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L’Economist può anche scrivere che l’Italia è il Paese dell’anno, ma in Italia non va tutto bene. Siamo il Paese del precariato, delle disparità di genere, della disoccupazione giovanile. E se una vittoria agli Europei e all’Eurovision riesce a convincerci del contrario, forse va anche peggio.

A cura di Annalisa Girardi

L’Economist ha incoronato l’Italia Paese dell’anno: “È cambiata con Mario Draghi, un premier competente e rispettato a livello internazionale e non si può negare che sia migliore di un anno fa”, ha scritto il settimanale britannico. Sarebbe l’Italia il Paese che è migliorato di più nel corso dell’anno: “Per una volta una larga maggioranza dei politici italiani ha seppellito le proprie divergenze per sostenere un programma di profonda riforma”. Ma (a patto che sia vero) siamo sicuri che basti questo a rendere l’Italia il Paese dell’anno?

L’Italia è anche il Paese dove la pandemia continua a lasciare indietro i più fragili. Sì, il tasso di occupazione ha ripreso a crescere negli ultimi mesi, ma non per le donne. E nemmeno per i giovani. Quelli italiani continuano ad essere tra i più precari nell’Unione europea. E se è vero che tra le pagine del Recovery Plan italiano la parola “giovani” è ricorrente, dall’altro lato quando c’è da riformare il mercato del lavoro e il sistema pensionistico le nuove generazioni continuano a non essere la priorità. Stesso discorso per le donne, che vengono messe (sempre in teoria) al centro della ripartenza, ma poi continuano a non essere interpellate quando viene il momento di ricostruire il Paese. Paese in cui, è bene tenerlo a mente, la violenza di genere continua a essere una piaga sociale che troppo spesso viene ignorata.

L’Italia è il Paese dell’anno per l’Economist, ma è anche quello che il Censis descrive come sempre più irrazionale, sempre più negazionista e sempre più povero. Dove la povertà assoluta continua a crescere, oltre due milioni di famiglie, anche se i governi che si sono succeduti in pandemia hanno promesso stanziamenti su stanziamenti per “non lasciare indietro nessuno”.

Come può un Paese dove una manifestazione sfocia in assalto neofascista al sindacato essere eletto star dell’anno? In cosa siamo migliorati se i movimenti neofascisti sono riusciti a rivendicare le piazze del dissenso, canalizzando un disagio sociale che rimaneva inascoltato su tutti gli altri fronti? In quale altro Paese dell’anno la disinformazione è riuscita a trasformare i giornalisti in “terroristi”?

Non siamo il Paese dell’anno se in meno di 12 mesi contiamo oltre mille morti sul lavoro. Che è sempre più precario, aumentando l’abisso tra chi è garantito (e continua a esserlo) e chi non lo è: tra chi può licenziare con un sms e chi perde il lavoro senza che nessuno lo tuteli. Non siamo il Paese dell’anno se i sindacati vengono colpevolizzati, invece che ascoltati, quando scioperano perché non va tutto bene.

È così: l’Economist può scrivere che l’Italia è il Paese dell’anno, ma in Italia non va tutto bene. E se una vittoria agli Europei e all’Eurovision riesce a convincerci del contrario, forse va anche peggio.

da: fanpage.it

Sorgente: L’Economist ha incoronato Paese dell’anno uno in cui prosperano disparità e precariato: l’Italia

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