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Il colloquio risale al settembre del 2018 ed è contenuto negli atti depositati dai pm di piazzale Clodio in vista di un incidente probatorio fissato per il 25 luglio. I Nicastri da alcune settimane hanno iniziato a collaborare con gli inquirenti: l’8 luglio i magistrati di Roma li hanno interrogati per alcune ore e i due hanno confermato la circostanza

“Gli do 30mila euro perché sia chiaro tra di noi, io ad Armando Siri, ve lo dico…”. Parlava così l’imprenditore Paolo Arata a suo figlio Francesco e a Manlio Nicastri nell’intercettazione alla base dell’accusa di corruzione formulata dalla procura di Roma nei confronti dell’ex sottosegretario alle Infrastrutture della Lega. Ora il figlio di Vito Nicastri, imprenditore dell’eolico considerato vicino a Matteo Messina Denaro, ha confermato ai magistrati di aver sentito quelle parole e suo padre ha parlato di “un regalo a Siri se l’emendamento (sull’eolico favorevole alle aziende di Arata di cui Nicastri sr era socio occulto, ndr) fosse passato”.

L’intercettazione risale al 10 settembre 2018 ed è contenuta negli atti depositati dai pm di piazzale Clodio in vista di un incidente probatorio fissato per il 25 luglio. Arata parla alla presenza di suo figlio Francesco e di Manlio Nicastri. Vito e Manlio Nicastri da alcune settimane hanno iniziato a collaborare con gli inquirenti. L’8 luglio i magistrati di Roma li hanno interrogati per alcune ore e i due hanno confermato la circostanza. Nel corso del confronto sono emersi nuovi elementi utili alle indagini e i pm di piazzale Clodio hanno chiesto e ottenuto dal gip di potere cristallizzare quanto affermato dai due indagati in un atto istruttorio irripetibile, cioè l’incidente probatorio.

Il filone romano dell’indagine ruota attorno ai rapporti tra Arata e Siri, dimessosi da sottosegretario ma ad oggi ancora presente scorsi presente al tavolo dell’incontro organizzato da Salvini con le parti sociali, in qualità di esperto economico del Carroccio. In particolare l’inchiesta riguarda la “promessa e/o dazione” di 30mila euro in favore dell’allora sottosegretario “per la sua attività di sollecitazione dell’approvazione di norme” che avrebbe favorito lo stesso imprenditore nell’ambito del cosiddetto minieolico.

I magistrati di piazzale Clodio definiscono come uno “stabile accordo” quello tra i due indagati, in cui Siri è “costantemente impegnato – scrivono nel decreto di perquisizione del 18 aprile scorso – attraverso la sua azione diretta nella qualità di alto rappresentante del governo ed ascoltato membro della maggioranza parlamentare, nel promuovere provvedimenti regolamentari o legislativi che contengano norme ad hoc tese a favorire gli interessi economici dell’Arata, ampliando a suo favore gli incentivi per l’energia elettrica da fonte rinnovabile a cui non ha diritto”.

Sorgente: Caso Siri, i Nicastri confermano ai pm l’intercettazione chiave: “Gli do 30mila euro perché sia chiaro tra di noi” – Il Fatto Quotidiano

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