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Il presidente dell’Europarlamento: «Abbiamo spaccato il fronte sovranista. Anche i Paesi come l’Italia, che si sono ritrovati divisi, possono rientrare nel gioco europeo»

L’Europarlamento avvierà la riforma della governance Ue per chiedere più poteri democratici. Pronta anche un’inchiesta sulle ingerenze esterne, Russia in testa. Il neopresidente David Sassoli non ha dubbi: «Ci siamo ripresi il cantiere europeo».

Archiviata la complessa disfida che ha condotto Ursula von der Leyen al vertice della Commissione Ue, il secondo “numero uno” italiano dell’assemblea comunitaria prevede una «legislatura politica e pragmatica», obbligata a dare «risposte concrete ai problemi della solidarietà, all’immigrazione, alla coesione sociale, allo stato di diritto». Esulta per la vittoria europeista e ammette col sorriso di essere «finito nel frullatore», però concede di prenderla «come un privilegio e non certo come un peso».

Programma il futuro, coltiva l’idea di qualche giorno di vacanza, sebbene «prima ci sono ancora parecchie cose da fare», del resto settembre è quasi domani. Al momento buono, Sassoli confessa che porterà con sé almeno due libri, “Il Mediterraneo in barca” di Simenon e “1919/ La grande illusione” di Eckart Conze. Due punti di vista sull’Europa, angolature diverse da cui trarre ispirazione. Anche per ragionare su come si è spaccato il fronte europeista al momento di decidere i nuovi vertice Ue. E poi?

«A Ursula von der Leyen – risponde l’esponente del Pd – è stato attribuito il mandato ad avviare il percorso per formare la nuova Commissione, un cammino fatto di contenuti e persone che devono coincidere. Lei ne è consapevole, lo ha ribadito anche a La Stampa: è un potere degli Stati quello di proporre i nomi dei candidati ed è prerogativa della presidente anche di rifiutarli con precise giustificazioni».

Il compito di Strasburgo?
«Ora siamo chiamati a giudicare e a votare la coerenza di questa impostazione».

Invoca una legislatura della discontinuità. Cosa intende?
«Intendo che è il tempo di precisare le politiche e le riforme necessarie per il futuro. In questi pochi giorni abbiamo sentito parole chiare sulle esigenze di flessibilità, sulla dimensione sociale – dunque sul salario minimo e l’indennità di disoccupazione europea -, sul proseguimento del processo di riforma del regolamento di Dublino e sugli investimenti in Africa. Sono cose da fare, tutte e al più presto».

Il caso von der Leyen ha superato il sistema dello spitzenkandidat, il “candidato di punta” al voto europeo. Per il Parlamento è stata una sconfitta?

«Abbiamo reagito e difeso il metodo fino all’ultimo perché lo avevamo promesso ai cittadini. I malumori sono nati a seguito di questa delusione. Ciò spiega perché le defezioni nel voto alla presidente della Commissione siano avvenute nel fronte europeista, fra chi vuole più Europe e non meno».

Che succederà alla figura dello spitzenkandidat?
«In settembre la conferenza dei presidenti presenterà uno schema di iniziativa per disegnare un nuovo quadro democratico in un contesto giuridico ben preciso. Dovrà occuparsi di spitzenkandidat, introdurre le liste transazionali e il potere di veto. Vogliamo una vera riforma della governance che rafforzi il Parlamento».

Come immagina di affrontare un emiciclo che per un buon quarto sarà formato da populisti e sovranisti?
«Pensavano di spaccare l’Europa e invece l’Europa ha spaccato i loro governi e il loro fronte. Immagino una legislatura molto politica, vincolata alle indicazioni avute il 26 maggio da chi ci ha incoraggiato a scommettere su un’Europa più unita. E’ una stagione entusiasmante. Possiamo entrare in un mondo nuovo e permettere agli europei d’essere protagonisti della globalizzazione. Non siamo affatto “alle solite”, come dice qualcuno».

E se fossero “le solite”?
«I cittadini chiedono un cambiamento, è un mandato che non si può tradire. Il dibattito si è spostato. Questo non è un avvio burocratico di legislatura. Il voto ha fatto nascere un patto politico che farà bene alla costruzione europea».

Come tratterà chi volge le spalle all’Inno alla gioia?
«Con l’esempio, che funziona sempre. Se c’è un inno, mi alzo. E così davanti a una bandiera. Lo farò in ogni occasione».

I populisti dicevano che avrebbero spazzato via tutti. Non è andata proprio così.
«E ora si mostrano storditi, perché pensavano che avrebbe colpito al cuore la costruzione europea».

Perché “storditi”?
«Perché le indicazioni del voto sono state chiare. Gli elettori chiedono il rafforzamento dell’Ue e i partiti europeisti hanno vinto».

Come la mettiamo con i Verdi, però. Si sono chiamati fuori dal progetto di unione di tutte le forze europeiste.
«Sono state fatte molte aperture sul fronte ambientale, dalla Banca per il Clima, alla riduzione del 55% delle emissioni di Co2 alla tassazione dei giganti hi-tech, eppure non hanno sentito la necessità di condividere le loro scelte con gli altri. Detto questo, credo che la stagione dell’autosufficienza politica sia conclusa. Nessuna forza può stare da sola se si vuole perseguire un progetto serio di costruzione europea».

Scommetterebbe su un fronte europeista ricompattato?
«Sì, certamente. Se sarà una legislatura politica, sarà anche pragmatica. Dobbiamo dare risposte concrete ai problemi della solidarietà tra gli Stati, all’immigrazione, alla coesione, allo stato di diritto. Lo devono fare tutti».

L’Italia vive sull’orlo di una crisi di governo e le fratture sull’Europa appesantiscono il quadro. Come finisce?
«Adesso comincia il terzo tempo, cioè la fase di formazione della Commissione europea e questo può consentire anche ai governi che si sono ritrovati divisi di rientrare nel gioco europeo».

Hanno scelta?
«Assolutamente no. All’Europa servono paesi stabili. E la stabilità, in questo momento, dipende dal saper stare nel gioco europeo».

È una previsione, questa, oltre che un auspicio?
«Io penso sia conveniente».
La preoccupano di più il protezionismo di Trump o le ingerenze di Putin?
«Mi preoccupa ogni dinamica che cerchi di dividerci. Se c’è una missione oggi per la nostra generazione, è quella di rafforzare il senso della nostra indipendenza e lavorare per un multilateralismo che veda tutti partecipi. Tutti gli Stati europei si sono formati lottando per l’indipendenza e oggi sono chiamati a difendere l’indipendenza dell’Europa».

In che modo?
«In modo pragmatico. La leader del gruppo socialista ha annunciato che a settembre presenterà una proposta per una iniziativa parlamentare per fare chiarezza sulle ingerenze dei paesi stranieri nello spazio europeo. Un tema caldo su cui anche la cancelliera Merkel ha espresso gravi preoccupazioni».

Inevitabile pensare alle notizie che arrivano da Mosca.
«Occorre fare grande attenzione. Bisogna regolare gli strumenti che hanno un peso e un’influenza su di noi».

Parliamo di persone reali. Che idea si è fatto di Ursula von der Leyen?
«Ci siamo già incontrarti diverse volte e ci incontreremo ancora. Ci accomuna il fatto di essere figli di una generazione che ha subito la guerra. E ho visto anche in lei il desiderio di restituire qualcosa a chi ci ha consentito di vivere in una terra di pace».

Ha lavorato a lungo con Antonio Tajani. Cosa le ha consigliato nel passare il testimone di presidente?
«Di essere attento soprattutto ai dettagli».

Sorgente: Sassoli: “Riparte il cantiere Ue. Subito un’inchiesta sulle ingerenze russe” – La Stampa

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