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In regione 1.280 nuovi contagi, che portano a 5.469 il totale; 2.802 ricoverati, cioè 585 in più nelle ultime 24 ore; 440 persone in terapia intensiva (+41); 76 morti in più per 333 totali (9 a Milano). Gallera: «Altre due settimane così non le reggiamo»

Giampiero Rossi

«Gli occhi del paziente che ho intubato questa mattina non li scorderò mai. Per favore, state a casa». Il messaggio di Alessandra, una dottoressa impegnata sul fronte del virus, è arrivato via Facebook e l’assessore al Welfare Giulio Gallera lo legge, scandendone le parole, a conclusione del quotidiano appuntamento in video per fare il punto della situazione. Perché il cuore della comunicazione del responsabile della macchina sanitaria lombarda sta in quelle tre parole: «State a casa».

Il bollettino di giornata di lunedì offre ancora numeri preoccupanti: 1.280 nuovi contagi che portano a 5.469 il totale regionale; 2.802 ricoverati, cioè 585 in più nelle ultime 24 ore; 440 persone in terapia intensiva, con un incremento di 41 letti occupati; 76 morti in più per 333 totali (9 a Milano). Nel capoluogo il conteggio dei tamponi positivi è arrivato a 208 (506 nella provincia, cioè 100 in più in un giorno). Ma ci sono anche 646 dimissioni e il «Paziente 1» è uscito dalla terapia intensiva e respira autonomamente. Gallera accenna ai tanti messaggi e appelli «scorati» di medici impegnati notte e giorno, ma tiene anche a sottolineare che «il sistema sanitario sta reggendo», ricorda che «in quindici giorni siamo riusciti a recuperare 223 nuovi posti in terapia intensiva» e ne annuncia altri 150 pressoché inventati per i prossimi sette giorni. «Ma forse è arrivato anche il momento di inasprire ancora di più le misure», perché «noi altri 15 o 20 giorni con una crescita così forsennata delle persone nei pronto soccorso e nelle terapie intensive non li reggiamo, non li regge la Lombardia e non li regge l’Italia», ha ribadito Gallera martedì mattina.

Resta anche l’ipotesi di container e padiglioni fieristici trasformati in ospedali. Il ragionamento, ripetuto da giorni come «un mantra», è semplice e votato a smuovere le coscienze degli indifferenti che ancora non raccolgono gli inviti a limitare gli spostamenti e le relazioni sociali: il sistema sanitario sta compiendo sforzi enormi e ancora riesce «ad avere più posti di quelli che servono in terapia intensiva », però «se non rallenta la velocità del contagio si rischia che il sistema non regga più». Insomma, i due fronti si muovono: il virus da una parte, la linea Maginot sanitaria dall’altra. Il problema è la velocità. Se il numero di ammalati che hanno bisogno di un posto letto in ospedale e, soprattutto, di terapia intensiva o respiratori per diversi giorni aumenta troppo velocemente, allora anche gli sforzi estremi di queste settimane si riveleranno insufficienti.

Quindi deve subentrare «qualcosa d’altro», cioè l’interruzione o quantomeno il rallentamento dei contagi. Come? «Riducendo la propria vita sociale, i contatti tra le persone». Perché è questo il veicolo su cui viaggia il virus. Di qui il rinnovato appello a «restare a casa» del governo regionale: «Non esiste un farmaco, non esiste un vaccino contro il coronavirus — ripete — l’unico modo per combattere l’epidemia è ridurre drasticamente la nostra vita sociale ed evitare gli spostamenti». E per essere ancora più convincente, l’assessore Gallera cita un dato: il 33 per cento dei ricoverati lombardi in terapia intensiva ha un età compresa tra i 50 e i 64 anni. Quindi, anche se il 37 per cento degli intubati ha tra i 65 e i 74 anni e il 22 per cento è over 75, «non è vero che il virus aggredisce soltanto gli anziani». Proprio lunedì, tra l’altro, al San Raffaele è stato ricoverato in rianimazione un ragazzo di 18 anni. Anche lui colpito dal Covid-19.

Intanto il presidente Attilio Fontana annuncia che la Regione ha ottenuto il via libera alla cassa integrazione «con effetto retroattivo e con uno stanziamento di 135 milioni di euro per le imprese lombarde» e anche l’apertura di un conto corrente chiamato «Regione Lombardia-Sostegno emergenza Coronavirus» (iban IT76P0306909790100000300089) per raccogliere fondi per le strutture sanitarie. E nello stesso tempo, dopo la donazione di un milione e 250 mila euro da parte di Giorgio Armani, ha superato il milione e mezzo anche la sottoscrizione in favore del San Raffaele aperta dalla coppia Fedez-Ferragni con un contributo di centomila euro.

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