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Gli effetti sull’economia italiana di un’eventuale uscita dall’Ue o solo dalla moneta unica: il lavoro, il debito pubblico, il deficit, l’inflazione.

La lezione della Catalogna e quella della Gran Bretagna ci consentono di immaginare cosa potrebbe succedere all’Italia se uscisse dall’Euro, se non addirittura prima ancora di questo momento. Le aziende – in particolar modo quelle che hanno interesse a scambiare i propri beni e servizi in un mercato unico, senza frontiere e restrizioni – andranno immediatamente via dall’Italia. E lo faranno tutte, sia le (ormai poche) italiane, sia le multinazionali. Nessuno vorrà stare in un Paese “isola” dal quale non si può esportare senza incorrere nei dazi doganali. Se ne andranno i colossi che offrono lavoro a gran parte dei nostri connazionali; a stabilire le proprie sedi fuori dallo stivale saranno anche le stesse banche, che danno lavoro almeno a una persona per famiglia, interessate a far circolare gli investimenti anche al di fuori dei confini nazionali. A quel punto, con una disoccupazione che potrebbe interessare un italiano su due, sarà del tutto inutile che un Governo, per quanto illuminato e forte possa essere, approvi misure di rilancio dell’economia: il lavoro sarà ormai un’utopia e non ci sarà più modo di crearlo con strumenti interni. Probabilmente, ci riprenderemo i campi: torneremo all’economia agricola che avevano i nostri nonni prima di entrare nell’Ue.

Chi vorrà andare via dall’Italia sarà trattato all’estero come extracomunitario, con tutte le restrizioni previste dalle normative degli altri Paesi, perché a quel punto non saremo più parte dell’Unione e non godremo delle libertà di movimento. Del resto, lo sa bene chi vuole andare a lavorare anche un mese negli Stati Uniti: non è così facile come andare in Germania o in Francia.

E chi, sperando in un futuro migliore per i propri figli, vorrà mandarli a studiare all’estero, si accorgerà che l’Erasmus è previsto solo per i giovani dell’Europa.

Come dire: chi di immigrato ferisce, di immigrato perisce.

Il secondo, immediato effetto, di un’eventuale uscita dell’Italia dall’Euro è economico. Anche questo non tarderà ad arrivare. Nessuno comprerà il nostro debito pubblico alle aste di Bot e Cct perché saremo un Paese senza economia; così lo Stato non avrà i soldi per pagare neanche un solo dipendente pubblico, una pensione, un sussidio ai disoccupati o agli invalidi.

Lo Stato sarà così costretto ad autofinanziarsi e a stampare moneta da sé, proprio come facevano gli antichi sovrani per finanziare le guerre. Noi lo abbiamo continuato a fare fino agli anni ’80. Questo comporterà un immediato picco dell’inflazione: perché più denaro c’è in giro, meno vale il singolo biglietto. La conseguenza di un’inflazione al 20% – come appunto quella degli anni ’80 – è, sotto un aspetto pratico, questa: i soldi che avremo risparmiato e tenuto per tutti questi anni in banca varranno di meno, per l’esattezza il 20% in meno ogni anno. Come trovarsi con 1000 euro a gennaio e 800 a dicembre, per poi averne 672 al dicembre successivo. In poco meno di tre anni, i nostri risparmi varranno la metà. Non solo: a svalutarsi saranno anche i nostri stipendi che, se non adeguati all’inflazione, perderanno potere di acquisto in pochi mesi. Come dire che un contratto di lavoro, già dopo due anni, diventa insufficiente per mandare avanti una famiglia.

In tutto questo quadro, mentre l’Italia si indebolisce, le altre nazioni dell’Euro diventeranno, in rapporto, molto più forti di oggi rispetto al nostro Paese. Saremo schiacciati  da Usa, Europa, Cina, Africa, Asia. Se già oggi abbiamo poco potere economico, fuori dall’Europa non ne avremo affatto.

Avremo così sperimentato quello che comprendono alcune coppie di coniugi quando, decidendo di separarsi, credono di poter tornare a fare ciò che facevano a 20 anni. E invece scoprono che, dopo tanto tempo, loro e il mondo attorno a loro non è più lo stesso di prima.

Ci sono altre questioni che dovrebbero preoccuparci se l’Italia dovesse uscire dall’Europa. Dinanzi a un’ingiustizia subita in un tribunale – e ce ne sono tante – non avremo più la possibilità di appellarci a un giudice extranazionale come la Corte di Giustizia, che oggi consente a molti cittadini del nostro Paese di ottenere il ripristino di diritti calpestati clamorosamente dai nostri tribunali. Quest’organo, però, funziona solo per gli Stati Membri dell’Europa e, allora, se decideremo di andare via, ci chiuderà le porte in faccia.

Come avevamo poi detto in I vantaggi dell’Unione Europea per l’Italia, non avremo più tutte quelle tutele previste dall’Ue per consumatori, privacy, famiglie, concorrenza, alimentazione che oggi abbiamo grazie a un parlamento molto meno sensibile del nostro alle pressioni delle lobby. Pensa solo alla possibilità di statalizzare il mercato della telefonia: avremo, come negli anni ’80, un unico gestore, con tariffe decise unilateralmente. Una telefonata a un’amica ci costerà una fortuna e torneremo a fare come i nostri padri quando mettevano il lucchetto alle vecchie cornette di casa.

Del resto, che il nostro Stato non sia molto “rispettoso” nei confronti dei suoi cittadini ce lo dimostra il numero di sanzioni che riceviamo dall’Ue: contro l’Italia si registra una media di sei procedure di infrazione avviate ogni mese, in poco più di 17 anni. Sono tante le vicende italiane finite nel mirino della Commissione: dal caso Xylella, il batterio responsabile della crisi degli uliveti in Puglia, all’Ilva di Taranto, fino ai livelli di arsenico riscontrati in alcune zone nell’acqua potabile. In generale, è proprio l’ambiente il tallone d’Achille del nostro Paese. Tutti questi abusi non troverebbero mai giustizia se non ci fosse l’Ue.

Non siamo sicuri che l’Europa sia il meglio per l’Italia, ma sia sicuri che l’Italia senza l’Europa avrebbe solo enormi danni e lacrime.

Sorgente: Se l’Italia esce dall’Euro cosa succede?

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