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Nicoletta Dosio, leader storica del movimento No Tav

Parla la leader storica del movimento. Quello che succede ha Roma è sopravvalutato, è un fatto mediatico. Vinciamo noi, questo treno non si farà mai

Maurizio Pagliassotti

Nicoletta Dosio è una professoressa di greco e latino in pensione, fondatrice del Liceo scientifico «Norberto Rosa» di Bussoleno negli anni Ottanta. Fin dal principio della trentennale lotta contro la Torino – Lione ha militato nel movimento Notav, nel quale viene riconosciuta come figura di riferimento della sinistra.

Dosio, quanto volte è venuta di fronte a questo cantiere?

Non saprei rispondere, perché ho perso il conto. Posso però dire che l’ho visto con la neve, con la pioggia, l’ho visto in ogni stagione e con ogni tempo. Mai da sola, sempre con i compagni, anche culturalmente lontani da me. Venire qui mi rende felice: potrà sembrare strano ma è un sentimento diffuso da queste parti.

Che senso ha tornare qui, dopo trenta anni? Soprattutto dopo quanto accaduto a Roma queste settimana?

Cosa è successo a Roma ha un valore eccessivo, mediatico: soprattutto come viene raccontato. Probabilmente per molti è una delusione, qualcosa che ricorda un amore tradito e lascia una ferita profonda. Ma per molti di noi invece non è così. È solo un passaggio in più in una storia dove, fino a prova contraria, stiamo vincendo noi.

In che senso?

Nel senso che sono passati trenta anni e il cantiere e la Torino – Lione è inesistente: un fantasma di cui molto si parla ma non si vede perché non c’è. Doveva essere terminata all’inizio del millennio e invece siamo ancora qui, a battere sulle reti dietro a un cantiere vuoto.

Ma non siete stanchi?

Come si può essere stanchi quando si difende la propria dignità? Come si può essere stanchi quando si vive in una comunità bella, viva, giovane come questa? La lotta Notav ha reso la vita di migliaia di uomini e donne più piena, penso perfino più felice. Per me è sicuramente così.

Oggi ci sono state delle azioni violente.

Oggi c’è stata una reazione proporzionata a quanto accaduto. Un cancello è stato abbattuto, un fil di ferro tagliato, qualche sasso è volato: ne siamo consapevoli. Ma cosa è in confronto all’ingiustizia che subiamo da decenni: siamo oggetto di denigrazione e violenza da parte di un capitalismo che non ha più rispetto per nulla. Come se nulla fosse il Presidente del Consiglio questa settimana ci ha detto che abbiamo ragione, ma non importa: la vera ragione esiste solo in virtù di chi detiene la forza economica, mediatica, finanziaria, politica. Non le pare una violenza questa?

Pensa che il movimento Notav tornerà ad avere un confronto «fisico» con lo Stato?

Lo Stato non ci ascolta: e quando lo fa, come dimostrano i recenti accadimenti politici, lo fa solo con uno scopo peloso e interessato. Sarebbe bello non dover lanciare un sasso o abbattere una rete, ma sarebbe ancora meglio se non vi fosse un accanimento verso una popolazione pacifica che chiede di poter continuare a vivere in un luogo non devastato. Chi ci ha portato qui oggi? Le prese in giro che si sono concretizzate nell’ultima settimana hanno radici profonde, sono vecchie di trenta anni. Come possiamo accettare un’analisi costi-benefici che dice che l’opera è un assurdo, ma poi si deve fare lo stesso per non precisate ragioni che nessuno mai è riuscito a spiegare? Il neo liberismo si mangia tutto così, qui c’è un punto di resistenza culturale e fisico da presidiare.

Il M5s è ancora la spina dorsale del movimento Notav?

Sinceramente non mi interessa. È un dibattito che ha indebolito il movimento, ma non solo qui. Io credo che il problema sia l’assenza di una sinistra di classe e di massa, parole antiche ma sempre attuali, in grado di risvegliare le coscienze sopite e affascinate da nuove forme di destra.

La Tav si farà?

Sono certa che non si farà mai.

Sorgente: il manifesto

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