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La polemica legata al caso Regeni

di Giovanna Vitale

 

ROMA Non è piaciuto al Pd l’accordo sottoscritto dal gruppo Eni con l’Egitto per la fornitura di gas naturale liquefatto: fino a 3 miliardi di metri cubi nel 2022 per aiutare l’Europa, e in particolare l’Italia, a raggiungere l’indipendenza energetica dalla Russia. Intesa siglata dalla controllata del Tesoro come se il caso Regeni non esistesse, ignorando gli ostacoli seminati dal regime di Al-Sisi per impedire l’accertamento della verità sull’omicidio del giovane ricercatore friulano.

“Nutro moltissimi dubbi”, ha detto Enrico Letta a Radio1, dando voce ai malumori di un pezzo consistente della maggioranza. “La vicenda Regeni va oltre il singolo dramma personale, è un simbolo della necessità di difendere i diritti umani e di fare giustizia. È pertanto netta la nostra richiesta al governo di essere più forte ed esigente nei confronti degli egiziani”. Il che non significa avercela con Draghi, anzi: “Ho massima fiducia nella sua capacità di individuare delle alternative al gas di Mosca, indispensabili per riparare gli errori compiuti dall’Italia negli ultimi anni”, spiegherà poi il leader dem ai suoi, fors’anche per evitare d’irritare il premier. Il quale non per caso – fanno notare a Palazzo Chigi – si è tenuto alla larga dal Cairo, ma è già stato in Algeria e subito dopo Pasqua (il 20 e 21 aprile) volerà in Angola e Congo per incontrare i rispettivi capi di Stato a caccia di nuove fonti di approvvigionamento.

Una strada obbligata se non si vuole spegnere il Paese o, peggio, cedere al ricatto russo. Da seguire a ogni costo quali che siano le minacce di Putin. Letta lo sa e perciò offre una sponda: “Insieme alle missioni in Africa, bisogna spingere sulle rinnovabili e sull’Unione per l’energia in Europa”, insiste il segretario. Precisazioni che tuttavia non bastano a placare il malcontento per l’accordo stretto da Eni. “Va distinto il piano della sicurezza energetica dal piano delle relazioni con l’Egitto”, s’imputa Lia Quartapelle, responsabile Esteri del Pd. “Ci sono tante cose che si possono fare per segnalare l’indecente ostruzionismo sul caso Regeni, per esempio ricorrere ai tribunali internazionali, visto che la giustizia italiana non ce la fa. L’unica cosa che non si può fare è tentare di normalizzare i rapporti con Al-Sisi alla chetichella, business as usual. Ne va della nostra credibilità nazionale”. Quella che pure per Erasmo Palazzotto, presidente della commissione d’inchiesta sull’omicidio, non si può barattare con “il miliardo di metri cubi di gas che arriverebbe dal Cairo, una goccia nel mare del nostro fabbisogno”. Perché “l’atteggiamento su Regeni è inaccettabile, un macigno nelle relazioni tra i due Paesi”.

Più cauto il forzista Tajani, secondo cui Draghi non aveva scelta, mentre i radicali lo accusano di “nascondersi dietro un dito”, avendo “delegato all’Eni la trattativa con l’Egitto”. Di più: “Nella legittima corsa ai nuovi produttori di gas non si può pensare di sostituire Putin finanziando regimi con le mani sporche di sangue”. Ergo: l’Italia farebbe meglio ad attingere a fonti diverse, “ce ne sono tante”, taglia corto il renziano Massimo Ungaro, “altrimenti si manda il messaggio che ostacolare il processo non è un problema”. Lo pensa pure il M5S: “Il governo dovrebbe insistere” per avere giustizia. “La collaborazione sul caso Regeni”, sancisce il senatore Gianluca Ferrara, “per noi è fondamentale”.

 

Sorgente: “No all’energia dall’Egitto”. Il Pd attacca l’intesa di Eni per il gas di Al-Sisi – la Repubblica

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