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Guerra Ucraina: gli interessi di Russia, Nato e Usa (e il ruolo dell’Italia)

La dottrina delle “sfere di influenza” e il commercio di armi: ecco come e perché siamo arrivati alla guerra in Ucraina e quali sono le proposte del movimento pacifista per uscire da questa situazione

Quello che vediamo all’opera in Ucraina è anche l’ennesimo braccio di ferro tra i complessi militari-industriali di Stati UnitiRussia e dei Paesi della Nato. Come ha spiegato Francesco Vignarca dell’Osservatorio Milex, «dietro alle scelte di Putin delle ultime settimane ci sono i ritorni economici per il complesso militare-industriale russo, controllato dallo Stato».

Il principale produttore di armi russo è il conglomerato Almaz-Antey (figlio di “risistemazioni” volute da Putin), che si colloca nella Top 20 delle maggiori compagnie di produzione militare al mondo, come si vede dai dati elaborati dal Sipri (Istituto internazionale di ricerche sulla pace) di Stoccolma.

Il Rosoboronexport, controllato dallo Stato, è unico intermediario per import-export di materiali e servizi per la difesa e «dal 2021 – spiega Vignarca –  Putin ha iniziato a spingere sull’export di armi».

L’Unione europea vende armi a Ucraina e Russia

Lo stesso avviene, come noto, anche negli Stati Uniti, ma anche nei Paesi europei le cui aziende militari non disdegnano di fare affari sia con la Russia, sia con l’Ucraina. I dati ufficiali delle Relazioni annuali al Parlamento europeo riportano, infatti, che dal 1998 al 2020 sono state autorizzate esportazioni di materiali militari dai Paesi Ue all’Ucraina per quasi 509 milioni di euro e consegnati 344 milioni (con una crescita negli ultimi anni), mentre alla Federazione Russa ne sono stati autorizzati per ben 1,9 miliardi di euro e consegnati per 744 milioni di euro.

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Export e licenze militari dall’Unione europea alla Russia dal 1998 – Fonte: Database CAAT su dati Ue

Guerra Ucraina: le esportazioni militari dell’Italia alla Russia

Anche l’Italia ha fatto la sua parte. Se le esportazioni di materiali militari italiani verso l’Ucraina sono poche e limitate al 2014 (circa 6,5 milioni di euro), molto più consistenti sono quelle per “armi comuni” e soprattutto fucili, tra cui fucili semiautomatici che però possono essere stati destinati anche a corpi di polizia e enti governativi: dal 2015 hanno registrato una costante crescita passando da 84.278 euro nel 2015 a 1.899.652 euro nel 2016, 2.987.203 euro nel 2017, 2.979.610 euro nel 2018, 2.990.463 euro nel 2019 fino a 3.489.224 nel 2020 e oltre 3.880.431 euro nel 2021.

Ma ancor più consistenti sono le esportazioni militari verso la Russia.

Dopo il record di autorizzazioni rilasciato nel 2011 dal governo Berlusconi (106.070.470 euro), spicca la consistente autorizzazione alla Russia del 2015 concessa dal governo Renzi, con Gentiloni agli Esteri, (25.708.470) nonostante fosse in vigore l’embargo di armamenti deciso a livello europeo il 31 luglio del 2014 per il coinvolgimento russo nel conflitto in Ucraina: si tratta di 94 veicoli blindati Iveco modello M65E19WM 4×4, meglio conosciuti in Russia come Lynx, di cui 83 sono stati consegnati nello stesso anno.

Negli ultimi anni non sono state concesse licenze di esportazione di armamenti dall’Italia alla Russia. Ma i dati del commercio estero dell’Istat segnalano per il 2021 una ripresa: tra i 21.942.271 euro di “armi e munizioni” già consegnate tra gennaio e novembre del 2021, oltre a “armi comuni” come fucili (13.742.231 euro), pistole (151.074 euro), munizioni (4.093.689 euro) e accessori (837.170 euro), figurano 3.118.107 di euro di armi e munizioni destinate a corpi di polizia o enti governativi russi. A dimostrazione che l’Italia riesce sempre ad addomesticare embarghi e sanzioni.

Guerra Ucraina: motivi da cercare nella dottrina delle “sfere di influenza”

Sorgente: Guerra Ucraina: gli interessi di Russia, Nato e Usa (e il ruolo dell’Italia)

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