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Gregoretti, Salvini cambia strategia: in Senato niente ok al processo

Salvini prepara la difesa per il voto di mercoledì in Aula, dove i suoi potrebbero astenersi o uscire

di Cesare Zapperi

Mercoledì l’Aula del Senato voterà sulla richiesta di mandare a processo Matteo Salvini per il caso Gregoretti. Ma a differenza di quanto avvenne in commissione il 20 gennaio scorso, stavolta la Lega potrebbe non esprimersi a favore. Una scelta non determinante ai fini della decisione perché la maggioranza (M5S-Pd-Iv-Leu), che pure allora non partecipò allo scrutinio, ha i numeri più che sufficienti per mandare alla sbarra l’ex ministro dell’Interno. Ma tra i consiglieri più vicini a Salvini c’è chi consiglia di muoversi con cautela.

Si osserva, infatti, che un via libera al processo anche da parte del partito dell’accusato potrebbe costituire una implicita ammissione di colpa in sede giudiziaria. Ecco perché si sta valutando come muoversi esattamente in Aula e le opzioni a questo punto sono due: o astenersi oppure abbandonare l’emiciclo e non partecipare al voto. Tattica parlamentare a parte, Salvini continua a sostenere di essere più che pronto a sottoporsi al giudizio. Lo ha detto anche nel colloquio con l’inviato del New York Times: «Non ho nulla da temere». E a riprova fa filtrare attraverso i suoi canali i capisaldi della sua linea difensiva. Il punto di partenza è racchiuso in una affermazione: «La Gregoretti ha salvato gli immigrati col parere favorevole di Salvini, intervenendo in acque maltesi. È quindi inverosimile immaginare che un ministro voglia salvare delle persone per poi sequestrarle». Cioè, il ministro non può essere stato così machiavellico da correre in soccorso di chi rischiava la vita per poi prenderlo in ostaggio a fini politici. Il Tribunale dei ministri di Catania, invece, ritiene che i comportamenti tenuti dall’allora responsabile del Viminale in quei giorni abbiano integrato l’ipotesi di reato di sequestro di persona.

Ma anche su questo, i legali di Salvini ribattono: «Non si trattava di sequestro: le persone a bordo erano al sicuro e protette. La discesa a terra era rallentata semplicemente dalle trattative per la redistribuzione e per la doverosa verifica delle persone a bordo: è evidente l’interesse nazionale — viene ancora spiegato nel documento in fase di elaborazione —. Va segnalato che il governo tedesco ha poi fatto sapere che tre persone a bordo della Gregoretti erano soggetti in grado di mettere a rischio la sicurezza nazionale». I leghisti insistono poi sulla tesi che tutto il governo era consapevole di quanto avvenendo sulla Gregoretti e che quindi, non avendo nessuno manifestato in modo netto la propria contrarietà, tutti fossero d’accordo con la linea del ministro dell’Interno. «In ballo c’era la difesa dei confini, quindi un interesse pubblico» che l’esecutivo doveva tutelare.

Sorgente: corriere.it

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