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Se avessi portato al mio caporedattore un pezzo con il nome di una bambina coinvolta in una storia come quella di Bibbiano, forse ancora starei correndo sul lungomare di Messina, inseguita dai suoi improperi.

Se poi avessi messo in pagina una foto di quella bambina, sarei stata chiamata, tempo mezz’ora, nella stanza del direttore a giustificarmi. E mai, mai quel pezzo sarebbe uscito.

Semplicemente, non si può pubblicare la foto, e il nome, di minori coinvolti in procedimenti giudiziari, e men che meno se si tratta di vicende di abusi: nulla che consenta di identificare il minore. E questo prescinde anche dall’eventuale consenso dei genitori.

Si chiama Carta di Treviso, è un codice di autoregolamentazione firmato nel 1990 dall’Ordine dei giornalisti, dalla Federazione della stampa italiana e da Telefono azzurro. Fa parte dei doveri del giornalista. Farebbe parte, in teoria, dei doveri di chiunque sia interessato alla comunicazione corretta e non lesiva dei diritti dei più deboli.

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Purtroppo un leader politico, e soprattutto ex vicepremier e ministro dell’Interno, evidentemente non è tenuto a rispettare niente del genere, visto che l’ex ministro Matteo Salvini ha ritenuto di esporre sul palco del raduno di Pontida una bambina, chiamata Greta, che sarebbe stata strappata e poi restituita alla famiglia – almeno secondo quello che l’ex ministro ha raccontato con toni vibranti al suo plaudente uditorio.

Gente straziata dalla vicenda di Bibbiano, e che aveva già copiosamente applaudito Salvini quando, dopo l’incresciosa vicenda del giretto del figlio sulla moto d’acqua della polizia, aveva tuonato: “Mi vergogno per chi coinvolge i bambini nella polemica politica. Figli e minori vanno tenuti fuori”.

Dev’essere il solito cortocircuito psichico: se la prende sempre con chi fa le cose che ha appena fatto lui, o che rifarà. Tipo far cadere i governi, o coinvolgere figli e minori nella polemica politica.

Da ieri, ci si chiede in rete se davvero quella bambina fosse coinvolta nel caso Bibbiano. Perché le cose sono due: o lo è (ed è irrilevante che si chiami Greta, o che sia un nome scelto per celare la sua vera identità: nel momento in cui se ne mostra il volto, non ha alcun senso un nome finto “di protezione”), ed è davvero assurdo che per protestare contro chi sfrutta i bambini si tenti di sfruttare la presenza di una bambina (oltre alla circostanza davvero bizzarra che per proteggere un minore lo si esponga e si esponga la sua delicata vicenda in pubblico).

O non lo è – come qualcuno sta dicendo in Rete (Selvaggia Lucarelli ha twittato di avere informazioni certe su questo punto: la bambina in questione non sarebbe menzionata nell’ordinanza del Gip, non c’entra nulla con Bibbiano e vive altrove) – il che rende la cosa solo più grottesca, ma, nei confronti della bambina esposta sul palco, chiunque sia, altrettanto abietta e inqualificabile.

Selvaggia Lucarelli

@stanzaselvaggia

Mi comunica un magistrato che la bambina GRETA portata da SALVINI sul palco di Pontida NON E’ MENZIONATA NELL’ORDINANZA del GIP di Reggio Emilia riguardante il “caso Bibbiano”. Inoltre il suo caso non sarebbe stato neppure tra quelli seguiti dai Servizi Sociali della Val d’Enza.

4.507 utenti ne stanno parlando

L’ex ministro poi ha twittato, pubblicando di nuovo la foto di mamma e bambina: “Ringrazio questa mamma e questa bimba, che hanno avuto coraggio: Greta è una delle tante, troppe bambine (decine di migliaia) portate via alla mamma e al papà, a Bibbiano e in altri Comuni Italiani. Greta per fortuna è tornata a casa, altri ancora no”.

Ok, non sarà Bibbiano – il tweet confonde a bella posta le acque e tenta di disinnescare la polemica, aggirando il punto – ma la vicenda è identica, e repellente allo stesso modo.

Prima Bibbiano, o prima i babbioni che abboccano a questa spregiudicata e feroce propaganda? Giù le mani dai bambini, perché poi così possiamo portarli sul palco?

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Sorgente: Salvini ricade nel cortocircuito psichico, può vergognarsi di se stesso | L’HuffPost

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