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Cortei anti-legge sull’estradizione. “Nessuno sarà più sicuro”. Scontri e feriti

FRANCESCO RADICIONI
BANGKOK

Oltre un milione di persone hanno manifestato ieri per le strade di Hong Kong contro l’emendamento che promette di rendere più semplice la consegna di presunti criminali a quei Paesi – innanzitutto la Cina – che non hanno un accordo di estradizione con l’ex-colonia britannica. Per tutto il pomeriggio un fiume di persone – famiglie con bambini, studenti, storici attivisti democratici – ha sfilato pacificamente in mezzo ai grattacieli di questo importante hub finanziario dell’Asia fin sotto i palazzi del potere di Admiralty. «No extradition to China», «No evil law», hanno scandito lungo i tre chilometri di corteo le centinaia di migliaia di manifestanti, molti dei quali vestiti di bianco. Poi quando è calata la sera la tensione e gli scontri, con gli attivisti che hanno tentato di erigere barricate e bloccare la strada dinanzi al Parlamento di Hong Kong. La polizia ha reagito con la forza.

Secondo le stime del Civil Human Rights Front, ieri un hongkonghese su sette era in piazza. Insomma, potrebbe essere stata la più imponente manifestazione a Hong Kong fin da quando nel 1997 l’ex-colonia britannica è tornata sotto il controllo della Cina: più partecipata delle manifestazioni del Movimento degli Ombrelli nell’autunno del 2014, ma anche delle proteste del 2003 che consentirono di fermare l’approvazione di un controverso articolo della legge sulla sicurezza nazionale.

Secondo la polizia, la manifestazione ha visto la partecipazione di sole 240mila persone. Mentre nell’ex-colonia britannica crescono le preoccupazioni per la progressiva erosione dell’autonomia e delle libertà garantite dalla formula «un Paese, due sistemi» negoziata nel 1984 tra Deng Xiaoping e Margaret Thatcher, il timore è che la nuova legge possa esporre Hong Kong a nuove ingerenze politiche di Pechino, compromettere l’indipendenza del sistema legale ereditato dal colonialismo britannico e dare anche un colpo all’ecosistema del business nella città. Le autorità locali hanno detto che l’emendamento è necessario per «colmare un vuoto» normativo dell’attuale legge e per evitare di trasformare la città in un paradiso per i criminali.

L’amministrazione di Carrie Lam, la chief executive dell’ex-colonia britannica sostenuta da Pechino, ha assicurato che le richieste di estradizione saranno decise «caso-per-caso», la norma sarà applicata solo «ai crimini più gravi» che prevedono pene di almeno sette anni di carcere, mentre coloro che sono accusati di reati politici o religiosi non saranno estradati.

Il governo di Hong Kong ha più volte detto che l’urgenza nell’approvare la legge è dovuta alla necessità di estradare a Taiwan un 20enne hongkonghese accusato di aver lì ucciso la fidanzata. «Non mi fido», ripetevano ieri molti tra i manifestanti. Nonostante le rassicurazioni delle autorità, i critici ritengono che la nuova legge sull’estradizione offrirà a Pechino un nuovo strumento per fare pressioni sulle autorità locali, mentre esporrà gli hongkonghesi al rischio di detenzioni arbitrarie nella Repubblica Popolare e di finire a processo davanti a un tribunale cinese controllato dal Partito Comunista. «Nessuno sarà al sicuro – sostiene Sophie Richardson di Human Rights Watch – inclusi gli attivisti, gli avvocati per i diritti umani, i giornalisti».

Già la scorsa settimana centinaia di avvocati hanno organizzato un corteo silenzioso per le strade dell’isola contro una legge che rischia anche di minare lo stato diritto e il sistema legale dell’ex-colonia britannica: uno dei pilastri che rendono Hong Kong una destinazione attraente per gli investimenti stranieri. Così che persino la comunità economica ha espresso la propria contrarietà all’emendamento sull’estradizione, costringendo il governo a cancellare dalla norma una serie di disposizioni sui reati commerciali. Nella serata di ieri un portavoce del governo ha confermato che l’emendamento sarà discusso il 12 giugno dal Consiglio legislativo, anche se ha auspicato che il parlamento di Hong Kong possa «esaminare la legge in modo calmo, ragionevole e rispettoso per aiutare Hong Kong a rimanere una città sicura per i residenti e per il business».

Se il movimento democratico Demosisto aveva annunciato di voler rimanere in sit-in davanti al Consiglio legislativo almeno fino al voto sull’emendamento, ieri intorno alla mezzanotte ci sono stati incidenti tra la polizia e alcune centinaia di giovani manifestanti. Come in un déjà-vu di quanto avvenuto cinque anni fa con il Movimento degli Ombrelli, i manifestanti hanno tentato di alzare barricate per bloccare la strada davanti al parlamento di Hong Kong, la polizia ha risposto usando manganelli e con spray urticanti.

Sorgente: Un milione a Hong Kong contro l’ingerenza cinese – La Stampa

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