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Il Pd ha finalmente imparato dagli errori passati. Non perde tempo, non discute solo di nomi e facezie ma finalmente di idee e programmi, ha una visione precisa del futuro e le imminenti primarie si presentano sin d’ora come […]

(di Andrea Scanzi – Il Fatto Quotidiano) – Il Pd ha finalmente imparato dagli errori passati. Non perde tempo, non discute solo di nomi e facezie ma finalmente di idee e programmi, ha una visione precisa del futuro e le imminenti primarie si presentano sin d’ora come una sfida abbacinante. Ecco gli scenari – ora reali e ora apparentemente inventati – che abbiamo davanti.

Vince Bonaccini. L’ipotesi più probabile. Il Pd diventa un partito di centrosinistra a vocazione maggioritaria, inclusivo e riformista, poco attrattivo per la sinistra dura e pura ma agilmente votabile dai moderati. Il Pd guarderà più a Calenda (e Renzi) che a Conte, farà un’opposizione ferma ma assai garbata a Meloni, risalirà (vedremo di quanto) nei sondaggi, verrà accusato di post-renzismo, non subirà rottamazioni interne (quasi tutti i boiardi son già saliti sul carro del vincitore) e la Picierno avrà inspiegabilmente molto potere e ancor più visibilità.

Vince Calenda. Il Pd si tramuta definitivamente e orgogliosamente in un partito di centrodestra, sposta la sua sede nazionale su Twitter, inserisce nella sua dieta alimentare il brodo di cigno, mette nello statuto l’obbligo di sparare cazzate (più di adesso, intendo dire) e di avere una dizione il più possibile aderente a quella di Bombolo. Non solo: scrittura in pianta stabile Crozza come autore dei testi e – già che c’è – propone Letizia Moratti come nuova Nilde Iotti. Tale svolta comporterebbe un ulteriore crollo nei consensi, ma (o forse proprio per questo) esalterebbe da morire buona parte di giornali e talk show.

Vince Schlein. Sarebbe una mezza rivoluzione, perché per la prima volta il Pd guarderebbe più a sinistra che al centro (finora, tra i leader, lo hanno fatto solo Bersani e – molto meno – Zingaretti). Schlein privilegerebbe i 5 Stelle e sbatterebbe la porta in faccia a Calenda (e ancor più a Renzi). Indispettirebbe quasi tutti i dinosauri interni (il “quasi tutti” sta per “Franceschini”), porterebbe in auge figure come Furfaro, terrorizzerebbe i moderati (che andrebbero da Calenda o Tajani), toglierebbe qualcosa a Conte (che infatti, se ragiona in termini egoistici, forse tifa Bonaccini) e riporterebbe al voto qualche astenuto. Poiché la sua vittoria costituirebbe un’innegabile novità (al punto da generare una scissione?), le sue chance effettive di vittoria non sembrano molte. Più probabile che Schlein sfrutti queste primarie per “contarsi” e capire quanto un suo partito possa valere su scala nazionale.

Vince Renzi. Si torna di colpo al 2014. E si muore senza speranza, una volta per tutte e senza dignità alcuna.

Vince Cuperlo. Non esiste al mondo, ma se non altro – se vincesse lui – il Pd diventerebbe un partito forse non maggioritario, ma di sicuro coltissimo.

Vince Orfini. Ma esiste ancora?

Vince De Micheli. Altra ipotesi meno probabile di una bella canzone di Shakira, ma la storia di De Micheli resta curiosa: inizialmente lettiana (e molto anti-renziana); poi di colpo iper-renziana (e molto insopportabile); quindi dialogante coi 5 Stelle sotto il Conte-2; e adesso leader senza mezza chance di trionfo, ma utopicamente contro tutto e contro tutti. Se non altro, la sua carriera politica è andata decisamente in crescendo.

Vince De Luca. Il Pd vira sulla monarchia assolutista, il governatore della Campania si fa incoronare “Re Vincenzo”, tornano le pene corporali in pubblica piazza (commentate in diretta tivù dallo stesso De Luca) e si va tutti a ramengo. Deliberatamente e consapevolmente. Non senza un qual certo compiacimento masochistico.

Concludendo: buona fortuna a tutti noi. (E intanto la Meloni dorme serena).

Sorgente: Previsioni semiserie sulle primarie del Pd (compreso Renzi) – infosannio – notizie online

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