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Salvini sogna un governissimo guidato dall’ex presidente della Bce. Ma il banchiere ha scritto il suo articolo sul Financial Times non certo per disarcionare il premier italiano in carica. Puntava a parlare all’Europa e soprattutto alla Germania

dalla nostra corrispondente TONIA MASTROBUONI

BERLINO – Giuseppe Conte sta facendo «un ottimo lavoro». Di questo, Mario Draghi è convinto, e lo ripete spesso. Se l’italiano più autorevole al mondo ha preso mercoledì carta e penna per scrivere un articolo per il principale quotidiano finanziario del mondo, il Financial Times, è perché voleva rivolgersi all’Europa, e non all’Italia. E anzitutto ad Angela Merkel, che forse non ha più la forza di qualche anno fa, ma guida comunque il Paese più potente e può ancora far oscillare il pendolo delle decisioni europee.

L’ex presidente della Bce, giura chi lo conosce bene, non ha la benché minima ambizione di assumere un ruolo politico in Italia. Che la sua lettera abbia scatenato le fantasie di qualcuno ansioso di disarcionare Conte non lo interessa minimamente.

Ieri è stato Matteo Salvini a condensare il sogno proibito di un governissimo a guida Draghi, parlando nell’aula del Senato: «Grazie per le sue parole – ha detto con tono malizioso, perché è caduto il mito del non si può fare debito».

Soprattutto, l’ex governatore della Banca d’Italia avrebbe «il “fisico” per fronteggiare Merkel e Macron», secondo Salvini. Anche nelle reazioni di Matteo Renzi, nel suo sottolineare che Draghi «ha indicato la strada», i più hanno intravisto l’ennesima tentazione di una spallata al presidente del Consiglio.

Con molto più realismo, anche per chi ha inteso il messaggio profondo dell’articolo di Draghi, il Pd ha bollato un eventuale “governo di competenti”, come viene chiamato in Italia Viva, «da fantapolitica».

Nel corso della segreteria dem, proprio oggi, è stata infatti «stroncata ogni ipotesi di un cambio di governo, di governissimo o altri scenari». In realtà, l’ex presidente della Bce non ha usato toni drammatici per aumentare il suo capitale politico nel Paese più flagellato dalla crisi. A fronte di una tragedia storica, è lungi da lui un cinismo del genere. Draghi è intervenuto, al contrario, per far aprire gli occhi anche al resto d’Europa sulla gravità della pandemia.

È evidente come ci sia ancora scarsa contezza, a nord delle Alpi, della tragedia epocale che stiamo vivendo. Non a caso ha paragonato il coronavirus alla guerra per chiudere anzitutto un gap di consapevolezza che viene ancor prima dell’antico problema delle diffidenze reciproche tra Paesi del Nord e del Sud.

La brutalità con cui l’olandese Mark Rutte ha sdrammatizzato ancora ieri sull’epidemia, quando in Italia arrivava la quotidiana, tragica conta dei dei morti, non si spiega se non con una tragica sottovalutazione di un cataclisma di dimensioni «bibliche» come lo ha descritto lo stesso Draghi.

Ma va ricordato che in Germania, se anche i casi hanno superato ormai quota 43 mila, i morti sono ancora 222. In Olanda, a fronte di 7 mila contagi, sono decedute 434 persone. L’allarme è minore che da noi.

L’insistenza di Draghi, poi, è anche sull’urgenza di agire. È palese che la ferita di una mancanza di unità europea e di coesione stiano già suscitando un’onda montante di rabbia, di incredulità e di dolore nei Paesi più flagellati dal virus. Ci sono già i primi sondaggi che testimoniano di un crescente euroscetticismo In Italia. E se qualcuno nei Paesi nordici sragiona ancora di azzardo morale e alza il ditino verso l’Italia, sembra non aver capito che il coronavirus può essere la pietra tombale sul progetto europeo.

E nessuno come l’ex presidente della Bce è più consapevole dei danni di una seria crisi di fiducia. Draghi domò quella dei mercati e salvò l’euro, otto anni fa. Scongiurare la pericolosissima crisi di fiducia nell’Europa che sta già serpeggiando tra molti cittadini, è un imperativo categorico che i governi dovrebbero assumersi subito.

Il modello, del resto, c’è: negli Stati Uniti la Fed e il governo Trump si stanno muovendo mano nella mano per sconfiggere lo tsunami economico dell’economia. È la potenza simmetrica di politica monetaria ed economica il segreto degli americani, è il motivo per cui un decennio fa uscirono prima di tutti anche dalla Grande crisi. In Europa – è la preoccupazione esplicita di Draghi – questa simmetria manca. La Bce c’è, come nel 2012, e ha schierato il suo bazooka.

Ma non può farsi carico da sola di una crisi che farà impallidire quella del 2008. Ecco perché Draghi lascia capire che serve uno strumento europeo comune – come gli eurobond – che consenta a Roma, Berlino, Vienna o Bratislava di decidere chi salvare e come. Ecco perché serve, come ha scritto in un passaggio centrale dell’articolo, una mobilitazione a tutti i livelli che dimostri la capacità degli europei «di sostenersi a vicenda in quella che è evidentemente una causa comune». Altrimenti, il coronavirus rischia di uccidere anche l’Europa

Sorgente: Dietro le parole di Draghi un appello alla Merkel (e il sostegno a Conte) | Rep

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