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Il presidente smentisce gli attacchi: ma se i terroristi non se ne vanno martedì ricominciamo l’operazione”

I combattimenti sono continuati nel primo giorno di tregua nel Nord-Est della Siria, con cinque civili morti in un raid dell’aviazione turca, un elicottero turco abbattuto, mentre Recep Tayyip Erdogan ha ribadito che l’offensiva riprenderà, martedì prossimo, se non avrà ottenuto la sua «zona di sicurezza» larga 440 chilometri e profonda 32. Il leader turco ha detto che le notizie di violazione della tregua sono «disinformazione» ma ha anche smentito la promessa di ritiro delle truppe di Ankara, una volta ottenuto il disarmo dei guerriglieri curdi: manterrà nella regione «12 posti di osservazione», cioè basi dell’esercito turco come quelle già presenti nella provincia di Idlib. Una presenza che non potrà essere contestata neppure dal governo di Damasco, in quanto in caso di attacchi ai suoi soldati, la risposta sarebbe «immediata».

L’ultimatum

Il cessate-il-fuoco è quindi soltanto una «pausa» nelle operazioni. «Se gli Stati Uniti non rispetteranno le promesse, alla fine del periodo di 120 ore, martedì notte – ha minacciato Erdogan-, la Turchia proseguirà con determinazione l’operazione». Più che un accordo, sembra un ultimatum. Il leader turco è però consapevole che ritiro e disarmo delle Ypg non possono essere garantite dalle forze statunitensi. I militari di Washington hanno abbandonato quasi tutte le basi, una dozzina, che avevano nel Rojava. La più importante, vicino al cementificio Laforge, dove c’era anche il quartier generale anti-Isis, è stata distrutta con un raid degli F-15. Le forze residue sono state radunate nell’aeroporto alla periferia di Kobane, da dove vengono evacuate con aerei C-130.

Quindi Erdogan ha detto di non avere «problemi» se del ritiro dei curdi si occuperanno la polizia militare russa e l’esercito siriano: «Se disarmano i terroristi per me va bene, sono affari loro». E in questo senso l’incontro con Putin previsto martedì a Sochi, proprio nel giorno di scadenza della tregua, sarà «un’altra tappa» del processo «per la creazione della fascia di sicurezza». Il leader turco vuole però che insegne delle Ypg e guerriglieri armati «scompaiano» dalla frontiera. E questo potrebbe creare tensioni fra le Ypg e l’esercito siriano. I curdi non vogliono rimanere disarmati e alla mercé del regime. Finora il passaggio di consegne è stato fatto in armonia, con la creazione di pattuglie miste, senza che i guerriglieri fossero costretti a consegnare le armi.

Anche perché la leadership curda e Assad hanno in questo momento un’urgenza in comune. Impedire che turchi e milizie arabo-sunnite dilaghino. Nella notte fra giovedì e venerdì le Forze democratiche siriane hanno accettato la tregua e invitato la Turchia a rispettare il cessate-il-fuoco a «Tall Abyad e Rass al-Ayn», le due città più coinvolte negli scontri. Senza fare però riferimento ad altre zone del fronte e soprattutto alla richiesta turca di ritirarsi.

La resistenza di Ras al-Ayn

Ieri però i combattimenti sono continuati a Ras al-Ayn, la città che da 9 giorni resiste all’assalto dell’esercito turco.

I guerriglieri curdi della Ypg tengono ancora il centro ma la città è rimasta per ore sotto il fuoco dell’artiglieria turca, curdi e miliziani si scambiavano tiri di mitragliatrici, mentre in serata un elicottero turco sarebbe stato abbattuto. Più a Est, nella zona di Bab al-Kheir, cinque persone sono morte in un raid turco, come ha confermato l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Gli attivisti curdi sono tornati a denunciare l’uso di «armi proibite», in particolare «fosforo bianco», vietato dalle convenzioni internazionali. L’Onu ha aperto un indagine. Amnesty International ha detto di avere «prove schiaccianti» su «crimini di guerra» commessi da forze turche e dai miliziani.

Sorgente: Erdogan: i profughi nelle mie zone di sicurezza. I caccia turchi violano il primo giorno di tregua – La Stampa

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