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Con il suo attacco ai giudici il leader di Italia viva ha preso il posto del presidente di Forza Italia. Il passaggio delle consegne è compiuto e nella vita pubblica italiana lo scontro tra giustizia e politica è destinato a durare attraverso il più naturale avvicendamento

di Filippo Ceccarelli

 

Dai meandri degli ormai sterminati archivi visivi diversi anni orsono uscì fuori un filmato in cui un giovanissimo Renzi, sul palcoscenico del teatrino dell’oratorio di Rignano, faceva l’imitazione di Berlusconi. Quando in uno studio televisivo glielo fecero rivedere, il Cavaliere commentò: “Bello e divertente”, aggiungendo, sia pure in modo tortuoso, che molto quel ragazzo aveva imparato da lui.

 

 

Ogni tanto, ancora oggi, Renzi rifà volentieri il verso a Berlusconi, come se un po’ gli fosse rimasto dentro. In famiglia era lo zio Nicola, fratello di mamma Lalla e manager di quiz e tombole, ad avere rapporti con i giornali e le tv Fininvest. Fu lui a raccomandarlo alla Ruota della fortuna di Mike, dove il giovanotto guadagnò 48 milioni di lire. Prima ancora di diventare sindaco, ad Arcore gli avevano messo gli occhi addosso, e poco dopo Berlusconi desiderò conoscerlo di persona e lo invitò a pranzo. Svariate versioni esistono di quell’incontro che doveva restare segreto, ma così non fu. In una, al momento di congedare il promettente fiorentino, il Dominus gli avrebbe detto: “Mi piaci perché sei come me”; in altra lectio: “Perché mi ricordi come ero”.

Oltre a possedere un ego a prova di smancerie, alla prima occasione utile Renzi trovò la maniera di dire che Berlusconi poteva essere suo nonno, cosa anche sensata. Eppure, molto lascia pensare che a suo modo, molto a suo modo, fin da allora abbia conservato una qualche forma non solo di simpatia, ma anche di affetto, entità quest’ultima in politica piuttosto sfuggente, tanto più nei rapporti ufficiali. Così, non molto tempo dopo il Patto del Nazareno, nel seguente modo Renzi si sarebbe espresso a proposito del Cavaliere: “Resta il numero uno”. E poi, con enigmatico trasporto: “Un cazzone insuperabile”.

I verbi al condizionale surrogano relazioni e retroscena di norma fin troppo confezionati per essere credibili. Ma l’altra sera da Vespa, quando nell’attaccare i giudici ha detto “Io non faccio Berlusconi”, sintesi perfetta, ecco proprio in quel momento Renzi ha preso il posto di Berlusconi, ne è diventato a pieno titolo il continuatore, l’erede, il discendente, il figlio per certi versi vendicatore. Il passaggio delle consegne era compiuto, la magistratura ha ora il suo nuovo nemico e nella vita pubblica italiana lo scontro tra giustizia e politica è destinato a durare attraverso il più naturale avvicendamento.

 

Sarà stato lo studio di Porta a porta, ma l’efficace sicurezza con cui Renzi alzava le braccia mostrando la sua denuncia ai “suoi” Pm era l’esatta ripetizione di una scena che va in onda ormai da vent’anni; mancava solo – ma era come se ci fosse – l’incombente faccione del Cavaliere sul maxischermo e la scritta: “Ora parlo io”.

Si tratta di visioni e atmosfere in cui la politica, anche nella sua più pigra accezione, è secondaria. D’altra parte, chi mai saprebbe indicare quali sono stati il messaggio, la linea, la cultura politica di Berlusconi e di Renzi se non la proiezione e la riproposizione delle loro personalità? Il fatto che queste ultime oggi coincidano perfettamente su una questione insieme così delicata per tutti, ma per entrambi a tal punto personale e vitale, cancella le differenze ed esalta qualcosa di congenito: lo stesso complicato amore per se stessi; lo stesso rapporto con la realtà e soprattutto con la verità; la stessa attitudine non tanto a difendersi, ma a rilanciare; lo stesso impeto di chi non conosce né paura, né imbarazzo e nemmeno vergogna, mai. Ancora: la stessa prodigiosa capacità di comunicazione che a dirla così sembra una virtù – e per un politico lo è pure – ma che comporta maschere, istrionismi, bugie, solitudini, buchi nell’anima. La stessa, infine, ebbrezza del possesso: uomini, denaro, cose.

Se l’immedesimazione innata, la parentela acquisita o il lascito testamentario sembrano un’esile suggestione o una forzatura, pazienza, può anche essere; e se ne potrebbe chiedere conto a tanti ex comunisti che si spellavano le mani quando il Rottamatore in camicia bianca abrogava l’articolo 18 e raccomandava il modello Coca cola, Nutella, Moncler e altri brand. Ma è difficile negare che senza Berlusconi ci sarebbe stato Renzi.

Baloccandosi con Darwin, egli rappresenta al meglio l’evoluzione della specie, una nuova razza di animali politici. Dal “mi consenta” di quell’adolescente occhialuto al teatrino di Rignano alla dichiarazione di guerra alla magistratura si rivela, con una capriola, la circolarità della storia. “Non faccio Berlusconi” assicura Renzi, là dove, addirittura in una lingua morta, la scusa non richiesta chiama a sé la più evidente delle certezze.

Sorgente: Renzi erede di Berlusconi: ora la magistratura ha il suo nuovo nemico – la Repubblica

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