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Dal premier nessun commento sulle posizioni del suo predecessore. Ma il messaggio è chiaro: sui temi del Pnrr non sono leciti smarcamenti

“Adesso in Parlamento mi aspetto lealtà”. Mario Draghi, il suo avviso ai partiti, l’ha notificato già giovedì sera, al termine della tesissima riunione del consiglio dei ministri che si è conclusa con il sì alla riforma della giustizia. E non cambia di una virgola, la posizione del premier, di fronte al fragore dello scontro interno ai 5Stelle e agli echi del malcontento forzista.

Barra dritta: Draghi ha pubblicamente apprezzato il lavoro fatto dalla Guardasigilli Marta Cartabia “in cui ogni partito si può riconoscere” e ha ringraziato i ministri che, ciascuno in rappresentanza degli interessi della propria parte politica, hanno fatto un passo indietro per raggiungere l’obiettivo. Adesso, è l’indicazione, non potranno e non dovranno esserci stravolgimenti in aula.

 

Ciò non significa che la legge vada “approvata così com’è”: Palazzo Chigi smentisce infatti che il presidente abbia mai pronunciato quella frase. Il Parlamento, Draghi lo sa bene, è sovrano. Ma nessuno fra le forze che sostengono l’esecutivo, è il ragionamento del capo del governo, potrà sottrarsi al senso di responsabilità. Proprio perché la faticosa intesa trovata in cdm è figlia di tante mediazioni. E dunque, di conseguenza, di molti leader che si sono fatti garanti.

 

Il primo, che garante lo è anche per statuto del suo partito, è Beppe Grillo. L’ufficio stampa del premier non smentisce che Draghi abbia sentito telefonicamente, giovedì, il fondatore dei 5S e che dunque il disegno di legge approvato abbia la sua benedizione. E la circostanza viene sottolineata da Chigi anche dopo che Giuseppe Conte ha manifestato il dissenso per un provvedimento che mantiene la prescrizione “come anomalia italiana”. Il senso è chiaro: al premier basta e avanza l’impegno preso da Grillo. E Draghi non fa alcun commento infatti sulla posizione espressa dal suo predecessore alla guida del governo.

Certo, il cammino della legge non sarà facile. Perché al di là del terremoto che sta squassando i 5Stelle, si avvertono turbolenze anche dentro Forza Italia. Il coordinatore Antonio Tajani, ieri mattina, ha detto chiaramente che “bisogna correggere qualcosa”. Ha parlato addirittura di un maxi-emendamento che dovrebbe contenere delle modifiche in senso garantista, opposte a quelle chieste da parte dei 5Stelle.

Letta: “Sulla giustizia fatto grande passo avanti”

 

Fi non ha nascosto i dubbi sui prolungati tempi della prescrizione per i reati di corruzione. E non solo: “Penso soprattutto alle richieste fatte dai sindaci per quanto riguarda i reati legati alla pubblica amministrazione”, afferma Tajani. Con riferimento anche a una revisione della disciplina dell’abuso d’ufficio. In realtà, l’irritazione dei berlusconiani è soprattutto legata al metodo: non sono piaciuti i cambiamenti fatti “in zona Cesarini” su input proprio dei 5Stelle. Il fatto è che a cozzare, malgrado la sintesi fatta da Cartabia (definita “un capolavoro politico” dalla collega Mara Carfagna), sono due visioni agli antipodi della giustizia.

Sarà presto di nuovo l’ora dei pontieri, nella maggioranza. E in questa schiera si inserisce Matteo Salvini: anche lui ha giocato un ruolo per appianare la strada della riforma e potrebbe portare a più miti consigli l’intero centrodestra di governo che vorrebbe federare.

Draghi può acconsentire a qualche ritocco al testo ma non ha alcuna intenzione di mettere in discussione quella che adesso è la sua direzione di marcia: le riforme legate al Pnrr vanno approvate da una sola maggioranza. Sempre la stessa. Non ammesso, dunque, lo strumento dell’astensione al quale volevano aggrapparsi i 5Stelle: si discute, si cambia, si giunge a un onorevole compromesso ma poi niente defezioni.

Più che un orientamento, è una dottrina, quella dell’ex presidente della Bce, chiamato alla guida dell’esecutivo per rispettare i patti con l’Europa. E sa bene che la conflittualità è destinata a estendersi ad altre materie delicate (ad esempio il fisco) con l’approssimarsi delle amministrative e del semestre bianco. Non può permettersi il lusso, proprio ora, di deflettere o concedere rinvii.

 

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Sorgente: Riforma giustizia, per Draghi la garanzia sulla legge è la telefonata con Grillo. La richiesta ai partiti: leali in aula – la Repubblica

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