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La sindaca Appendino furiosa con il suo vice: “Da lui parole inqualificabili”. Oggi con Di Maio resa dei conti sulla Tav

Nel giorno in cui Fca getta i pilastri per il rilancio dello stabilimento di Mirafiori, dove si produrrà la 500 elettrica, e alla vigilia della resa dei conti tra Luigi Di Maio e la base Cinquestelle torinese, terrorizzata da un sì del Movimento alla Tav, Torino perde il Salone dell’auto e la maggioranza che sorregge da tre anni Chiara Appendino va in frantumi.

Il capo politico dei Cinquestelle arriva in una città che è una polveriera pronta a deflagrare. Non bastassero le tensioni sui destini della Torino-Lione, c’è un nuovo fronte, velenosissimo. Gli organizzatori del Salone dell’auto annunciano, dopo cinque edizioni, il trasloco a Milano. Si portano via una manifestazione visitata solo pochi giorni fa da circa 700 mila persone, che genera ricadute per oltre 4 milioni, ma che ha vissuto in eterno e costante conflitto con l’ala dura del Movimento 5 Stelle, contraria all’uso dei parchi e delle piazze auliche per le fiere e ostile in generale alle auto, mezzo di trasporto che i grillini torinesi vorrebbero progressivamente sostituire con altri meno inquinanti.

Un clima di guerriglia sistematica, avvelenato dalle sortite poi ritrattate del vice di Appendino, Guido Montanari, punto di riferimento dei duri – «fosse per me non ci sarebbe mai stato, anzi, speravo che la grandine se lo portasse via – che ha certamente favorito l’addio del Salone. Appendino, però, a differenza di altre occasioni – vedi le Olimpiadi – non incassa. Stavolta, mentre viene ancora una volta accusata di impoverire Torino, esplode. E minaccia l’addio, anche se non lo esplicita: «Mi riservo qualche giorno per le valutazioni politiche del caso», spiega, parlando di un epilogo che «danneggia la città e a cui hanno anche contribuito le prese di posizione autolesioniste di alcuni consiglieri e dichiarazioni inqualificabili del vicesindaco». Vice cui oggi la sindaca potrebbe togliere le deleghe.

È furiosa, Appendino. È decisa a non intestarsi un fallimento che non considera suo. E, a differenza del passato, anche a indicare alcuni “colpevoli”. Si sente logorata da una maggioranza che reputa in gran parte responsabile dell’immaginario radicato in città che la identifica come la sindaca dei No e delle occasioni perse, a cominciare dal dolorosissimo autogol sulle Olimpiadi del 2026.

La vittoria di Milano-Cortina è stata un colpo durissimo. Ha rinfocolato l’ostilità di tutto il mondo produttivo, delle categorie economiche che non perdonano alla sindaca di aver rinunciato ai Giochi. Ha riacceso le tensioni anche perché nel frattempo alla guida della Regione è arrivato il centrodestra e in Alberto Cirio gli anti Appendino hanno trovato la sponda che Sergio Chiamparino non ha mai offerto. Il presidente della Regione riserva quotidianamente bordate all’amministrazione di Torino ed è diventato l’alleato delle categorie contro i blocchi anti smog e la nuova Ztl estesa fino alle 19,30 e a pagamento. Cirio ieri ha pronunciato una sorta di dichiarazione di guerra: «Torino non può continuare a perdere tutto, mi chiedo quale sia il progetto del Comune. Questa idea di “decrescita felice” non ci appartiene e non intendiamo restare a guardarla».

In questo clima Di Maio arriva a Torino, dove lo attende una base in fibrillazione. I Cinquestelle torinesi sono ormai convinti che il governo non fermerà la Torino-Lione e al vice premier spiegheranno che le conseguenze saranno devastanti: a rischio è anche, tanto per cambiare, la giunta Appendino, nella cui maggioranza siedono alcuni tra i più granitici oppositori della Tav. Il via libera all’opera li porterebbe quasi certamente all’addio: basta che lo facciano in quattro per togliere alla sindaca la maggioranza e far cadere l’amministrazione.

Uno scenario meno improbabile da ieri, giorno in cui per la prima volta Appendino ha pubblicamente ventilato «conseguenze»: sui suoi consiglieri, sul vice sindaco. L’aveva già fatto un anno fa, minacciando le dimissioni se i grillini avessero stoppato la candidatura olimpica. L’aveva fatto nel chiuso di un salone, però. Stavolta è tutto pubblico. E fa una certa differenza.

Sorgente: Il Salone dell’auto da Torino a Milano, va in frantumi la maggioranza M5S – La Stampa

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