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La leader sovranista ha scoperto i diritti dell’individuo – sacri per ogni liberale – proprio pochi giorni dopo aver firmato un tremendo documento con Orbán. Ma la libertà di non ricevere la dose finisce dove comincia quella di chi si vuole proteggere dal virus

Mario Lavia

Giorgia Meloni è come quei giocatori inesperti alla roulette che puntano le loro fiches a casaccio, un po’ sul dispari, un po’ sul nero, un po’ sullo zero, un po’ sul manque: qualcosa uscirà. Adesso ha scelto la gloriosa casella della libertà, quella sulla quale in teoria è d’accordo chiunque: no all’obbligo di vaccinazione, nessuno è meno che mai lo Stato può impormi alcun comportamento, sarebbe da «società orwelliana», ha detto (viene il dubbio che se capisse Orwell avrebbe più facilità a rispondere a chi gli chiede una precisa presa di posizione sulla specificità del fascismo italiano, ma lasciamo stare).

Il dilemma sull’obbligo di vaccinare la popolazione ritornato d’attualità dopo la dura decisione del presidente francese Emmanuel Macron è di quelli che interpellano menti e coscienze a ogni latitudine e non è superfluo ricordare che in Italia finora nessun governante, né ai tempi di Conte né adesso, propone d’istituire la vaccinazione obbligatoria per tutti, ma solo per alcune categorie, in primis il personale sanitario, come è stato deciso dal governo italiano con decreto del primo aprile successivamente convertito dal Parlamento.

Adesso Macron ha esteso al massimo l’obbligo di presentare il green pass che attesta l’avvenuta vaccinazione anche per andare al bar e lo ha fatto perché il rischio di una quarta ondata si sta facendo molto serio. Ecco perché ci stiamo avvicinando alla suggestione dell’obbligo vaccinale, suscitando l’indignazione delle varie tipologie no vax ma anche spingendo un milione di francesi a prenotarsi per essere vaccinati. Il presidente francese, col suo gesto super-presidenziale, sembra aver colto nel segno e la scelta del green pass obbligatorio potrebbe essere la chiave per la nuova fase della battaglia contro la recrudescenza della variante Delta.

Da noi è Meloni a prendere la palla al balzo per difendere la libertà di non vaccinarsi, andando a sbattere contro uno dei principali assunti del liberalismo kantiano: la tua libertà finisce dove comincia la mia (ed è per questo che da molti anni esiste quella cosa che si chiama diritto, che è appunto la scienza che, evolvendosi, stabilisce fino a dove).

Trattandosi di regole, non a caso i grillini sono incerti sulla posizione da prendere. Roberto Burioni è stato molto chiaro rispondendo con perfidia: «La battaglia di Giorgia Meloni per garantire al virus la libertà di uccidere, rovinarci la vita, fare chiudere le scuole, distruggere l’economia. Non la capisco e non c’entra niente con la sua storia. PS: la prima vaccinazione moderna obbligatoria in Italia risale al 1939».

Ma la cosa più curiosa è che Meloni scopre i diritti dell’individuo – sacri per ogni liberale – proprio pochi giorni dopo aver firmato un tremendo documento con Orbán, Salvini e tutta la destra-destra europea tutto basato su una peraltro distorta concezione del diritto delle nazioni. Vale qui la pena di riportare a tal proposito un passaggio dell’ottimo articolo di Sofia Ventura sull’Espresso: «In quelle due paginette, che tanto dicono dei loro estensori, non si parla mai di libertà.  Se non in due passaggi, dove si richiama la libertà delle nazioni. Le nazioni sono al cuore dell’Europa, non i diritti e le libertà individuali. D’altro canto, nelle tragedie del XX secolo sono le nazioni a essere indicate come le vittime, non le vite sconvolte e strappate di milioni di donne e uomini. Le nazioni come corpi organici. Non cercatelo l’individuo, non lo troverete. Tanto meno i suoi diritti. I diritti sono quelli della nazione, richiamata in due cartelle quattordici volte; due volte sono ricordati i cittadini: quelli che rispettano le tradizioni europee e sono rappresentati dai partiti che le difendono e i membri delle nazioni europee che stanno perdendo fiducia nelle istituzioni dell’Unione».

Con il despota ungherese dunque lei srotola una filosofia della storia, in Italia un’altra che forse cela l’intento di fare la parte che fu di Silvio Berlusconi, che negli anni Novanta sdoganò un messaggio tradotto poi da Corrado Guzzanti con l’azzecato «facciamo un po’ come ci pare». 

Il che porterebbe alla paradossale contrapposizione fra una destra di origine fascista gabellata per cantrice della libertà contrapposta alla solita sinistra statalista e tiranna nel nome del primato delle regole: il medesimo copione del Cavaliere senza la creatività politica, comunque la si pensi, del Cavaliere. Giorgia paladina dei diritti del cittadino ma in realtà contro i diritti di altri cittadini che vogliono sfuggire al virus: fratelli d’Italia contro fratelli d’Italia. Complimenti.

Sorgente: L’ipocrita campagna di Giorgia Meloni per difendere la libertà di contagiare gli altri – Linkiesta.it

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