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Non è vero che la pandemia ci renderà migliori. E nemmeno che ci cambierà. Ma certo cambierà invece il panorama geopolitico del pianeta. Non necessariamente in meglio, e il rischio di tensioni capaci di sfociare in conflitti è destinato ad aumentare. Ma è utile rendersi conto che la parabola politica dei leader padroni del decennio appena concluso ha largamente superato lo zenith, ed è entrata nella sua fase calante. I loro “funerali” faranno del mondo un posto più tranquillo e più accogliente?

Il leader più populista e pasticcione del pianeta?

Era uno di quegli spot televisivi che la forza della loro  banalità trasforma in tormentone. Sarà passato qualche decennio ma di sicuro lo ricordano i miei coetanei babyboomers. Due giovani donne – evidenti mogli e mamme , ovvero massaie, come si diceva all’epoca, pardon…- si incontrano sul terrazzo attorno ai rispettivi bucati, e l’una dice all’altra, con invidia e ammirazione: “Credevo che il mio bianco fosse bianco , finché non ho visto il tuo… “. Beh, il ritornello mi è tornato in mente quando ho letto l’altro giorno il raffronto del britannico Guardian tra i due leader delle nazioni-simbolo del mondo anglosassone, Regno Unito e Stati Uniti. Credevate di avere il premier più populista e pasticcione del pianeta, scrive  il giornale della sinistra inglese, quello che ha gestito peggio di chiunque altro la crisi della pandemia, tant’è che l’isola si ritrova con il maggior numero di morti in Europa? Beh , vi sbagliate, annuncia sarcastico Jonathan Freedland: senza  ombra di dubbio “the winner is…“ Donald Trump !

Incompetenza, arroganza e pura stupidità

E chi può contestare questa nomination ? Chi può negare, a parte i suoi fanatici sostenitori sovranisti, che nella crisi da coronavirus il “comandante in capo” degli Stati Uniti ha condotto i suoi eserciti alla disfatta grazie a una rara  miscela di incompetenza, arroganza e pura stupidità? Per chi si fosse persa qualche puntata: questo è lo “scienziato” che ha seriamente suggerito ai suoi concittadini-elettori di “sanificarsi” iniettandosi amuchina o candeggina . Questo è il presidente che twitta “Liberate il Michigan” mentre una banda di pazzi armati di fucili d’assalto occupa il Parlamento del Michigan per chiedere la fine del lockdown. Questo è il leader mondiale che  pur di recuperare qualche  punto nei sondaggi (per fortuna a picco…) minaccia di scatenare una nuova Guerra Fredda accusando la Cina di aver prodotto il virus nei laboratori di Wuhan, circostanza negata perentoriamente  perfino dal capo dell’intelligence americana. In breve, Donald Trump è riuscito nell’impresa di apparire una macchietta perfino nel pieno di una tragedia come la pandemia.

Primo funerale ma non certo a fine anno

In altri tempi, prima che il virus (non meno contagioso) del populismo minacciasse la salute delle democrazie occidentali, un simile clamoroso fallimento di leadership avrebbe segnato una volta per tutte la fine politica del presidente americano. Se oggi non si può pronosticare con pari certezza questo esito non è solo per le debolezze  intrinseche del candidato avversario Joe Biden, per la frammentazione del fronte democratico, o ancora  per l’annuncio di una terza candidatura, indipendente, ma destinata senza dubbio a sottrarre voti allo sfidante democratico. Il fatto è che l’America non sembra  ancora essersi liberata dell’intossicazione sovranista, e i danni che la  presidenza Trump ha inferto alle  istituzioni repubblicane, a cominciare dalla Suprema Corte, rischiano di essere  se non irreversibili almeno di lunga durata. Ciò non toglie che politicamente Donald Trump possa essere dichiarato finito, ormai privo di segni vitali. La sua inettitudine è sotto gli occhi di tutti, come la sua mancanza di qualsiasi progetto politico che non si riduca a slogan xenofobi, e perfino apertamente suprematisti. Certo, nel caos economico e nel risentimento politico e sociale scatenato dalla pandemia può ancora riuscire a rimanere aggrappato per altri quattro anni alla  poltrona dello Studio Ovale, magari con l’aiuto delle migliaia di miliardi di dollari distribuiti a pioggia.  Ma per quanto sempre  pericoloso, sarà solo il fantasma di se stesso.

Boris insegue Churchill verso l’uscita

E gli altri tre funerali (sempre politici, per carità…)? Ma certo, l’avete già capito. Riguardano le carriere degli altri tre leader populisti che hanno segnato le cronache planetarie degli ultimi anni e mesi. In almeno un caso, veramente, il funerale rischiava di non essere solo metaforico. Boris Johnson ha davvero corso il pericolo di soccombere all’attacco del virus. Paradossalmente la sua malattia, che ha rappresentato la clamorosa certificazione dell’intollerabile leggerezza con cui ha affrontato la pandemia, è stata però anche la sua ciambella di salvataggio politica.
Le notizie drammatiche del premier, in procinto di diventare padre, inchiodato invece a una bombola d’ossigeno in terapia intensiva hanno suscitato un’ondata di simpatia e solidarietà che ha cancellato per il momento il pesante conto degli errori commessi: sventatezza, impreparazione, mancanza di dispositivi di sicurezza e di strutture ospedaliere adeguate, incertezza e confusione nelle misure di lockdown. Nell’emergenza tutti i paesi rispondono al riflesso condizionato di stringersi attorno al proprio governo, e questo vale particolarmente per gli inglesi. Ma gli inglesi che pure idolatravano Churchill non ci pensarono due volte a mandarlo a casa appena finita la guerra. Che lui aveva vinto, mentre Johnson la sua l’ha persa. Probabilmente non subito ma scommetto che non ci vorrà molto prima che qualcuno gli presenti il conto. E non solo dall’opposizione laburista.

Poker con Putin e Xi JinPing

Rimangono Putin e Xi Jinping. Ammetto che, trattandosi dei padroni indiscussi di due sistemi illiberali, parlare di loro fine politica possa sembrare azzardato. Sia l’uno che l’altro conservano, con simili metodi coercitivi, il controllo assoluto degli apparati statali della forza e del consenso. Ciò non toglie che i fatti siano testardi. La Russia di Putin, che si proclamava orgogliosamente immune all’epidemia, invece di usare il ritardo del virus per allestire le difese, è oggi il quinto paese del mondo per numero di contagi, e quanto a quello dei morti è ovviamente un segreto di Stato. I due medici che hanno denunciato la strage silenziosa nelle corsie degli ospedali, privi degli apparati di soccorso, guarda caso sono morti “suicidi” per la disperazione. Magari sarà anche vero ma è un indice della credibilità del regime che per il russo comune i sanitari siano stati piuttosto “suicidati”.
Come se non bastasse la Caporetto sanitaria c’è la Beresina del petrolio. Vent’anni di putinismo non sono bastati a trasformare la Russia da semplice esportatore di materie prime a gigante economico. Perfino l’Arabia Saudita ha capito che i giorni dell’economia da energia “sporca” sono contati, e cerca di usare la ricchezza del petrolio per costruire una solida struttura industriale e tecnologica. Putin invece si preoccupa solo che la rendita petrolifera riempia i forzieri degli oligarchi suoi vassalli (che naturalmente sanno come ringraziare …), e alimenti la grandeur missilistica indispensabile alla stabilità del regime. Ma che succederà quando il prezzo del petrolio, già finito sotto zero, sarà spinto ancora più in basso dalla recessione mondiale e lo zar non potrà più nuotare sull’oceano di petrorubli che finora lo ha tenuto a galla? La Russia è un paese paziente. Ma non all’infinito. E la sua rabbia, quando esplode, non conosce confini.

L’imperatore di Pechino

A occhio nudo, sembrerebbe che l’imperatore di Pechino se la passi meglio dell’autocrate moscovita. Ma è un’impressione. Il regime russo è personale, basato sulla personalità del capo, il che assicura una maggiore coesione interna: è chiaro a tutti che se cade Putin i suoi satrapi e pretoriani lo seguono nella polvere. In Cina l’unico dio resta il partito. Xi può pure proclamarsi, come ha fatto, presidente a vita ma alle prime crepe della sua presa sul paese non c’è dubbio che il Moloch-partito sarebbe lesto a divorarlo pur di mantenere inalterato il suo potere.
Xi è riuscito a mantenere il consenso nel fuoco della guerra dei dazi contro il suo omologo americano, anche se questo ha ridotto di molto i margini di profitto dei nuovi ricchi con tessera comunista. Ma con il virus gli è andata meno bene. I cinesi sanno perfettamente che non è colpa di qualche piccolo funzionario provinciale se l’allarme è stato dato con più di un mese di ritardo, quando invece la tempestività sarebbe stata vitale per evitare l’epidemia assassina e il crollo del PIL. In più, il tentativo del leader di presentarsi come il nuovo portabandiera della globalizzazione rigettata da Trump, si infrange sugli scogli della menzogna di Stato: anche se il virus non è uscito dai laboratori di Wuhan, resta il fatto che le bugie e il sistematico insabbiamento di informazioni preziose polverizzano, una volta ancora trent’anni dopo Tiananmen, la credibilità planetaria della dirigenza cinese.

Forse non un mondo migliore ma diverso

Non è vero che la pandemia ci renderà migliori. E nemmeno che ci cambierà. Ma certo cambierà invece il panorama geopolitico del pianeta. Non necessariamente in meglio, e il rischio di tensioni capaci di sfociare in conflitti è destinato ad aumentare. Ma è utile rendersi conto che la parabola politica dei leader padroni del decennio appena concluso ha largamente superato lo zenith, ed è entrata nella sua fase calante. I loro “funerali” faranno del mondo un posto più tranquillo e più accogliente? Se impariamo la lezione, c’è ragione di crederlo. Dopo tutto, perfino Johnson si è mostrato capace di emendarsi. Non solo tributando un pubblico grazie a quel servizio sanitario nazionale che ha contribuito a semi-demolire, e invece gli ha salvato la vita. Ma  affidando questa testimonianza alla stessa esistenza del bimbo che gli è nato mentre lui rischiava di morire: baby Johnson è stato battezzato Wilfred Lawrie, come i due nonni, ma il terzo nome è Nicholas, come i due medici dell’ospedale St.Thomas che hanno impedito al coronavirus di sottrargli il suo papà. Un battesimo è sempre una festa ma stavolta vale doppio.

Sorgente: Quattro funerali (politici) e un battesimo – Antonio Caprarica –


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