, perché anche voi possiate sentire questa ebbrezza e camminare su un prato dai mille colori»
 
 
Era anche un’appassionata botanica dilettante, amava la natura e gli animali, e la bellezza in ogni sua forma:
« Quando si ha la cattiva abitudine di cercare una gocciolina di veleno in ogni fiore schiuso, si trova, fino alla morte, qualche motivo per lamentarsi. Guarda quindi le cose da un angolo diverso e cerca il miele in ogni fiore: troverai sempre qualche motivo di sereno buonumore. (…) Alla fine, tutto sarà ben ricapitolato; e se così non sarà io proprio me ne infischio, anche senza la vita è per me una tale fonte di gioia: tutte le mattine ispeziono scrupolosamente le gemme di ogni mio arbusto e verifico dove ce ne sono; ogni giorno faccio visita a una coccinella rossa con due puntini neri sul dorso che da una settimana mantengo in vita su un ramo, in un batuffolo di calda ovatta nonostante il vento e il freddo; osservo le nuvole, sempre più belle e senza sosta diverse, e in fondo io non mi considero più importante di quella piccola coccinella e, piena del senso della mia infima piccolezza, mi sento ineffabilmente felice. » 
Rosa Luxemburg, Lettere contro la guerra, Prospettiva Edizioni, Roma 2004, p. 78-79.
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 NB: nella prima foto in alto, Clara-Zetkin e Rosa Luxemburg

Sorgente: Fausto f(errato): Rosa Luxemburg


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