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Se il governo gialloverde vuole mantenere reddito di cittadinanza, quota 100 e fare la flat tax senza mettere a posto i conti si avvierà la procedura. Perderemmo i finanziamenti della Banca europea per gli investimenti (108 miliardi in 10 anni) e i 75 miliardi dei fondi strutturali Ue

27 giugno 2019

In questa estate italiana sarà impossibile sfuggire a due argomenti di conversazione: il caldo implacabile e la procedura d’infrazione. Ma almeno per risolvere il problema dell’afa esiste il condizionatore. A parte gli addetti ai lavori, per molti “procedura d’infrazione” è diventata una parola vuota. Non si capisce cosa succederà il 9 luglio quando 18 ministri delle finanze dei Paesi che hanno l’euro decideranno se avviare la procedura contro l’Italia. Ci sarà un semplice rimprovero e una pacca sulla spalla, o qualcosa di più? Arriverà la Troika a Palazzo Chigi? Non proprio. Ma comunque saranno cattive notizie. Permetteci di riassumere per voi l’articolo 126 del trattato sull’Ue. Se il governo non spiegherà in concreto come intende diminuire il debito pubblico, dopo un altro richiamo di Bruxelles, entro agosto dovrà congelare 3,6 miliardi in un deposito infruttifero. Dopo tre o sei mesi, quello 0,2% del Pil potrebbe diventare lo 0.5%: nove miliardi. E non sarebbero più soldi congelati, ma verrebbero consegnati a Bruxelles sotto forma di multa. E se ad aprile-maggio non rispettassimo ancora le raccomandazioni perderemmo due grandi fonti di finanziamento: i fondi strutturali Ue e i prestiti concessi dalla Banca europea degli investimenti. Tradotto: addio a 75,2 miliardi di fondi che dovremmo ricevere fino al 2020, ciaone a 1,3 miliardi per mettere a posto tremila scuole che cadono a pezzi, e un abbraccio ai fondi che mantengono in piedi i ponti, le strade e le asl nel Mezzogiorno.

Un’ipotesi remota? Lo era anche l’idea di ricevere una proposta della procedura per debito eccessivo. Non era mai successo prima. Se questo governo vuole mantenere il reddito di cittadinanza, quota 100 e allo stesso tempo fare la flat tax senza tagliare la spesa pubblica, a qualcosa dovrà rinunciare. Tutto giusto, tutto legittimo: ma bisogna sapere a cosa si va incontro. Anche solo per capire a chi bisognerà davvero dare la colpa, se le cose andassero male. Non è terrorismo psicologico ma il dovere di far capire cosa perderemo da qui in avanti se non ci sarà una mediazione. Basta guardare il report uscito ieri sulla gestione annuale del bilancio dell’UE nel 2018 per capire quanto sarebbe dannoso perdere quei finanziamenti. Nelle 264 pagine del documento si valuta come sono stati investiti i 400 miliardi che derivano dal bilancio comunitario e dai prestiti della Bei e quale impatto hanno avuto nelle economie dei vari Paesi Ue. E l’Italia ne ha beneficiato molto.

Vi ricordate lo 0.5% del Pil che dovremo congelare in caso di procedura per debito eccessivo? Ecco, più o meno vale come gli 8.5 miliardi di investimenti erogati dalla Bei solo nel 2018

Partiamo dalla Banca europea degli investimenti. L’Italia è il secondo beneficiario su 28 Paesi Ue e dal 2008 al 2018 ha ricevuto 108 miliardi di euro che hanno generato 300 miliardi di investimenti a loro volta. E 43 di questi miliardi in dieci anni sono stati dati sotto forma di prestiti e finanziamenti alle piccole e medie imprese che hanno aiutato a mantenere più 6,7 milioni di lavoratori. Più o meno come tutti gli abitanti di Sicilia e Calabria messi insieme. Vi ricordate lo 0.5% del Pil che dovremo congelare in caso di procedura per debito eccessivo? Ecco, più o meno vale come gli 8.5 miliardi di investimenti erogati dalla Bei solo nel 2018 (12,3 nel 2017, il record). Tra questi il documento della Commissione di ieri segnala i 100 milioni di euro concessi al gruppo Dolomiti Energia per rinnovare e sviluppare le sue reti di distribuzione del gas e dell’elettricità. Il finanziamento rafforzerà e manterrà gli impianti idroelettrici nella provincia di Trento nel nord Italia, dove Dolomiti Energia opera e impiega 1400 persone. Tramite la Bei si finanzia anche il Fondo europeo per gli investimenti strategici che finora ammonta a 10,2 miliardi euro. Progetti che vanno dall’Open fibra nei piccoli Comuni all’ammodernamento dell’aeroporto “Marco Polo” di Venezia.

Per non parlare poi dei cinque fondi strutturali europei. L’Italia è il secondo nella classifica dei Paesi Ue che ne beneficiano di più. Meglio di noi solo la Polonia che però li spende meglio. Con la procedura per debito eccessivo e uno scontro con Bruxelles perenne si rischia di perdere tanti soldi decisivi per tenere in piedi asl, metropolitane, scuole, strade e ponti. Soprattutto nel Sud Italia. Non a caso il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha detto che se bloccheranno i fondi europei per la procedura per il sistema sanitario campano sarà un «bagno di sangue». Forse una metafora troppo cruda, ma se si vede qualche investimento nei servizi del Sud Italia lo si deve ai 75,2 miliardi che sono arrivati dal bilancio comunitario dal 2014 a oggi, distribuiti in 75 programmi. Sono soldi italiani si dirà, ma li spendiamo comunque poco e male: solo il 23% è stato certificato finora, poco più di 17 miliardi.

Per il Fondo sociale europeo l’Italia avrebbe sprecato 105 milioni di euro. Peggio di noi solo Romania, Spagna e Polonia

Nel documento pubblicato ieri dalla Commissione c’è una classifica in cui l’Italia si piazza quarta, ma non c’è nulla da festeggiare. La Commissione per non sprecare neanche un euro dei contribuenti europei chiede agli Stati di capire se i suoi soldi sono spesi poco e male e quando succede li rivuole indietro. La parolaccia si chiama “rettifica finanziaria” e per il Fondo sociale europeo l’Italia avrebbe sprecato 105 milioni di euro. Peggio di noi solo Romania, Spagna e Polonia. Siamo addirittura primi anche nelle correzioni finanziarie all’origine attuate nel 2018 che riguardano il Fondo europeo agricolo di garanzia, dove sono stati chiesti all’Italia: 47 milioni di euro. Proprio due giorni fa un imprenditore agricolo sardo di Sanluri è stato denunciato dalla Procura di Cagliari perché avrebbe percepito 86mila euro del Feasr (Fondo Europeo Agricolo Sviluppo Rurale nel 2015, 2016 e 2018). Ieri invece la Corte di giustizia dell’Unione europea ha respinto il ricorso dell’Italia contro il taglio di circa 380 milioni di euro ai fondi europei per la Sicilia dal 2000 al 2006, perché la Regione li ha utilizzati poco e male con irregolarità «singole e sistemiche constatate». Anche la Regione Calabria rischia di perdere milioni di euro, addirittura quelli dei fondi Ue stanziati per il settennato 2007-2013. Come denuncia la deputata M5S Laura Ferrara ci sono 35 progetti non funzionanti in Calabria, di cui 23 sotto indagine nazionale per pagamenti cattivi controlli e mancata rendicontazione. Parliamo di 100 milioni di euro non certificati e 16 milioni di euro di pagamenti interrotti. Ecco, a guardare questi numeri si capisce perché il Governo non si preoccupa tanto per la procedura d’infrazione. Tanto i soldi dei fondi Ue li usiamo poco e male. Forse sarà meglio parlare del caldo.

Sorgente: Dite ciao ciao a 200 miliardi: ecco tutti i soldi europei che l’Italia perderà con la procedura d’infrazione

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