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Un’equazione del XVIII secolo che alimenta gli odierni algoritmi informatici prevede anche la scomparsa del genere umano. Ecco il metodo utilizzato

L’umanità è condannata ad estinguersi? Non mancano certo gli scenari apocalittici: guerra nucleare, una rivolta robotica, cambiamenti climatici fuori controllo… Improbabili, inverosimili? Non secondo gli scienziati e i matematici che, negli ultimi decenni, hanno trovato una nuova sorprendente fonte di ansia per la sopravvivenza a lungo termine della razza umana: la teoria della probabilità. Il cosiddetto “argomento del giorno del giudizio ” sostiene che c’è una probabilità del 50% che l’estinzione della vita umana arrivi entro 760 anni.

Ci si può chiedere come un tale calcolo sia possibile, soprattutto in un’area di seria indagine scientifica. La risposta riguarda l’improbabile combinazione di un ecclesiastico inglese del XVIII secolo e di un algoritmo della Silicon Valley.

Thomas Bayes (1702-1761) era un oscuro predicatore di campagna che si dilettava di matematica. È ricordato per il teorema di Bayes, una formula matematica che mostra come usare le nuove evidenze per regolare il calcolo delle probabilità. Alcuni credono che Bayes stesse cercando di trovare un modo per dimostrare la possibilità di miracoli biblici. In ogni caso, il suo teorema ha ricevuto scarsa attenzione per due secoli, fino all’invenzione dei computer.

Oggi non è esagerato dire che il teorema di Bayes è il fondamento dell’economia digitale. È ciò che consente ad applicazioni come Google, Facebook  e Instagram di utilizzare i dati personali delle persone per prevedere che cosa cliccheranno o compreranno, chi spolliceranno direttamente su Instagram e per chi voteranno. “Se tu non paghi, allora sei tu il prodotto che viene venduto”, recita un popolare ammonimento. Le previsioni che usano il teorema di Bayes sono probabilità, non certezze, eppure valgono miliardi per gli inserzionisti, perché sono generalmente accurate.

L’argomento del Giorno del giudizio adotta un approccio simile alla previsione del futuro umano. In un articolo del 1993 sulla rivista Nature, l’astrofisico di Princeton J. Richard Gott III aveva utilizzato dati matematici e demografici per prevedere probabile che la fine possa arrivare tra meno di mille anni. L’articolo di Gott accese una polemica che ancora infuria e che, pur virando spesso in tecnicismi stravaganti, riguarda in definitiva le visioni culturali del futuro.

Il nucleo del ragionamento di Gott (avanzato indipendentemente da altri due fisici, Brandon Carter e Holger Bech Nielsen) è conosciuto dagli statistici come il “problema del carrarmato tedesco”. Quando gli Alleati stavano pianificando gli sbarchi in Normandia, volevano sapere all’incirca quanti carri armati tedeschi vi fossero nel giorno dello sbarco, il D-Day. Un indizio per calcolarli fu la meticolosa numerazione consecutiva utilizzata dai tedeschi per i loro carrarmati e per le parti di ricambio.

Gli statistici dell’esercito ragionarono che i carri catturati e le loro parti potevano essere considerati come estratti a caso da tutti quelli prodotti dalla Germania. I numeri di serie davano una certa evidenza del numero minimo (non poteva essere inferiore al numero di serie più alto catturato). Tutti i numeri presi nel loro insieme fornirono una probabilità statistica, anche se non una certezza, su quanti altri ne esistevano e, su questa base, quanti altri potevano essere prodotti fino al D-Day. Dopo la guerra, i documenti tedeschi sequestrati rivelarono che le stime degli statistici erano quasi esatte.

Per applicare questo metodo al futuro dell’umanità, l’argomento del giorno del giudizio parte dall’immaginare una lista di tutte le persone passate, presenti e future, ordinate per ordine di nascita. Nessuno essere vivente sa quanto sia lunga la lista o in che zona cadano i propri nomi, così possiamo considerarci estratti a caso. Ciò significa che statisticamente c’è una probabilità uguale, pari al 50 per cento, che ci troviamo nella prima o nell’ultima metà.

Gli esseri umani non hanno numeri di serie, ovviamente. Ma Gott ha ammesso che i demografi hanno già stimato approssimativamente il numero di esseri umani finora succedutisi. Il numero totale di persone che hanno vissuto sulla terra dagli inizi dell’Homo sapiens fino ai giorni nostri, è stimato in circa 100 miliardi di persone. Ciò significa che il vostro “numero di serie” per ordine di nascita, come quello di chiunque sia attualmente in vita, si aggira intorno a 100 miliardi.

Poiché è altrettanto probabile che quelli di noi che vivono oggi sono nella prima o seconda metà di tutte le nascite umane passate e future, supponiamo che siate nella seconda metà: il che significherebbe che non ci sono più di 100 miliardi di nascite ancora da venire. C’è una probabilità del 50% che sia vero, il che implica, all’attuale tasso di natalità globale (circa 131 milioni all’anno) una probabilità del 50% che abbiamo al massimo 760 anni di nascite in più. Una variazione del tasso di natalità modificherebbe quella stima, ma il calcolo così fatto è semplice.

La natura puramente circostanziale della previsione di Gott destabilizza molti di coloro che ne sentono parlare. Ci si può chiedere: una previsione del giorno del giudizio non dovrebbe andare oltre la pura analisi statistica e prendere in considerazione la probabilità di una guerra nucleare e altri rischi specifici? È stato provato. Basandosi sulle idee di Carter, il filosofo John Leslie dell’Università di Guelph in Canada ha elaborato una versione della matematica del giorno del giudizio che permette ai meteorologi di inserire stime sulla probabilità di qualsiasi apocalisse scelta. Sfortunatamente, non offre una via d’uscita facile. Usando variabili più precise, le previsioni di Carter-Leslie sono tristi come quelle di Gott o di più.

Se pensate che l’argomento del giorno del giudizio finale sia folle, non siete soli, siatene certi. Dal 1993, decine di studiosi di grande preparazione hanno tentato di confutarlo in un flusso costante di studi, molti dei quali altamente matematici. È diventato chiaro, tuttavia, che molte obiezioni “ovvie” non riescono a uccidere la bestia.

La maggior parte di noi è troppo assorbita nella propria vita per pensare ai secoli a venire. Quando lo facciamo, la nostra immaginazione spesso non corrisponde al futuro che abbiamo visto nei film: destinati a costruire città su Marte, inventare la propulsione a curvatura (l’ipervelocità) e vivere per sempre tra le stelle.

La matematica del Giorno del Giudizio offre un altro punto di vista: non scommetteteci sopra. Gott ha calcolato in una su un miliardo la possibilità che un giorno gli esseri umani si insedieranno nei sistemi stellari della nostra galassia. Questa affermazione ha toccato un nervo scoperto, e non solo nei fanatici di Star Trek. L’argomento del giorno del giudizio esclude la nuova frontiera finale alla quale molti tecnofili aspirano.

Gott non è un ordinario pessimista. È un coinvolgente narratore che ha illustrato il suo metodo predittivo applicandolo in forma semplice alla durata dei matrimoni e a quella delle rappresentazioni teatrali di Broadway, in base a quanto tempo entrambi sono già durati. Quando ha previsto una serie di date in cui 44 spettacoli di Broadway e off-Broadway avrebbero avuto l’ultima replica e le ha controllate quattro anni dopo, tutti i 36 spettacoli che avevano chiuso lo avevano fatto all’interno della finestra da lui prevista. Come molti di coloro che sono coinvolti nel dibattito del giorno del giudizio finale, egli considera la polemica come un campanello d’allarme.

Come comprese per primo lo stesso Thomas Bayes, le probabilità sono un fiume in continua evoluzione in cui non possiamo mai fare due volte gli stessi passi. Ogni clic e spolliciata sul vostro telefono aggiorna le nozioni degli inserzionisti su chi siete. Lo stesso vale per il giorno del giudizio finale. Gott propone che stabilire un avamposto su Marte potrebbe essere una buona idea, una polizza assicurativa contro una futura catastrofe che colpisca la Terra. Le probabilità sono decisamente contro il futuro alla Star Trek, affermano gli apocalittici, ma questo significa che sta a noi cambiare le probabilità.

Questo articolo è tratto dal nuovo libro di Poundstone, “The Doomsday Calculation: How a Formula that Predicts the Future Is Transforming Everything We Know About Life and the Universe” (Little, Brown Spark).

Sorgente: All’umanità sono rimasti solo 760 anni. Lo dice la matematica dell’apocalisse – MilanoFinanza.it

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