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Il piano del premier contro il rischio voto: «Al lavoro fino al 2023, così battiamo Salvini»

Ai suoi chiede «nervi saldi»: pensiamo a governare bene

di Marco Galluzzo

Ufficialmente esiste solo una convinzione, ripetuta quasi come un mantra, il test elettorale di oggi «non è sul governo, che ha un orizzonte di legislatura». Ufficialmente è basata anche sul fatto che in Parlamento quasi nessuno vuole andare a votare e dunque difficilmente deputati e senatori della maggioranza farebbero venire meno la fiducia all’esecutivo. Il voto del referendum sul taglio dei parlamentari dovrebbe tenersi quanto prima, forse già ai primi di aprile, e dunque anche questo terreno di incertezza verrebbe sminato. Ufficialmente Giuseppe Conte conta dunque di restare in sella anche se il Pd dovesse perdere in Emilia-Romagna, e «c’è anche la consapevolezza — dice allo staff — che governiamo con il Pd da pochi mesi e che la Lega ha ancora presa soffiando solo sulle paure della gente. Ma cambiando radicalmente il Paese (cosa che non si fa in pochi mesi ma in anni sì), migliorando il Paese, semplificando, deburocratizzando e riducendo in modo importante le tasse, Salvini sarà neutralizzato. Salvini e il centrodestra si battono con le “pratiche di buon governo”, non accettando un terreno di scontro a colpi di facili slogan. Salvini lo batteremo nel 2023. Ora siamo ancora all’inizio».

Con i suoi interlocutori il presidente del Consiglio non ha nascosto i timori per la fase che sta attraversando il Movimento 5 Stelle, che in questo momento si è predisposto a subire una situazione politica che appare perdente in ogni caso, anche se il Pd dovesse prevalere. E non solo per la sconfitta, l’incertezza sulla leadership del futuro, ma anche per i rapporti interni al governo che sarebbero comunque destinati a mutare. Ecco perché esiste una versione di Conte diversa, preparato al peggio, che dice ai suoi collaboratori «pancia a terra, nervi saldi e continuiamo a lavorare», come se un possibile cataclisma potesse abbattersi stasera su Palazzo Chigi ed è chiaro che occorrerà coesione, lucidità, appunto nervi saldi, per eventualmente contrastare la richiesta di urne anticipate che una Lega vittoriosa avanzerebbe di fronte al capo dello Stato e a tutto il Paese un attimo dopo lo spoglio delle schede elettorali.

Ma Conte deve fare attenzione persino agli effetti collaterali di una possibile vittoria del Pd in Emilia. È già stato accusato, almeno da una parte del Movimento, di farsi trascinare troppo dalle tesi politiche dei democratici, ma se il Movimento subisse una batosta e il Pd vincesse all’interno dell’esecutivo potrebbero mutare i rapporti di forza, con Nicola Zingaretti che avrebbe la tentazione di rivendicare la legittimità di dettare l’agenda. Un primo caso potrebbe riguardare Autostrade, con il Pd orientato al compromesso a differenza dei 5 Stelle. Una rogna in più per Giuseppe Conte, che fra l’altro si trova a fronteggiare anche la strisciante fronda, politica e personale, da parte del partito di Matteo Renzi, che ha già preconizzato la scomparsa dei 5 Stelle alle elezioni emiliane. Insomma non proprio un buon viatico alla vigilia di una verifica sul programma e sull’agenda di governo del prossimo futuro che dovrebbe rilanciare coesione dentro la maggioranza e unità d’intenti.


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