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La norma varata dal governo socialista spagnolo permetterà alle persone di decidere il proprio genere senza una necessaria correlazione con il sesso biologico. La sua approvazione si è trasformata in uno scontro identitario in Parlamento e nell’opinione pubblica

Vincenzo Genovese

È «un passo da gigante» per la ministra che l’ha promossa o un «una minaccia per le donne e i bambini» secondo uno dei leader dell’opposizione. Ufficialmente si chiama «Legge per l’uguaglianza reale ed effettiva delle persone trans e per la garanzia dei diritti LGBTI», ma in Spagna è per tutti la «Legge trans»: un progetto rivoluzionario che, se approvato, permetterà agli spagnoli di modificare autonomamente il proprio genere all’anagrafe, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Il governo del Primo ministro Pedro Sánchez l’ha presentata alla fine di giugno e dopo l’estate si attende un dibattito infuocato sulla sua approvazione.

Cosa prevede la legge
Il punto più innovativo, ma anche più controverso di questa norma è la cosiddetta «libera autodeterminazione di genere»: il concetto per cui ogni cittadino può cambiare il proprio nome all’anagrafe senza la necessità che corrisponda al sesso biologico. Al momento in Spagna la modifica dei connotati nel registro civile è regolata da una legge del 2007 e può avvenire soltanto in presenza di una convalida medica: è necessario o che venga diagnosticata un’incongruenza di genere o che il soggetto in questione «si sia sottoposto a trattamenti medici per almeno due anni, per adeguare le sue caratteristiche fisiche al sesso richiesto». In questa seconda ipotesi, non è requisito imprescindibile un’operazione chirurgica, ma l’efficacia del trattamento ormonale dev’essere comunque stabilita da un medico.

Con la «Legge trans», invece, basta la volontà del richiedente, che a tre mesi dalla presentazione della domanda, deve confermare la propria intenzione. Questa scelta sarà accessibile senza restrizioni ai maggiori di 16 anni, ai ragazzi tra i 14 e i 16 con il consenso dei propri genitori o rappresentanti legali e a partire dai 12 previa autorizzazione giudiziaria. La Spagna non sarebbe il primo Paese dell’Ue a eliminare i requisiti medici per il cambio di genere, una strada già battuta ad esempio da Francia, Danimarca, Paesi Bassi e Portogallo. Però diventerebbe, insieme ai Paesi Bassi, l’unico Stato dove questa possibilità viene concessa a partire dai 16 anni senza l’avallo dei genitori.

La «Legge trans» punta anche a combattere emarginazione e stigma sociale delle persone LGBTI, vietando le cosiddette «terapie di conversione», un insieme di trattamenti psichiatrici, psicologici religiosi o spirituali, volte a modificare l’orientamento o l’identità sessuale di un individuo. Si tratta di pratiche pensate per «curare l’omosessualità» e già condannate dalla comunità scientifica, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e anche dal Parlamento europeo in una risoluzione del 2016, ma ancora esistenti nel Paese.

Nel testo ci sono anche misure per combattere le discriminazioni subite dalle persone LGTBI in diversi aspetti della vita quotidiana. Il progetto di legge modifica il codice civile spagnolo in modo che le donne lesbiche o bisessuali siano riconosciute come madri dei figli della propria partner, anche se non sposate legalmente. Inoltre viene inserito il concetto di «persone trans con capacità di gestazione», che potranno usufruire degli strumenti di fecondazione assistita previsti dal sistema sanitario nazionale come avviene per le donne.

Al tempo stesso, vengono promossi programmi di educazione sessuale e «contenuti relativi al trattamento della diversità sessuale» nei programmi scolastici e si sanzionano i comportamenti discriminatori. Sono previsti fino a duemila euro di multa per insulti relativi all’orientamento sessuale o all’identità di genere, che diventano 10mila se questi atti si traducono in discriminazioni sul posto di lavoro. La pena pecuniaria massima arriva a 150mila euro in caso di diffusione in ambienti educativi di libri di testo che «presentino le persone come superiori o inferiori in dignità umana in funzione del loro orientamento e dell’identità sessuale, dell’espressione di genere o delle caratteristiche sessuali».

Spagna e Italia: due leggi diverse
Questi ultimi due aspetti della normativa, così come il concetto di «identità di genere», si configurano come punti di contatto con il Ddl Zan, il controverso disegno di legge contro l’omo-transfobia in discussione al Senato italiano. Al contrario della «Legge trans», però, il progetto legislativo del nostro Paese non introduce nessuna autocertificazione, né regolamenta la transizione di genere. Il cambio di sesso in Italia è al momento normato dalla Legge 164 del 1982 e può avvenire soltanto «a seguito di intervenute modificazioni dei caratteri sessuali» di chi lo richiede.

Le due norme hanno invece in comune la feroce polemica politica scatenata nei rispettivi Paesi. Così come accade in Italia, i partiti spagnoli sono divisi sulla questione. Il principale promotore della legge è Unidas Podemos, che ne ha rivendicato la portata storica con le parole della ministra all’Uguaglianza Irene Montero: «Protegge i cittadini senza distinzioni, perché sono tutti uguali in quanto a diritti».

La presentazione ufficiale del progetto legislativo è stata una dimostrazione di concordia della coalizione governativa tra il partito della sinistra radicale e il Psoe del Primo ministro Sánchez, ma in realtà le voci dissonanti non sono mancate nemmeno nella maggioranza. Una parte dei socialisti era scettica sull’autodeterminazione di genere, tanto che la vice-presidente del governo Carmen Calvo aveva parlato lo scorso febbraio di «rischi per lo stabilimento dei criteri d’identità». L’accordo fra i due partiti al governo è stato raggiunto dopo una lunga discussione e su un testo di compromesso, in particolare sul periodo di tre mesi necessario per la conferma dell’autodeterminazione.

Dalla destra spagnola sono arrivate, com’era prevedibile, pesanti critiche. Il presidente del principale partito di opposizione, Pablo Casado, considera la legge «non necessaria». Si è spinto oltre Santiago Abascal del partito Vox, stigmatizzando la norma in un polemico commento sul quotidiano El Mundo: «Se il governo riesce nel suo intento, i nostri bambini e bambine saranno minacciate».

Per il leader nazionalista è intollerabile che un uomo possa passare a essere una donna «mantenendo intatti i suoi organi sessuali e perfino il suo aspetto fisico». In questi casi alla persona che cambia il suo genere sarebbe concesso di entrare nei luoghi abitualmente frequentati da donne, come i servizi igienici e gli spogliatoi riservati, ma anche, ad esempio, le sezioni femminili dei penitenziari.

Preoccupazioni di questo tipo sono condivise non solo da una parte della società civile, ma anche da vari collettivi della galassia femminista, come quelli che hanno protestato in diverse città della penisola alla vigilia della presentazione della legge. «Essere donna non è un sentimento, ma una realtà concreta», sostenevano le manifestanti.

Lamentele pure da coloro che avrebbero voluto una norma più inclusiva. Quella attuale non contempla, ad esempio, il riconoscimento giuridico di un genere non binario: per le persone intersessuali (cioè quelle che presentano, a livelli variabili, caratteri dell’uno e dell’altro sesso) si limita a specificare che non dovranno subire interventi chirurgici e che non sarà obbligatorio assegnare loro un sesso nel primo anno di vita. Dal perimetro della legge, infine, vengono esclusi tutti gli stranieri residenti in Spagna ma sprovvisti di cittadinanza, come hanno fatto notare le associazioni di migranti e rifugiati.

Su tutti questi aspetti si preannuncia battaglia nelle sedi istituzionali, visto che è attesa una raffica di emendamenti e che vari deputati del Partito socialista potrebbero far mancare il loro appoggio. E stando alle prime reazioni, la discussione rischia di polarizzare anche l’opinione pubblica: non è difficile prevedere che per la Spagna il prossimo sarà un autunno caldo.

 

Sorgente: La legge sui trans che spacca la Spagna – Linkiesta.it

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