0 7 minuti 5 anni

Intervista HuffPost alla donna sfregiata con l’acido, oggi deputato Pd: “Non ci sono risorse, quella di Salvini è propaganda, la nostra è una posizione seria”

“Salvini fa tanto l’esperto di donne, ma è lo stesso che aveva proposto il telefono rosso quando c’è già il numero antiviolenza nazionale. È lui che deve documentarsi”. Lucia Annibali parla a raffica. Intervistata da HuffPost sul Codice rosso appena diventato legge, la deputata dem, avvocata, che ha fatto della sua vicenda personale – fu sfregiata con l’acido da due uomini mandati dal suo ex fidanzato – la ragione di “un impegno professionale e politico”, commenta il post con cui su Facebook il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha salutato l’adozione del provvedimento, voluto soprattutto dalla ministra leghista, Giulia Bongiorno.

“La sinistra non ha votato a favore, parlano parlano ma quando serve se ne fregano”, ha scritto Salvini. Annibali non ci sta. “Ce l’ha con la sinistra perché gli sta chiedendo di andare in Aula sul caso dei fondi russi – scandisce la deputata dem -. A proposito della violenza sulle donne, chiediamo a Salvini come vuole affrontare la questione delle donne migranti vittima di tratta, delle quali sembra non volersi occupare. È meglio che taccia. La nostra è una posizione seria, la sua è solo propaganda”.

Il riferimento è al “Codice rosso”, per Annibali “un testo assolutamente insufficiente, insostenibile, dunque inefficace. Avevo seguito già alla Camera il percorso di questo provvedimento – spiega – un percorso difficile perché aveva risentito dei disequilibri delle forze di maggioranza. La Lega, con la Bongiorno – spiega la deputata dem – ha voluto imporre a tutti noi, dunque anche al Movimento Cinque Stelle che poi ha dovuto elemosinare degli emendamenti, il suo provvedimento e questo ha inficiato tutti i lavori. Il testo era blindato”.

Lei aveva evidenziato le criticità da subito.

“Sì, come Pd ne avevo denunciato l’inefficacia, pure col rischio di passare per una voce fuori dal coro. Quando si tratta di temi così importanti come la violenza contro le donne, bisogna mettere da parte l’ipocrisia e valutare il provvedimento per quello che è, sia dal punto di vista tecnico che politico”.

Sul fronte tecnico, molte critiche si sono concentrate sui cosiddetti tre giorni, ossia sul fatto che il nuovo testo prevede che in casi di violenza domestica e di genere, anche per velocizzare le indagini, il pubblico ministero proceda, generalmente, all’ascolto della vittima del reato entro tre giorni dall’avvio del procedimento.

“Su questo punto già nelle audizioni in Commissione Giustizia sono stati tutti critici. Posizioni alle quali si è aggiunto un parere del Csm, che aveva deciso di inviarlo sua sponte al Ministero della Giustizia, proprio in vista della discussione in Senato”.

Ma perché è sbagliato?

“È impensabile che, a parità di organico, gli uffici dei pm possano soddisfare l’obbligo fissato nel testo. La senatrice Valente, stamane, ha fatto notare che questo è un testo a invarianza finanziaria, nel senso che non vengono stanziate risorse. È questo il cappello del provvedimento ed è questo che lo rende inefficace e inapplicabile. E poi non si può pensare di sentire le vittime senza alcuna distinzione rispetto alle gravità delle ipotesi di reato”.

Nel “Codice rosso” è stato introdotto il reato di revenge porn, questione drammaticamente attuale.

“Ma non è stato fatto rientrare tra i reati per i quali è previsto l’obbligo di ascoltare la vittima entro i famosi tre giorni. Perché le vittime di revenge porn non dovrebbero essere sentite nei tempi fissati per le donne che hanno subìto altri tipi di violenza? Dunque, anche sul piano della tecnica, questo testo presenta contraddizioni forti. Ma il diktat era che era immodificabile e che restasse immodificato”.

Da dove nasce, secondo lei, questa posizione tanto ferma?

“Dal bisogno di mettere una bandierina, da interessi che poco o nulla hanno a che fare con la lotta alla violenza sulle donne. Di fatto, questo che hanno chiamato “Codice rosso” non sposta nulla. Anzi, c’è un rischio”.

Quale?

“Pensiamo alle Procure più piccole, nelle quali manca il personale specializzato su questi temi. Dover agire in tempi tanto brevi ha ricadute anche sulla specializzazione di chi deve farsi carico delle denunce di queste donne e ascoltarle. Non lo dico io, lo dice il Csm. Magari, aspettare qualche giorno in più potrebbe essere meglio. Pensiamo alle donne costrette a ripetere il racconto della violenza subìta senza aver avuto il tempo di elaborarla, e dunque rivittimizzate. Pensiamo ai minori che devono essere sentiti in modalità protetta. Insomma, questo provvedimento viene sbandierato come risolutivo, ma non lo è. I proclami non trovano rispondenza nelle soluzioni proposte”.

Nel testo viene introdotto anche il reato degli sfregi in volto.

“Non sono mai stata d’accordo e inoltre non penso che una persona deformata in volto perda l’identità. Non è giusto, non è così. L’identità è fatta anche dal percorso che si compie per ricostruirla. E poi, sul piano della tecnica normativa, sembra si dica che alcuni tipi di lesioni sono più importanti di altri che magari hanno una eco mediatica inferiore e dunque vengono considerati meno rilevanti. Io non avrei introdotto un altro reato, piuttosto avrei agito sulle aggravanti. E poi, ripeto, non sono d’accordo perché si crea una sorta di discriminazione. Più in generale, non condivido la rappresentazione che si continua a dare delle donne vittime di violenza. Come se fossero tutte deboli e invece sono forti e determinate. Ricordo una campagna di sensibilizzazione dei Cinque Stelle in cui una donna sfregiata si specchiava in uno specchio per metà rotto. Bisognerebbe farla finita con questa rappresentazione patetica, banalmente drammatica”.

Torniamo al “Codice rosso”. La senatrice dem, Valente, ha parlato di “occasione mancata”.

“Concordo. Al Senato sono emerse con evidenza ancora maggiore le fragilità di questo testo, che poteva essere migliorato come avevano proposto le opposizioni. I principi sono giusti, ma le soluzioni sono insufficienti. Anche alla Camera noi avevamo sottolineato che è una occasione mancata. È questione di serietà. Sa una cosa?”

Cosa?

“Lega e Cinque Stelle, che su questo come su tutti gli altri provvedimenti, se la sono cantata e se la sono suonata da soli, possono venderselo come vogliono, ma chi lavora sul tema del contrasto alla violenza contro le donne è critico e sa che il “Codice rosso” è inefficace”.

Sorgente: Lucia Annibali: “La legge sul Codice rosso insufficiente e inefficace” | L’HuffPost

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20