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A Bologna ovazione per il sindacalista, applausi per chi invoca una svolta su Dl Sicurezza, ius soli e Ilva. Il moderatismo è minoritario. Gori avverte: “Se va così, Renzi festeggia”

by Giuseppe Alberto Falci

BOLOGNA – Passano centoventi giri di orologio prima di sentire un applauso da stadio. La sala Convegni Fico, che ospita la kermesse bolognese del Pd e contiene oltre due mila persone, esplode quando Aboubakar Soumahoro, sindacalista dell’Usb che lotta contro il caporalato e autore di un libello dal titolo “Umanità in rivolta” (Feltrinelli), scolpisce un concetto che sarebbe dovuto essere uno dei cardini del patto di governo con i 5 stelle: “La cancellazione dei decreti sicurezza è una questione di civiltà”, si sgola dal palco. Boom. Le corde vocali dell’italo-ivoriano Aboubakar non si placano nonostante sia travolto da questo fiume di esultanza. Un attimo dopo, il sindacalista tocca un altro nervo del governo giallorosso: “A proposito di Ilva, salute e diritto del lavoro non possono essere in contrapposizione”.

Fin lì nessuno aveva osato pronunciare la parola “llva”, un tabù che sabato era affrontato dal solo vicesegretario dem Andrea Orlando. Succede allora che appena Soumahoro scende dal palco si leva un applauso impressionante. “Sei stato bravissimo”, lo accolgono i ministri sono seduti nelle prime file di questa plenaria del Pd che conclude la tre giorni di “Tutta un’altra storia”, evento organizzato da Gianni Cuperlo. Mentre si scaldano gli animi e i cuori dei partecipanti, forse non più abituati a sentire quei concetti di sinistra, Aboubakar si alza e si dirige verso l’esterno della sala. Cinquanta passi nei quali viene travolto dai militanti che lo fermano per stringergli la mano, per fargli i complimenti, insomma per comunicargli che la platea gradirebbe che quei concetti siano parte del dna di un partito, figlio della tradizione di sinistra, ma che soprattutto diventino punti fondanti del programma del governo Conte 2.

“Come lo vedi Aboubakar segretario?”, si domanda il giovane Riccardo, millennial dell’Università di Palermo, giunto nel capoluogo emiliano dalla lontana la Sicilia. “La mia non è una boutade, è una necessità”, assicura. Sia come sia in questa sala che ribolle, il filo rosso rimanda a una critica spietata a quello che è stato il Partito democratico fino ad oggi. Va da sé che la stagione del renzismo viene archiviata definitamente. Con gli ex fedeli del già sindaco di Firenze, e ce ne sono tanti, che storcono il naso ogni qualvolta qualcuno osa criticare l’ex segretario. Ecco perché un altro passaggio chiave che rende felice la platea è quando Francesca Chiavacci, presidente di Arci, urla dal palco: “La sinistra ha pensato di potere fare a meno del contatto. La sua presenza sul territorio, talvolta, si è cancellata”. Il pensiero torna a piazza Maggiore, giovedì scorso, alle dodicimila “sardine” che hanno risposto con i numeri al PalaDozza di Salvini. Su questo punto Chiavacci insiste: “Questo partito non è riuscito a farsi interlocutore di queste piazze”. Tutte critiche che arrivano da sinistra, da una sinistra stufa dell’atteggiamento ondivago di un partito, il Pd, che ha sposato il liberismo e il governismo tralasciando, ad esempio, le disuguaglianze sociali.

 

 

E da chi, come Gianni Cuperlo, apre i lavori sottolineando che il titolo di questa tre giorni è la scelta di “avere un legame diverso con la società italiana”. Partendo dal “dare una cittadinanza a chi vive, cresce, studia, lavora in Italia” perché “questa è una vera riforma oltre che un traguardo morale oltre che politico”. Diritti civili e migranti, due questioni legate a doppio filo. Non a caso Elly Schlein, ex europarlamentare, un tempo di rito civatiano, si prende gli applausi con il solito coté di argomenti. Capitolo Ilva. “È mancata la visione sulla acciaieria di Taranto”. Capitolo migranti. “Bisogna cancellare i decreti sicurezza perché il primo sta smantellando l’accoglienza diffusa”. Senza dimenticare una randellata a chi come Matteo Renzi ha preso la via di fuga: “Smettiamola di rincorrere il centro e i moderati, il centro è sovraffollato da proposte personalistiche”.

Non mancano i rilievi dall’ala più moderata del partito, vedi alla voce Giorgio Gori. “Ieri fra i tavoli ho respirato molta idealità e un po’ meno realtà. Ma la politica si fa nella realtà. Si è parlato poco di crescita, produttività, entità del debito pubblico”. Il sindaco di Bergamo la prende larga, salvo poi avvertire i compagni di partito: “Se volete possiamo rifugiarci nella critica al capitalismo. Se volete possiamo abiurare il jobs act. Se volete possiamo rinnegare i governi Letta, Renzi…. Ecco, se questa è la strada che prende il nostro partito fossi in Renzi festeggerei”.

È però solo un passaggio di una mattinata in cui la maggior parte dei relatori si focalizza sui valori di sinistra. Non a caso anche Graziano Delrio è voluto partire dall’Ilva, sulla quale “il presidente del Consiglio ha piena fiducia, ma vogliamo essere protagonisti, non delegheremo nulla”. Il tutto senza perdere di vista il concetto di “comunità”, e il cosiddetto “ salario minimo”, che è un altro dei tasselli di un programma ideale della sinistra italiana.

Detto questo, prima delle conclusioni affidate a Nicola Zingaretti, che inserisce nell’agenda di Governo lo stop ai decreti sicurezza, lo Ius Soli e misure di equità fiscale, tocca a Paolo Gentiloni, oggi commissario europeo, tirare le file: “Sosteniamo il governo, siamo i campioni del sostegno, e non è la prima volta, ma non siamo le cariatidi del governo e ancora meno un partito che sventola le bandierine sotto forma di emendamenti sotto questo governo. Ciò nuoce alla stabilità del Paese e l’instabilità la pagano gli italiani”. Eppure dal fondo della sala la richiesta è una sola: “Dobbiamo essere di sinistra”. Punto e basta.

Pd

Sorgente: Tanta richiesta di sinistra. “Come lo vedete Soumahoro segretario Pd?” | L’HuffPost

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