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29 March 2024
0 6 minuti 3 anni

  • Tutto è iniziato quando abbiamo scoperto che la maestra d’italiano di Lorenzo era positiva. Così è iniziato il calvario della nostra famiglia, senza risposte, senza referti e con lunghe code a Roma per un tampone.
  • Al nostro Matteo, due anni e mezzo d’età, è andata ancora peggio: con tutta la famiglia in quarantena, ci avevano promesso che gli avrebbero fatto un tampone a domicilio. Non si è mai presentato nessuno. In compenso, io un tampone l’ho fatto ma non ho mai ricevuto la diagnosi.
  • Questa è la nostra storia di telefonate andate a vuoto e di referti mai arrivati. Con una quarantena che sta per finire, ancora non sappiamo come.

Giovedì 8 ottobre, sul sito della scuola di mio figlio, Lorenzo, abbiamo la conferma ufficiale che la maestra d’italiano, assente da circa una settimana, è risultata positiva al Covid. Tramite il rappresentante di classe (poi scopriremo che anche lui è positivo), chiediamo alla scuola se sia possibile avere una unità mobile fuori dalla scuola per fare i tamponi a tutta la classe. Ma ci viene negata. Siamo a Roma e così ognuno si deve muovere per conto proprio. Chiamiamo la pediatra che fa la richiesta del tampone per Lorenzo, per venerdì 9 ottobre.

Mia moglie, Gina, insiste col nostro medico di famiglia: visto che accompagna Lorenzo a fare il tampone, lo vuole fare anche lei. Dopo 11 ore di fila, riescono finalmente a liberarsi nel tardo pomeriggio. Gina, che aveva fatto quello veloce, viene contattata telefonicamente dalla ASL Roma 2: dicono che è positiva e deve fare il tampone molecolare.

POSITIVI

Da mercoledì sera anch’io avevo sintomi influenzali, mi allarmo e chiamo il medico di famiglia. Mi manda a fare il tampone per sabato 10 ottobre. La mattina è il mio turno e mi va meglio: la fila dura “solo” 6 ore e mezza.

Mi dicono che da lunedì 12 ottobre potrò ritirare il referto online. Torno a casa e subito Gina va a fare il suo tampone, questa volta senza rifare la fila per fortuna. Intanto, tra sabato e domenica, Matteo, il secondogenito di due anni e mezzo, peggiora: anche lui aveva sintomi influenzali da qualche giorno.

Lunedì mattina la pediatra avvia dunque la richiesta per un tampone a domicilio, visto che tutti siamo in quarantena. Sempre lunedì ci ricontatta qualcuno dalla ASL Roma 2. Ci dice telefonicamente che sia Lorenzo sia Gina sono positivi, gli chiediamo i referti, prende nota degli indirizzi email. Ci dice che li invierà al più presto. Ma non ne sapremo più nulla.

IL REFERTO NON SERVE

Arriva mercoledì 14 ottobre. Chiamo il numero unico regionale per spiegare la situazione. L’operatrice mi dà dei numeri di telefono da chiamare. Gina, dopo svariati tentativi ad uno di quei numeri, trova finalmente la linea. Risponde un dottore un po’ stizzito.

Ci domanda chi ci ha dato quel numero, ci dice che lui tratta solo con le scuole e che non può aiutarci per quanto riguarda i nostri referti. Gina insiste per avere almeno il referto di Lorenzo, in fondo è un bambino delle scuole.

Ma il medico le risponde: «Signora, le hanno già dato la risposta a voce. A cosa le serve un referto?». Gina non può fare altro che riattaccare.

ABBANDONATI

Siamo demoralizzati e lasciamo passare un paio di giorni. Poi ci rimettiamo al telefono, al numero della stessa ASL Roma 2 che ci aveva contattato: non risponderà più nessuno!

Allora mando una mail alla ASL Roma 2 e 5 per richiedere i referti, sempre senza risposta. Intanto, per il tampone di Matteo intanto nessuno si è fatto più sentire né, soprattutto, vedere!

A COSA VI SERVE?

Ringraziando il cielo comunque nei giorni successivi vediamo un miglioramento. Sabato 17 invio una mail di reclamo all’URP della regione Lazio e lunedì 19 Gina chiama di nuovo il numero unico della regione per fare anche lei un reclamo.

Parlando con l’operatrice di turno gli spiega l’accaduto, l’assenza di risposte, la negligenza totale nel trattare un caso evidente di Covid in un bimbo di 2 anni e mezzo con tutta la famiglia in quarantena. Anche l’operatrice le chiede cosa ci dovesse fare col referto scritto, visto che comunque già aveva avuto la risposta telefonicamente.

Per prima cosa, Gina le spiega che serve per ottenere un rimborso, dato che abbiamo l’assicurazione sanitaria delle nostre aziende. E poi, anche se non ci dovesse servire a nulla, vogliamo avere un referto scritto, perché abbiamo fatto un tampone. Fra l’altro, nel frattempo io non ho ancora avuto una risposta.

LA FINE DELLA QUARANTENA

Ad oggi, 21 ottobre, ci rimane solo una risposta telefonica ai tamponi di Gina e di mio figlio Lorenzo. Nessuno ha fatto più il tampone a Matteo e io sono ancora senza risposta. Domani, 22 ottobre, un’unità mobile arriverà fuori dalla scuola di Lorenzo per effettuare i tamponi a tutta la classe: almeno questo.  Venerdì 23 finisce la quarantena per me e Gina.

Il nostro scrupoloso medico di famiglia ci manderà a fare il tampone di controllo. Potremmo portare Matteo con noi, per fare il suo primo tampone. Ma vorremmo evitargli lo strazio di stare 12 ore in macchina. Chissà, vedremo se troveremo una soluzione.

Sorgente: Abbandonati con il Covid: la nostra odissea per un tampone

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