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Le parole di Bergoglio sono di venerdì scorso, in un’intervista al quotidiano argentino La Nación, e sono state completamente oscurate o quasi dalla stampa italiana, anche cattolica. Stampa che invece si é limitata a riprendere […]

Coprofilia, in senso letterale “attrazione per gli escrementi”. Ma anche una delle quattro “tentazioni” di noi giornalisti. Papa Francesco lo va dicendo da almeno un ventennio, sin da quando era cardinale e primate d’Argentina. “Quello che volevo fare era sottolineare le tentazioni a cui un giornalista può essere esposto. Parlo sempre di giornalismo come di una ‘nobile professione’ e l’ho detto a questo giornalista, Gustavo Sylvestre. Se pensassi che tutti i giornalisti praticano la coprofilia, oggi lei non sarebbe seduto qui con me”.

Queste parole di Bergoglio sono di venerdì scorso, in un’intervista al quotidiano argentino La Nación, e sono state completamente oscurate o quasi dalla stampa italiana, anche cattolica. Stampa che invece si è limitata a riprendere solo le risposte francescane sull’ipotesi di un viaggio a Kiev e sull’annullamento dell’incontro con il patriarca ortodosso e putiniano Kirill, previsto per il prossimo giugno a Gerusalemme. Un oscuramento che sa tanto di imbarazzo e non solo per l’uso da parte di un pontefice della parola “coprofilia”.

Nella conversazione della Nación, Joaquin Morales Solà chiede conto a Francesco delle accuse fatte una decina di giorni prima in una lettera a un altro giornalista, Gustavo Sylvestre (citato appunto nell’intervista), vecchio amico del papa. Sylvestre aveva espresso solidarietà a Bergoglio, descritto anche in patria come “putiniano” per le sue posizioni sulla guerra. E il papa gli aveva scritto: “In questa informazione ci sono alcuni dei peccati in cui tendono a cadere i giornalisti: disinformazione, calunnia, diffamazione, coprofilia. E mi è stato detto che alcuni autori di articoli vengono pagati per questo. Triste! Una vocazione così nobile come quella di comunicare sporcata in questo modo”.

Già nel 2016, stavolta in un’intervista al settimanale cattolico belga Tertio, Francesco si soffermò sulla “coprofilia” mediatica. Disse: “I media devono essere molto limpidi, molto trasparenti, e non cadere nella malattia della coprofilia, che è voler sempre comunicare lo scandalo, comunicare le cose brutte, anche se siano verità. E siccome la gente ha la tendenza alla malattia della coprofagia, si può fare molto danno”. In quell’occasione il Papa parlò anche del diritto delle persone all’oblio: “I media possono essere usati come mezzi di diffamazione: ogni persona ha diritto alla buona fama, però magari nella sua vita in precedenza, nella vita passata, o dieci anni fa, ha avuto un problema con la giustizia, o un problema nella sua vita familiare. E portare questo alla luce oggi è grave, fa danno, si annulla una persona”.

Tre anni fa, nel 2019, sulla coprofilia, Bergoglio fu ancora più esplicito, intervistato in un programma spagnolo: “Uso la parola tecnica che è un po’ azzardata da dire ma è vero: coprofilia. Letteralmente l’amore per la cacca, l’amore per la cosa sporca e per gli scandali”. Di tutto questo è difficile rinvenire traccia sulla stampa italiana. E se poi oggi l’accusa di “coprofilia” è rivolta a tutti i media che hanno accusato Bergoglio di essere filorusso per non avere mai citato Putin, ecco allora l’oscuramento delle parole del pontefice.

(Fabrizio D’Esposito – Il Fatto Quotidiano)

Sorgente: Il peccato grave dei giornalisti spiegato da Papa Francesco – infosannio – notizie online

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