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Sahel. Critiche a Macron, privo di strategia e empatia: «Non abbiamo bisogno di leader ma di partner». Strage di soldati nigerini: 89 uccisi nel peggiore attacco jihadista

Stefano Mauro

«Dopo le ultime verifiche, il bilancio è definitivo: 89 militari nigerini morti e 77 jihadisti», ha dichiarato domenica sera il portavoce del governo di Niamey, Zakaria Abdourahame, in riferimento all’attacco nella base nigerina di Chinegodar dello scorso giovedì.

L’attacco peggiore nella storia del Niger anche in confronto alla recente strage a Inates, il 10 dicembre scorso, che causò la morte di altri 71 militari. Modus operandi molto simili con miliziani pesantemente armati che attaccano e poi scappano verso il confine maliano.

Con un lutto nazionale di 72 ore, si è aperto ieri in Francia il vertice di Pau tra il presidente della repubblica Emmanuel Macron e i presidenti dei paesi della missione G5 Sahel (Mauritania, Niger, Burkina Faso, Mali e Ciad), convocati dalla Francia per definire «gli obiettivi della missione congiunta» e per «implementare nuove dinamiche di collaborazione».

Un vertice – che alcuni hanno chiamato la «convocazione di Pau» – considerato dalla stampa dei paesi africani come «tinto di arroganza e goffaggine». Pur ricordando i 13 militari francesi (uccisi in Mali a fine novembre, sette originari di Pau), l’invito e l’agenda del vertice presentati agli Stati africani hanno evidenziato una scarsa considerazione nei confronti della controparte africana, mettendo in risalto l’immagine di una «Francia arrogante che non considera le centinaia di militari africani morti in questi ultimi mesi».

«Credo che Barkhane (operazione militare nel Sahel a guida francese, ndr) sia ancora in un vicolo cieco e la Francia stia ancora cercando una strategia per il Sahel», ha recentemente dichiarato su Le Monde il generale Bruno Clément-Bollée, referente per le operazioni di sicurezza del ministero degli esteri.

Secondo molti analisti, la situazione sta progressivamente peggiorando con nuovi attacchi e massacri di soldati nelle loro basi, soprattutto perché Barkhane non ha «iniziativa sul campo e viene percepita come una forza occupante dalle popolazioni locali».

Con 120 operazioni di combattimento e oltre 4.500 militari impegnati su un territorio vastissimo e difficilmente controllabile, l’operazione non ha finora ottenuto effetti significativi a causa anche dell’evoluzione della natura delle forze jihadiste.

Con il graduale arrivo di veterani jihadisti dalla Siria, queste forze sono state in grado di effettuare numerosi attacchi, grazie anche a un riavvicinamento dei differenti gruppi affiliati sia all’Isis che ad Al Qaeda. I miliziani jihadisti continuano inoltre a beneficiare dell’instabilità nell’area, in particolare in Mali e Burkina Faso, e a sfruttare il caos libico per rifornirsi di armi attraverso traffico di droga e di esseri umani.

«La gestione del Sahel deve essere restituita ai saheliani, come previsto inizialmente dalla missione G5 Sahel – afferma Clément-Bollée – Questa è la volontà espressa dai leader africani nel contrastare la lotta ai gruppi jihadisti, che si deve anche unire al loro sforzo per limitare un sistema politico che alle popolazioni locali appare corrotto e incapace di risolvere questa situazione».

Nel comunicato finale, dopo il recente vertice di Niamey del 15 dicembre, i presidenti dei paesi del Sahel hanno richiesto in maniera univoca un cambiamento non tanto del ruolo, ma soprattutto dell’atteggiamento della Francia.

«Non abbiamo bisogno di una leadership francese, ma di un lavoro di lotta reciproco e siamo aperti a qualsiasi partenariato internazionale che possa aiutarci nella lotta al terrorismo jihadista, soprattutto da parte dell’Onu».

Sorgente: L’«arrogante» Francia convoca il G5 Sahel | il manifesto

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