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In calo nei sondaggi, tra posizioni sempre più radicali e la voglia di diventare il nuovo Berlusconi

DI CARMELO LOPAPA

PALERMO – Il primo rinvio a processo per Matteo Salvini restituisce alla Lega un leader azzoppato, muta gli scenari del centrodestra e copre di nubi il futuro politico dell’aspirante premier. Nell’immediato, spinge il segretario sempre più a destra e quasi ai margini della maggioranza della quale pure fa parte. “E ora, dopo aver dissequestrato gli italiani dalle chiusure, andiamo a liberarli dal coprifuoco”, è la chiusa della conferenza stampa volante appena incassato il rinvio a giudizio. In quel mini comizio da processo c’è tutto il concentrato del “salvinismo” Dio-Patria-Famiglia. “Cristianamente sopporterò”, “ho difeso i confini sacri dell’Italia”, “mi spiace solo per i miei figli che temono vada in galera e che non possa più portarli al parco”.

L’aula bunker dell’Ucciardone – quella dei maxi processi alla mafia – è alle sue spalle, Giulia Bongiorno al fianco, là fuori piove, in questa strana primavera siciliana. Torvo in viso, sotto la mascherina metà tricolore, metà Alberto da Giussano, Salvini appare carico di rabbia e pronto a indossare l’elmetto. L’ex ministro dell’Interno va alla lotta. Al governo lascia Giancarlo Giorgetti e gli altri. Da questo momento in poi – un po’ come Silvio Berlusconi braccato dalle procure – il leghista gioca in attacco ma indossando i panni della vittima. Di un “pronunciamento politico”, come l’ha definito, e di una “giustizia da riformare”. Di certo, sulla sua “persecuzione” imbastirà l’intera campagna elettorale primavera-estate in vista delle amministrative di ottobre. L’antipasto è la “Bestia” che lancia l’hashtag #IostoconSalvini sui social. Nelle stesse ore, il capo finito sotto processo raggiunge Capaci per rendere teatralmente onore a Falcone e alle altre vittime della strage del ’92.

Ma da oggi cosa accadrà? I suoi si attendono un cambio di passo nei confronti del governo, dagli esiti imprevedibili. Le tensioni già non mancano. Il ministro della Salute Speranza diventa, per i radar leghisti, quel che Lucia Azzolina è stata sotto il Conte 2. Ma nel mirino c’è anche il segretario del Pd Enrico Letta, incontrato pochi giorni fa e considerato tutt’altro che un alleato. Sentenza politica?, gli chiedono: “Domandatelo a Letta, che indossa la felpa di una Ong spagnola” (proprio quella di Open Arms, due giorni fa).

Quanto peserà il rinvio al processo del 15 settembre a Palermo? Sarà ancora Salvini il leader del centrodestra e dunque il candidato premier in pectore della coalizione? “Fortunatamente i giudici non decidono chi vince le elezioni né tantomeno chi guida i partiti”, taglia corto lui prima di salire a bordo della sua auto blindata fuori dalle sbarre dell’Ucciardone per lasciare Palermo. Si autoassolve a suon di consensi, proprio come il Cavaliere ai tempi d’oro. “Io i voti li ho presi dagli italiani, il comandante delle Ong no”, sostiene con un parallelismo claudicante. Quel che è chiaro è che non tollera che per questo scivolone venga messa in discussione la sua leadership. Ma è proprio questo il punto. Giorgia Meloni è la prima ad avergli espresso solidarietà, ma la leader di Fdi è anche colei che potrebbe avvantaggiarsi politicamente più degli altri dell’inciampo, nel breve-lungo periodo. Non solo perché è in crescita di consensi costante e (per Salvini) insidiosa, a destra. Ma anche perché se si andasse al voto l’anno prossimo, magari dopo l’elezione del capo dello Stato, non sarebbe così scontato che l’incarico vada a un capo politico a rischio condanna per sequestro di persona.

Il processo sarà lungo e ricco di colpi di scena, Giulia Bongiorno vuole chiamare a testimoniare Conte e mezzo governo 5Stelle. Il suo assistito vuole Palamara. Nel frattempo, Salvini dovrà fare i conti col calo di consenso e con l’ascesa politica, lenta ma inesorabile anche quella, di Luca Zaia dentro la Lega. Intanto ci sarebbe il governo Draghi da sostenere. Ma come? E fino a quando? Il segretario glissa sulla solidarietà del premier e dei ministri che non arriverà. “Mi basta quella di Letta”, ironizza. In questo momento non c’è il governo da supportare, in cima ai suoi pensieri. Ma “gli italiani da liberare”. Dai chiusuristi “rossi”, sottinteso.

Sorgente: Lega, Salvini azzoppato nella corsa a Palazzo Chigi. E ora va alla guerra con i pm | Rep


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