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Da quando Pd e Cinque Stelle stanno trattando, l’unico ostacolo sembrano essere le sparate e le richieste del capo politico pentastellato. Un gioco al rialzo finalizzato ad avere un ruolo, ma rischiosissimo. Perché in questa stagione, Di Maio non è indispensabile. E adesso rischia davvero grosso

Gliel’ha detto perfino il prete, il suo presunto padre spirituale don Peppino Gambardella: “Luigi Di Maio mostri al Paese intero che non è legato alla poltrona e che vuole fare solo il bene dell’Italia” ha dichiarato all’Adnkronos, predicando a reti unificate. E se perfino il pastore della sua anima decide di prendere parola, seguendo bene o male già la linea segnata da Grillo, significa che c’è qualcosa di vero nel retroscena che vede Luigi Di Maio accartocciato più su una trattativa personale che su un accordo per il Paese. Che poi, a vedere bene, nella traiettoria che ci ha portati fin qui, all’inimmaginabile tentativo di approccio tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, sono in molti quelli che ci guadagnano anche pro domo sua: c’è Renzi rivitalizzato da una trattativa che si è tempestivamente intestato, c’è una sinistra a sinistra del Pd che era praticamente scomparsa e potrebbe inaspettatamente rientrare in gioco, c’è l’ala sinistra del Movimento 5 Stelle (e tutti quelli che mal sopportavano le salvinate di Salvini) che potrebbero tirare un sospiro di sollievo, c’è tutto l’arco parlamentare che non deve rimettere in gioco la propria poltrona e faticare per un buon posto in lista elettorale (e questo vale per tutti, indistintamente), ci sono i dialoganti del Pd che hanno avuto la loro rivincita e infine c’è Giuseppe Conte che potrebbe addirittura riuscire a essere l’uomo di garanzia di due governi praticamente contrari come nei sogni più reconditi dei più ambiziosi democristiani.

Lui, Di Maio, invece si è ritrovato a sostenere una trattativa che fin dall’inizio l’ha visto contraddittorio e inquieto, sommerso dai colpi del Capitano leghista e di Casaleggio e delle fronde interne del partito e degli elettori grillini educati in tutti questi anni ad allevare un tignoso dissenso per tutto ciò che hanno di fronte, Di Maio incluso. Si ritrova quindi a fare la parte del mediatore simulando (non benissimo, per la verità) la parte dell’illuminato super partes nonostante veda in bilico la propria leadership all’interno del Movimento e si ritrovi a dover costruire un nuovo rapporto con nuovi alleati: da fuori sembra addirittura che tornerebbe comodo comodo nelle braccia di Salvini, pronto a farsi erodere ancora fino a diventare torsolo, pur di non dover rispondere ai contraccolpi di una novità che ne modifica le abitudini. Se aveva intenzione di non dimostrarsi conservatore questo suo ultimatum continuo che vorrebbe essere decisionismo e invece sbuffa come una dannosa indolenza è la fotografia perfetta della difficoltà di ambientarsi in questa nuova veste e situazione, qui ora dove tutto viene messo in discussione.

Questo suo ultimatum continuo che vorrebbe essere decisionismo e invece sbuffa come una dannosa indolenza è la fotografia perfetta della difficoltà di ambientarsi in questa nuova veste e situazione

Non sappiamo se davvero il capo politico del Movimento 5 Stelle abbia potuto credere alle sparate di Di Battista che l’ha invitato a esercitare con spregiudicatezza la tattica dei due forni come i tempi di andreottiana memoria ma di sicuro le sconclusionate uscite pubbliche come quella di ieri dopo la consultazione con Conte (in cui si è appeso al programma dei 5 Stelle ma in realtà sudava all’idea di dover mettere in discussione alcuni provvedimenti di questi mesi di governo) ma di certo sarebbe inimmaginabile che il ragazzo sia talmente acerbo da credere di poter cambiare il governo con un alleato diametralmente opposto alla Lega continuando serenamente a fare le cose che faceva prima per di più con lo stesso presidente del Consiglio. Se davvero questo deve essere il governo del cambio di passo e della discontinuità come ha spesso ripetuto il segretario del Pd Nicola Zingaretti e lo stesso presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte appare piuttosto difficile non mettere in discussione e modificare le politiche portate avanti fin qui. Il tutto ha anche una potente valenza di strategia politica: fare la destra sbiadita per simulare i passi di Salvini è il modo migliore per aprire ancora di più la strada al leader della Lega. Per informazioni basta citofonare a Minniti, solo per fare un esempio facile facile.

Forse sarebbe il caso che anche Conte, che si è guadagnato i gradi di punitore già contro Salvini, alzi la voce per dire che da presidente del Consiglio debba essere lui, piaccia o no, a fare la squadra e a decidere i ruoli

Quindi viene da chiedersi se non sia il caso, una volta per tutte, che al di là di qualche sparuto segnale di fastidio da qualche parlamentare grillino intervenga anche Beppe Grillo(che sul governo giallorosso ci ha investito fin dall’inizio) e tutti quei deputati e senatori che negli ultimi giorni si sono gettati pancia a terra a descrivere le mirabolanti opportunità del Conte bis. Forse sarebbe il caso che anche Conte, che si è guadagnato i gradi di punitore già contro Salvini, alzi la voce per dire che da presidente del Consiglio debba essere lui, piaccia o no, a fare la squadra e a decidere i ruoli. Perché sia chiaro a questo punto che Di Maio ci ripeta il programma dei 5 Stelle dopo avere riferito al Presidente della Repubblica e dopo avere trattato a lungo con Zingaretti pone più di qualche interrogativo. Gli altri sono d’accordo con lui? Che ne dice ad esempio Casaleggio? Che ne dicono i parlamentari più rappresentativi? Perché se il Conte bis è figlio di un vero, reale, sentito progetto politico allora anche Di Maio potrebbe non essere utile, oltre che non indispensabile.

Sorgente: Attento Di Maio, ti stai facendo fuori da solo – Linkiesta.it

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