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La nuova commissione europea guidata da Ursula von der Leyen si è appena insediata e già gli Stati membri si dividono su uno dei punti programmatici chiave, quell’European Green Deal che è entrato anche nel discorso di Lagarde (Bce)

di Roberta Castellarin

La nuova commissione europea guidata da Ursula von der Leyen si è appena insediata e già gli Stati membri si dividono su uno dei punti programmatici chiave, ossia quella transizione verso politiche energetiche meno inquinanti in modo da ridurre drasticamente le emissioni di CO2, quello che è stato definito un vero e proprio European Green Deal.

A rompere le fila sono stati ancora una volta i Paesi dell’Est Europa, che ancora dipendono ancora molto da fonti energetiche inquinanti. In particolare Polonia e Repubblica Ceca hanno chiesto aiuti finanziari extra come condizione per sottoscrivere un obiettivo che porti l’Europa a essere la prima area Carbon neutral entro il 2050. Von der Leyen ha offerto ai paesi scettici un “fondo di transizione” che mobiliterebbe fino a 100 miliardi di euro per aiutare i Paesi dipendenti da combustibili fossili a passare a sistemi energetici più ecologici e aiutare a trovare nuovo lavoro per le persone nelle regioni con miniere di carbone. Tuttavia lo sforzo non è stato sufficiente. Estonia, Ungheria e Repubblica Ceca hanno ceduto, ma la Polonia ha rifiutato di approvare l’obiettivo. Si è persa così l’ultima chance di approvare il piano all’unanimità.

Von der Leyen ha affermato che tra tre mesi proseguirà con una proposta legislativa vincolante, indipendentemente dal fatto che abbia un sostegno politico unanime da parte del Consiglio. Una proposta legislativa di questo tipo avrebbe bisogno solo di una maggioranza qualificata per passare e la Polonia non potrà porre il veto. Detto questo l’incapacità di ottenere un sostegno unanime è un segnale preoccupante per le prospettive dell’accordo verde dell’UE. “Oggi abbiamo avuto intense discussioni e possiamo dire che tutti possiamo impegnarci per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050”, ha detto ai giornalisti il cancelliere tedesco Angela Merkel, aggiungendo “Uno stato membro, la Polonia, non ha potuto impegnarsi oggi su come eseguire l’implementazione, e quindi abbiamo deciso di rivederci nel giugno del prossimo anno”. Ma per tutti al vertice, era molto chiaro che un forte divario Est-Ovest rimane in Europa sulla questione del cambiamento climatico.

Intanto proprio il Green Deal è entrato, invece, a sorpresa nel primo discorso da presidente della Bce di Christine Lagarde. Martin Moryson, Chief Economist Europe di Dws sottolinea: “Aanche se non ci sono stati molti cambiamenti in materia monetaria, il nuovo Presidente della Bce ha mostrato certamente il suo stile. Da un lato, Largarde ha spiegato che la già annunciata revisione della strategia monetaria e del toolkit della BCE dovrà essere condotta in modo approfondito, senza pregiudicare il risultato. Ampie parti della società civile dovrebbero partecipare e il processo di revisione concluso in un lasso di tempo generoso (entro la fine del 2020). D’altro canto, ha già sottolineato che tre aree tematiche avranno la priorità, vale a dire le sfide della digitalizzazione (valute digitali), i cambiamenti climatici e le crescenti disuguaglianze economiche. Un passaggio non convenzionale per una banca centrale”. Moryson aggiunge: “L’inclusione di obiettivi di politica climatica è suscettibile di provocare discussioni accese, soprattutto in Germania (nonostante la popolarità generale dell’argomento nel più grande Stato membro dell’Eurozona). La Bundesbank è sempre stata una sostenitrice di un’interpretazione (molto) ristretta del mandato di politica monetaria. Forse memore di questo, Largarde non ha fornito ulteriori dettagli, probabilmente perché vuole prima raggiungere un consenso all’interno del consiglio direttivo”.

Lagarde è colomba o falco? “Più un gufo, come lei stessa ha modestamente affermato, che cerca il consenso con i suoi colleghi. Dopo tutto, ha ereditato da Mario Draghi un consiglio un po’ diviso. Di conseguenza, anche le loro aspettative di un maggiore interesse per la politica fiscale e un maggiore impegno per gli obiettivi di politica climatica si sono mitigati. Ovviamente non sono stati pochi i confronti in questa sede. Tuttavia, il ruolo che ricoprono all’interno della Bce ha già leggermente modellato le loro prospettive”, risponde Moryson.

D’altronde Moryson ricorda che “Il contesto economico è appena cambiato. Crescita debole e rischi di ribasso, ma meno pronunciati che nel recente passato. Tuttavia, le prospettive sono piuttosto positive. Occorre tenere inoltre presente che la revisione strategica non sarà completata prima della fine del 2020. La stessa Bce non prevede di raggiungere l’obiettivo di inflazione entro il 2022. Pertanto, per un periodo di tempo più lungo, è probabile che non cambi molto in termini di politica monetaria concreta”.

 

Sorgente: Dall’Est soffia un vento contrario al Green Deal – MilanoFinanza.it

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