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Oggi 7 Ottobre nel 2006 viene assassinata sull’ascensore della sua casa Anna Stepanovna Politkovskaja, giornalista russa, molto conosciuta per il suo impegno sul fronte dei diritti umani.

«Sensibile al dolore degli oppressi, incorruttibile, glaciale di fronte alle nostre compromissioni, Anna è stata, ed è ancora, un modello di riferimento. Ben oltre i riconoscimenti, i quattrini, la carriera: la sua era sete di verità, e fuoco indomabile.» (André Glucksmann su Anna Politkovskaja)

La vicenda di questa donna russa ci insegna che la professione del giornalista ha a che fare con qualcosa (la ricerca della verità) che può anche richiedere il sacrificio della vita.
Anna Stepanovna Politkovskaja (in russo А́нна Степа́новна Политко́вская; New York, 30 agosto 1958 – Mosca, 7 ottobre 2006) è stata una giornalista russa, molto conosciuta per il suo impegno sul fronte dei diritti umani, per i suoi reportage dalla Cecenia e per la sua opposizione al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.
Nei suoi articoli per Novaja Gazeta, quotidiano russo di ispirazione liberale, la Politkovskaja condannava apertamente l’Esercito e il Governo russo per lo scarso rispetto dimostrato dei diritti civili e dello stato di diritto, sia in Russia che in Cecenia.
Il 7 ottobre 2006, Anna Politkovskaja viene assassinata nell’ascensore del suo palazzo, mentre stava rincasando. La sua morte, da molti considerata un omicidio operato da un killer a contratto, ha prodotto una notevole mobilitazione in Russia e nel mondo, affinché le circostanze dell’omicidio venissero al più presto chiarite.
La polizia rinvenne una pistola Makarov PM e quattro bossoli accanto al cadavere. Uno dei proiettili aveva colpito la giornalista alla testa. La prima pista seguita è stata quella dell’omicidio premeditato ed operato da un killer a contratto. Ma il mandante è ancora oggi sconosciuto.
L’8 ottobre, la polizia russa sequestrò il computer della Politkovskaja e tutto il materiale dell’inchiesta che la giornalista stava compiendo. Il 9 ottobre, l’editore della Novaja Gazeta Dmitry Muratov affermò che la Politkovskaja stava per pubblicare, proprio il giorno in cui è stata uccisa, un lungo articolo sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramsan Kadyrov (chiamate dispregiativamente kadiroviti). Muratov aggiunge che mancano anche due fotografie all’appello. Gli appunti non ancora sequestrati vennero pubblicati il 9 ottobre stesso, sulla Novaja Gazeta.
I funerali si svolsero il 10 ottobre presso il cimitero Troekurovskij di Mosca. Più di mille persone – fra cui i colleghi e semplici ammiratori della giornalista – parteciparono alla cerimonia funebre.
Tra i partecipanti alle esequie c’era anche il leader politico radicale Marco Pannella, amico personale di Anna Politkovskaja, nonché unico politico italiano a prendere parte. Nessun rappresentante del governo russo però vi partecipò.
Per la sua statura intellettuale e morale è stata recentemente paragonata da Viktor Khroul a Sakarov e Solzenicyn. Ecco le sue parole.

È molto difficile capire cosa succede nella Russia di oggi. È difficile non solo per gli stranieri, ma anche per noi russi a causa delle immagini frammentarie che riceviamo dai media. Per questo è molto importante avere giornalisti che cercano di ritrarre un’immagine vera della realtà, aiutando a comprendere le radici degli eventi e le ragioni di ciò che accade.
Anna Politkovskaya, 48 anni, uccisa il 7 ottobre 2006 sull’ascensore della casa dove viveva, era un inviato speciale del quotidiano Novaya Gazeta e autrice di libri che documentano molti crimini in Russia. Era una giornalista che sfidava il sistema e le autorità. Era stata bandita dalla televisione russa, ma – paradossalmente – tutti conoscevano la sua faccia.
Io non l’ho conosciuta di persona. Ma ci siamo incrociati diverse volte a qualche incontro di Amnesty International: io ero fra i reporter, lei era fra gli invitati a parlare. Ha cercato di dire al mondo la verità sui crimini in Cecenia, le violazione dei diritti umani in tutta la Russia, gli abusi di potere, la corruzione a tutti i livelli della società. E ho visto come lei diveniva triste davanti alle domande aggressive di scrittori filo-governativi, che di fatto sembravano non avere alcun interesse per la verità. Anna provava vergogna per quelle persone che si definivano “giornalisti”, ma erano ignoranti, mancavano di equilibrio e obbiettività.
Andrei Sakharov e Alexander Solzhenitsyn sono stati “la coscienza della nazione”. Anna Politkovskaya è considerate “la coscienza del giornalismo” in Russia. Alla sua morte, Yassen Zassoursky, decano della facoltà di giornalismo all’università di Mosca, ha detto: “La nostra coscienza è stata uccisa”. Insegnando a studenti nella stessa università e cercando di risvegliare le loro coscienze alla realtà, spesso cito i testi di Anna e chiedo agli studenti di immaginare cosa Anna avrebbe fatto in alcune situazioni. Era un grande esempio per tutti i giornalisti, giovani e vecchi, di cosa vuol dire avere una responsabilità morale nella professione.
Ammiro molto Anna perché non è emigrata dalla Russia, come invece hanno fatto molti cosiddetti “lottatori per i diritti umani”: non è fuggita anche se ha ricevuto spesso minacce di morte. Il caso più famoso è stato quando hanno cercato di avvelenarla a bordo dell’aereo che la portava a Beslan per scrivere sul dramma degli ostaggi. Quella volta i dottori le hanno salvato la vita, fermando il veleno. Ma nessuno ha potuto fermare i colpi di pistola e i proiettili.
Dal 1993 più di 40 giornalisti sono stati uccisi in Russia e nessun killer è mai stato condannato. Un esempio: il giornalista Usa Paul Khlebnikov, dell’edizione russa di Forbes, è stato assassinato nel luglio 2004 a Mosca, ma la persona che ha ordinato l’assassinio deve essere ancora identificata. Continue domande di inchieste indipendenti sono state ignorate. La Russia rimane uno dei posti più pericolosi per i giornalisti.
Quando è stata uccisa, la Politkovskaya stava lavorando su un articolo che denunciava le torture dei civili ceceni da parte delle forze di sicurezza, leali al primo ministro, amico di Mosca. I suoi reportage apparvero sulla Novaya Gazeta, il più importante giornale di opposizione, uno dei pochi indipendenti nella massa di media sempre più controllati dallo stato e dagli oligarchi.
La Politkovskaya è stata uccisa nel 20° anniversario del lancio della glasnost di Mikhail Gorbachev, che aveva portato alla fioritura di una stampa libera. Gorbachev ha definito l’assassinio della Politkovskaya “un grave crimine contro la nazione, contro tutti noi … e un colpo a tutta la stampa democratica e indipendente”.
Per i lettori occidentali è interessante sapere che la Politkovskaya ha condannato molte volte la colpevole indifferenza delle loro società verso ciò che succede in Russia, sulle violazioni ai diritti civili… Quanti cattolici occidentali sono davvero interessati a ciò che capita ai cristiani in Russia?
In vita e in morte, Anna Politkovskaya è stata capace di mostrare il lato oscuro della Russia moderna. Tutte le sue pubblicazioni avevano un sogno, uno scopo: servire il bene comune, affrettare i tempi della solidarietà e sussidiarietà, rendere la società più umana e perciò più cristiana. Per questo molte persone pregano per lei; è per questo che sulla sua tomba vi è una croce.
Tutta la vita di Anna Politkovskaya può essere descritta come una chiamata a tutti noi – giornalisti e lettori, russi e stranieri, cristiani e non cristiani, credenti e non credenti – di andare a fondo nelle cose, di osare fendere le acque alte: duc in altum! (cfr Luca, 5,4).
Giovanni Paolo II ha fatto di questo appello una chiamata per tutte le persone del terzo millennio (cfr Tertio Millennio Ineunte, n. 1). Anna Politkovskaya ha lanciato questo appello a tutta la Russia.

Bibliografia
* Dania e la neve. Il genocidio in Cecenia, il destino di tre donne, Infinito edizioni, Roma, ISBN 9788889602621
* Cecenia, il disonore russo, Fandango, Roma, 2003, ISBN 888751755X
* La Russia di Putin, Adelphi, Milano, 2005, ISBN 8845919749
* Proibito parlare, Mondadori, Milano, 2007, ISBN 8804567805
* Diario russo, Adelphi, Milano, 2007, ISBN 9788845921636
* Un piccolo angolo d’inferno, Rizzoli, Milano, ISBN 9788817025942
* “Letter to Anna”, documentario girato da Eric Bergkraut, vincitore del Vaclav Havel Award 2008 al One world international human rights documentary film festival. Mandato in onda dalle principali televisioni europee (BBC, ZDF, ARD, SF), in Italia non è mai stato trasmesso e non ha avuto distribuzione nelle sale cinematografiche. Il dvd sottotitolato in italiano è acquistabile dal sito della rivista settimanale Internazionale [1], su cui sono anche disponibili gli articoli della Politkovskaja pubblicati da Internazionale e tradotti in italiano [2].
* Steve LeVine, Il labirinto di Putin. Spie, omicidi e il cuore nero della nuova Russia, collana Inchieste, traduzione di Enrico Monier, il Sirente, Fagnano Alto, 2009. ISBN 9788887847178

Riconoscimenti e premi
* 2001: Premio dell’Unione dei Giornalisti Russi
* 2001: Global Award for Human Rights Journalism (Amnesty International)
* 2002: Freedom to Write Award (PEN American Center)
* 2002: Courage in Journalism Award (International Women’s Media Foundation)
* 2003: Lettre Ulysses Award
* 2003: Medaglia Hermann Kesten
* 2004: Premio Olof Palme (assieme a Lyudmila Alekseeva e Sergei Kovalev)
* 2005: Premio per la Libertà ed il Futuro dei Media (Media City Leipzig)
* 2006: International Journalism Award
* 2007: Premio Internazionale Tiziano Terzani

Sorgente: 7 Ottobre. Anna Politkovskaja e il vero giornalismo

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