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Per la condanna sarebbero serviti 76 voti a favore. Repubblicani compatti con Trump, bocciato l’impeachment. Solo Romney rompe le fila: «Lo devo ai miei figli»

di Giuseppe Sarcina, corrispondente da Washington

Washington — Ultimo atto del processo a Donald Trump. Il terzo a un presidente nella storia americana. Nessuna sorpresa al Senato. Trump è stato assolto con 52 voti a favore e 48 contrari dall’accusa principale, «abuso di potere». Il quorum necessario per la condanna è di due terzi del totale dei seggi. I democratici hanno potuto contare solo su 47 seggi, a cui si è aggiunto quello di Mitt Romney, l’unico repubblicano a infrangere le consegne di scuderia e l’unico parlamentare che abbia mai votato per rimuovere un presidente del suo stesso partito.

Il senatore dell’Utah, però, si è allineato nella votazione sul secondo articolo, «ostruzione del Congresso» che si è dunque chiusa con un’altra assoluzione con 53 voti a favore e 47 contrari. Romney, già sconfitto da Barack Obama nelle presidenziali del 2012, ha tenuto il discorso più intenso della giornata: «Voglio poter dire ai miei figli e ai miei nipoti che ho fatto il mio dovere, al meglio delle mie possibilità, facendo quello che il Paese si aspetta da me. Voglio essere ricordato nei libri di storia solo come uno dei senatori che oggi diranno quanto il presidente abbia agito male, dolorosamente male».

La risposta dal clan presidenziale è arrivata via Twitter, naturalmente. Firmata da Donald Trump jr, il primogenito del presidente: «Romney va espulso dal partito repubblicano». Il senatore ha spiegato che avrebbe votato a favore di uno solo dei due articoli dell’impeachment: «abuso di potere», perché la condotta di Trump è stata «agghiacciante». È il cuore dell’intero processo che ha ruotato sulla telefonata del 25 luglio 2019, in cui il presidente degli Stati Uniti chiedeva a Volodymyr Zelensky, appena eletto alla guida dell’Ucraina, di riaprire un’indagine per corruzione a carico di Hunter Biden, il figlio dell’ex numero due di Barack Obama e all’epoca, (oggi un po’ meno) considerato l’avversario più pericoloso di Trump nelle presidenziali 2020.

Secondo l’accusa la Casa Bianca bloccò circa 390 milioni di dollari in aiuti militari, già approvati dal Congresso, per smuovere Zelensky. Lo stesso Romney ha aggiunto che avrebbe voluto ascoltare la versione di John Bolton, l’ex consigliere della sicurezza nazionale. Ma il leader dei repubblicani, Mitch McConnell è riuscito a compattare il partito e a respingere di misura, 51 a 49, la richiesta di convocazione presentata nei giorni scorsi dai democratici e appoggiata, oltre che da Romney, dalla senatrice repubblicana del Maine, Susan Collins. Nel corso di una delle audizioni davanti alla Commissione Intelligence, la consigliera Fiona Hill aveva riferito che il suo superiore, Bolton appunto, considerava le manovre a Kiev di Rudy Giuliani, avvocato personale di Trump, alla stregua di «un traffico di droga».

I democratici non intendono abbandonare questa pista. Jerrold Nadler, presidente della Commissione Affari Giudiziari, ieri ha fatto sapere che la questione non si esaurisce con la fine del processo. Le Commissioni della Camera potrebbero convocare al più presto Bolton per una testimonianza pubblica. La politica americana, però, da oggi volta pagina. Trump ha già di fatto archiviato il processo con il discorso dell’altra sera sullo «Stato dell’Unione», proiettato sulle elezioni del 2020. Mitch McConnell mantiene, sia pure con qualche affanno, la presa sul suo gruppo parlamentare.

Sorgente: Impeachment, Trump assolto da entrambe le accuse: abuso di potere e ostruzione al congresso – Corriere.it

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