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L’ex spin doctor di Salvini sperava di tenere nascosta la vicenda. Ma già a fine agosto sulle chat della Lega circolavano dettagli. Scalfarotto: “Noi l’abbiamo saputo da Repubblica”

ELFIORE (VERONA) – Tra la notte di Belfiore e le dimissioni di Luca Morisi da ogni incarico nella Lega, comunicate a Matteo Salvini il primo settembre, trascorrono 17 giorni: il tempo che è stato necessario all’ormai ex guru della comunicazione social per realizzare che il festino con i due escort romeni e, soprattutto, la denuncia a piede libero dei carabinieri per droga che ne è seguita, non sarebbero rimaste segrete.
Neanche le telefonate fatte al Viminale per capire che piega avesse preso la segnalazione alla prefettura di Verona sono servite: a fine agosto la notizia ha preso a circolare in ambienti parlamentari. E il 27 settembre Repubblica rivela l’esistenza dell’inchiesta di Verona per droga che vede Morisi tra gli indagati. Con ordine, dunque.

Le chat della Lega
Ciò che è accaduto nell’appartamento al cascinale di Belfiore doveva, nelle speranze di Morisi, restare sotto la sabbia. Gli è stato chiaro fin da subito il riverbero politico devastante che poteva avere la diffusione di una storia del genere, a poche settimane dalle elezioni amministrative. Il silenzio, però, è durato poco. Già alla fine del mese, infatti, le chat di alcuni uomini della Lega si sono accese riempendosi di ricostruzioni, allusioni, suggestioni. «Morisi ha combinato un casino vicino Verona», è la vox populi che si sussurra a mezza bocca. Nessuno però in quel momento sa esattamente cosa sia davvero successo, né chi sia stato il primo a parlarne. Due dirigenti veneti, nelle chat, appaiono i più informati. L’indicazione che accreditano è questa: «Tre persone sono state trovate con della droga a casa di Morisi. Sono intervenuti i carabinieri, c’è un’indagine». Come facevano a sapere? Non è chiaro. È un fatto, però, che alcuni vicini di casa abbiano visto la gazzella dei militari intervenire al cascinale nel tardo pomeriggio del 14 agosto e abbiano scattato delle foto col telefonino nel corso della perquisizione.

Le telefonate al Viminale
Una fonte qualificata del Viminale, sul punto, aggiunge con Repubblica due circostanze finora rimaste inedite. La prima: Luca Morisi, «o comunque persone che parlavano a suo nome», nei giorni seguenti al 14 hanno preso contatto con tre persone al ministero dell’Interno. L’obiettivo delle chiamate — stando alla fonte — non era interferire nell’indagine della procura di Verona, anche perché non era tecnicamente possibile. Come detto, lo scopo era verificare lo stato della segnalazione di “consumatore di stupefacenti” che Morisi aveva avuto — come prevede la normativa di riferimento — dopo il ritrovamento di tracce di polvere bianca su piatti di ceramica e di una bustina dentro un libro. La seconda. Nelle telefonate, la sollecitazione era sempre la stessa: gestire la pratica col massimo riserbo, evitare fughe di notizie.

I destinatari
Chi è stato chiamato? Il primo nome che viene in mente, per vicinanza a Salvini, è il prefetto di Roma Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto quando il leader leghista era ministro dell’Interno. Ma a Repubblica non risulta che Piantedosi sia stato contattato da Morisi o da qualcuno a lui vicino dopo il 14 agosto. «Guardate che qui al Viminale la vicenda l’abbiamo scoperta leggendo il vostro giornale», sostiene il sottosegretario Ivan Scalfarotto. «O almeno, io non ne sapevo assolutamente niente».

Le dimissioni
Morisi, a cavallo tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, si convince che in troppi sappiano e rassegna le dimissioni. Salvini giura di essere stato tenuto all’oscuro sul reale motivo dell’addio del suo prezioso spin doctor, l’uomo che lo ha reso un fenomeno sui social network. A chi gli chiede conto, il leader leghista si limita a dire: «Ha problemi personali, legati ai familiari. Di fronte a ciò, alzo le mani». Arriviamo al 26 settembre, la vigilia della pubblicazione della notizia: Repubblica cerca nella serata Morisi per avere la sua versione dei fatti. Il cellulare squilla a vuoto, poi parte il messaggio di una segreteria telefonica straniera. Gli uomini dell’entourage di Salvini, contattati per una replica, saltano sulla sedia: «Ma che dite? Luca? La droga? È impossibile, lui è un salutista». L’indagine sembra dimostrare il contrario. E ieri, la procuratrice di Verona Angela Barbaglio, ha dichiarato: «Pensare che noi, o le forze dell’ordine, abbiamo tenuto artatamente nascosta la notizia per utilizzarla in periodo elettorale è ridicola.

Sorgente: Morisi, quelle chiamate al Viminale per chiedere riserbo sull’indagine – la Repubblica

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