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Dopo il naufragio di Crotone, arriva lezione di vita del Ministro degli Interni

Volevano la vita e hanno trovato la morte. Volevano terra ferma e tutto intorno c’era solo mare. Mare scuro. Mare assassino. Una barca in balia delle onde, un pezzo di legno che si spezza in due, che cede nella tempesta, che affonda davanti alle coste calabresi. Poi la morte. Hanno perso la vita sessantadue persone, sessantadue migranti maleducati per il Ministro degli Interni Matteo Piantedosi. Mentre i soccorritori erano in mare e tentavano disperatamente una corsa contro il tempo per cercare di salvare qualcuno, mentre i morti aumentavano, venti, trenta, sono cinquanta, sono sessanta, ci sono bambini, almeno tredici trovati morti ma sono molti di più i piccoli che il mare ha inghiottito… mentre succedeva tutto questo, sono arrivate in serata le parole del Ministro.

Una lezione di vita ai migranti. Un avviso ai naviganti. Un monito. “L’unica cosa che va detta ed affermata è: non devono partire. Non ci possono essere alternative. Noi lanciamo al mondo questo messaggio: in queste condizioni non bisogna partire – ha tuonato Piantedosi – di fronte a tragedie di questo tipo non credo che si possa sostenere che al primo posto ci sia il diritto o il dovere di partire e partire in questo modo. Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità di non chiedermi cosa devo chiedere io al luogo in cui vivo ma cosa posso fare io per il Paese in cui vivo per il riscatto dello stesso”. Difficile tentare di rispondere. L’incredulità gioca brutti scherzi.

Caro Ministro Piantedosi, lei è stato educato alla responsabilità. Caro Ministro, lei è nato in Italia, immagino da una famiglia benestante o comunque non disperata che giustamente le ha insegnato la responsabilità, il senso del dovere, l’amore per il proprio paese. Lei è nato in Italia, immagino non sotto le bombe e non in una casa di fortuna. Immagino lei abbia avuto sempre almeno un pasto caldo al giorno e un letto confortevole nel quale addormentarsi sognando il suo futuro. È solo nato nella parte fortunata del mondo. Tutto qui. La nascita è un caso e lei, come me, è stato fortunato.

Ora, i soccorritori hanno raccontato di due uomini in mare che stavano annegando e cercavano di tenere in alto un bimbo, tentavano di salvarlo. Quando i medici li hanno raggiunti, il bambino era morto. Senza vita. Aveva sette anni e i due uomini che lo tenevano in braccio erano il padre e lo zio del bimbo. Secondo lei avrebbero voluto farlo morire? Secondo lei non avrebbero preferito potergli insegnare il senso di responsabilità? Lo stesso che lei conosce molto bene? Secondo lei hanno avuto scelta? No, perché non si trattava di insegnarli l’educazione o la “criminalità” si trattava di farlo vivere in un paese devastato dalla guerra, dalla fame, dalle malattie o di provare a dargli un’altra vita. E non ce l’hanno fatta.

Ma quanto deve essere forte la disperazione di un padre, di un fratello, di una madre, di una sorella che sfidano la morte e il mare pur di non restare dove sono? Io non lo so dire, non sono nata lì. Io come lei sono nata nella parte fortunata del mondo. Lei ha detto “in queste condizioni non si parte. Io non partirei se fossi disperato”. Ma lei non è disperato. Lei non ha gli occhi che hanno loro, lei non ha visto, sentito, provato lo strazio che hanno provato quelle persone a bordo. Probabilmente anche loro, se avessero avuto scelta, non sarebbero partiti. Dubito che conoscano il mare, la forza delle onde, le condizioni metereologiche e cosa succede quando si prende il largo.

Sono morte 62 persone e una lezione di vita, fuori da ogni logica, delirante, è l’ultima cosa di cui avevano bisogno e di cui hanno bisogno gli altri che si sono salvati. E Caro Ministro Piantedosi, faccia uno sforzo… perdoni quei migranti maleducati. Che non hanno saputo essere responsabili. Che volevano vivere…

Sorgente: Piantedosi e la strage di Cutro: ‘maleducati’ che hanno perso la vita a pochi metri dalla spiaggia – Il Riformista

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