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Salvini non l’ha invitato, Conte dice di non conoscerlo. E pur di sviare l’attenzione, il leghista arriva a minacciare una (finta) crisi di Governo. Senza risposta la domanda: con chi sta l’Italia?

By Alessandro De Angelis

Come se fosse l’imbucato alle feste di compleanno degli adolescenti. Nessuno lo ha invitato, nessuno lo conosce, Savoini chi?, anche se presente al bilaterale con Putin, sia alla Farnesina sia alla cena di Villa Madama. È fin troppo chiaro nella sua goffaggine il tentativo di Matteo Salvini di prenderne le distanze, ai limiti della negazione dell’evidenza. Eccolo il loquace ministro dell’Interno, più nervoso e accaldato del solito, in una conferenza stampa che si rivela un esercizio acrobatico, in cui la notizia è il non detto, più del detto.

Al netto delle intemerate contro i giornalisti che “menano il torrone”, dell’insofferenza sull’inchiesta “ridicola”, di battute meno riuscite del solito stampate su un viso più torvo del solito, di minacce di querela, vecchio tic di un potere che non ama le domande, quel che resta della prima, vera, uscita pubblica di Matteo Salvini sul tema è il tentativo di fuggire da questa storiaccia, l’atteggiamento tipico dei politici in difficoltà, a cui si adegua anche il ribaldo macho che ha in mano l’Italia. Tutto si riduce a un “non l’ho invitato io” né alla Farnesina né a Mosca, e a un “che cosa ne so cosa ci facesse al tavolo, chiedetelo a lui”. Cosa che probabilmente faranno i giudici in relazione all’incontro del 18 ottobre scorso al Metropol di Mosca, in cui si sarebbe parlato di una commessa di gasolio e cherosene all’Italia per ricavarne una commissione da spartire, la cui parte italiana sarebbe dovuta servire a finanziare la Lega.

 

 

Insomma, Salvini ripete che il suo ex portavoce, la cui sede dell’associazione Lombardia-Russia è proprio a via Bellerio, non agiva per nome e per conto della Lega, ma non si capisce a che titolo fosse alla cena di gala offerta a Putin o che ci facesse il ministro dell’Interno a Mosca alla riunione di Confindustria russa il 17 ottobre scorso, quale fosse cioè il senso istituzionale o economico dell’incontro. Ecco, Savoini chi?, in una giornata tecnicamente surreale in cui il caso, politicamente gigantesco, non precipita sul terreno del Governo, allegramente impegnato in una sorta di gioco dell’imbucato. Anche il premier si sente il dovere di intervenire, per la prima volta, sulla questione limitandosi a chiarire che neanche Palazzo Chigi aveva la responsabilità del posto a tavola: “Non conosco Savoini. Alla cena erano invitati ‘autonomamente’ i partecipanti al forum gestito, fra gli altri, dall’Ispi”.

 

 

Tutto qui. Un po’ poco su una questione che investe il Governo nel suo insieme, a prescindere dall’aspetto giudiziario di cui si sta occupando la Procura di Milano: la sua autonomia, la sua indipendenza, la sua  linea di politica estera, la sua posizione rispetto al gioco pericoloso di Salvini. Perché la vicenda dei nastri pubblicati da Buzzfeed squarcia il velo sull’ambiguità delle relazioni internazionali del leader leghista: amico di Putin, ma che ambisce a diventare amico di Trump, isolato nelle cancellerie europee e in aperto conflitto con la Francia, vissuto con sospetto dalla Germania e impegnato a costruire una rete di destra con la Le Pen e Orban. Il nastro suona come un campanello d’allarme su questo terreno complicato su cui si è mosso Salvini, svelandone se non la ricattabilità quantomeno la vulnerabilità di un gioco condotto in modo spericolato e grossolano. È difficile infatti pensare che i dubbi degli americani sui suoi legami con la Russia siano stati fugati dall’intransigenza in Europa contro l’asse franco-tedesco. E in parecchi ritengono che le recenti mosse per accreditarsi presso la Casa Bianca abbiano suscitato i sospetti dell’amico Putin, anche perché, al di là della retorica, non risultano iniziative concrete da parte del leader della Lega per alleggerire le sanzioni.

Tante domande, in questa storia, sono destinate a rimanere senza risposta, a partire dal “chi ha registrato quell’audio” e dal “chi lo ha diffuso seguendo un preciso timing”, stesse domande che si è fatta la stampa austriaca un mese e mezzo fa quando è scoppiato lo scandalo Strache. Ma c’è una domanda la cui non risposta avvolge in un velo di omertà politica il Governo su una questione di interesse nazionale: quale è il suo tasso effettivo di “sovranità” di fronte alle scelte di collocazione geopolitica del paese?

Parliamoci chiaro: quel che sta andando in scena è un tentativo piuttosto maldestro e goffo di parlare d’altro, eludendo appunto questa questione di fondo. Si spiega così la drammatizzazione, da parte di Salvini, sul decreto sicurezza, quasi minacciando la crisi di Governo quando era chiaro che sarebbero stati accolti gli emendamenti, il successivo post per cantare vittoria sulla madre di tutte le battaglie, poi la frenetica loquacità anche sul caso Torino, con un attacco a freddo agli alleati che “governano solo con i No”. Una agitazione a proposito della quale le solite fonti pentastellate hanno invocato l’utilizzo di valeriana, tranne poi scegliere il tema dei diritti sindacali dei militari, per dare anche loro un titolo al teatrino di giornata. Si percepisce un certo compiacimento del partito di Di Maio delle grane altrui, utili per rivendicare una diversità morale rispetto a chi ha contatti con petrolieri e Stati stranieri. Ma sotto il tasso minimo, davvero minimo, di propaganda consentita c’è poco o nulla, perché trasparenza vorrebbe che si dicesse da che parte sta il Governo nel sistema di alleanze internazionali, che cosa ne pensa il premier e il partito che in Parlamento ha ancora la maggioranza relativa. E magari si rivolgesse qualche domanda all’alleato. Per molto meno, su altri casi, l’asticella dell’indignazione è stata posizionata molto più in alto.

 

Sorgente: Savoini chi? | L’HuffPost

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