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Un documento del Dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi smonta il progetto di Salvini: a rischio il bilancio dello Stato. E il Parlamento deve poter modificare le intese

By Pietro Salvatori

Per capire lo stallo totale che si è determinato nel governo sul fronte delle Autonomie, occorre fare un passo indietro. E tornare a lunedì sera, quando Giuseppe Conte si è presentato al vertice forte di un breve documento redatto nel cuore profondo di Palazzo Chigi . E che dà un brusco altolà al progetto su cui tanto spinge Matteo Salvini. Facendo tuonare alla Lega a notte inoltrata contro i “burocrati” che avevano resa vana l’ennesima riunione. Quando il capo del Governo ha messo sul tavolo il contenuto di quelle dodici pagine la discussione si è subito infuocata. È un “Appunto per il presidente del Consiglio dei ministri” redatto dal Dagl lo scorso 19 giugno. Gli appassionati della materia avranno riconosciuta la sigla sconosciuta ai più. È il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della presidenza, l’ufficio da cui transitano tutti i provvedimenti in arrivo sul tavolo del Consiglio dei ministri, e che spesso è stato al centro di strali e polemiche, “reo” di voler bloccare il cambiamento.

Uno spartito suonato durante le convulse fasi dell’ultima legge di bilancio dal Movimento 5 stelle, e che oggi risuona sul fronte leghista. Perché il Dagl, in estrema sintesi, dice due cose. La prima è che il Parlamento non può non essere coinvolto. E che le Camere devono avere la possibilità di emendare le intese con le Regioni. La seconda, più pesante, mina l’intero impianto: il progetto metterebbe a rischio il bilancio dello stato, e creerebbe una sperequazione di risorse tra nord e sud, proprio l’allarme lanciato dai 5 stelle.

Partiamo da qui. La seconda bozza targata Erika Stefani, ministro degli Affari regionali, prevede che se entro i tre anni dall’approvazione delle intese lo stato non ridefinisce i costi standard , il meccanismo di redistribuzione del fabbisogno si baserà su un complesso sistema che prende come riferimento la “spesa media pro capite”. Tralasciando i tecnicismi, i super tecnici di Chigi spiegano che, in questo caso, “l’ammontare delle risorse da assegnare alle Regioni sarebbe determinato secondo un metodo di calcolo che, in chiave (incomprensibilmente) sanzionatoria per lo Stato, produrrebbe un aumento delle somme da trasferire rispetto alla modalità calcolata sul costo storico”. Un paradosso. La soluzione alternativa è stata inserita proprio in considerazione “delle difficoltà riscontrate dallo stato nella definizione dei costi standard (l’ultima volta hanno richiesto un iter di 5 anni prima di diventare operativi). “La sua applicazione – spiega una fonte vicina al dossier – è praticamente data per scontata”.

Ma non basta. “Se danneggerà il sud passeranno sul mio cadavere”, ha tuonato proprio oggi Luigi Di Maio. “Non danneggia nessuno”, ha risposto Salvini. Il Dagl dà ragione al capo politico M5s. “Risulta agevole comprendere – continua ancora il testo – come un tal modo di procedere implicherebbe un ingiustificato spostamento di risorse verso le regioni ad autonomia differenziata, con conseguente deprivazione delle altre”. Più soldi a Veneto, Lombardia e Emiglia Romagna, dunque, meno a tutte le altre. E se lo stato fosse costretto ad aumentare le spese complessive per far fronte alle richieste delle altre 17, “si metterebbe a rischio il principio dell’equilibrio di bilancio”, ponendo il testo a rischio indiretto di costituzionalità in riferimento a una manciata di articoli della Carta.

Questo per quanto riguarda il contenuto. Ma è anche sul metodo che il Dagl mette violentemente un dito nell’occhio del Carroccio. La Lega ha sempre sostenuto che l’iter dovesse sostanzialmente risolversi nel rapporto tra governo e regioni. Tradotto: il via libera del Cdm equivarrebbe a un ok praticamente definitivo. I 5 stelle rispondono che il Parlamento deve avere un ruolo centrale, non di mero formalizzatore dell’intesa. Traduciamo un altra volta: un percorso che preveda che le centinaia di pagine sulle più disparate competenze passino di Commissione in Commissione, e siano passibili di emendamento, renderebbe i tempi di attuazione indefiniti. Ecco ancora che il documento in mano a Conte sostiene, ovviamente in punta di diritto, tesi molto simili a quelle dei pentastellati.

Il Dagl, premettendo la possibilità di diverse interpretazioni di un’attuazione che in questi termini non ha precedenti, spazza via i dubbi. Si Legge nel testo: “Nel delineare il relativo procedimento in sede di prima applicazione, appare necessario garantire il ruolo del Parlamento, assicurando nelle diverse fasi procedurali un adeguato coinvolgimento dell’organo parlamentare”. Coinvolgimento che non può essere di semplice ratifica. Leggiamo ancora: “L’emendabilità […] da parte del Parlamento dovrebbe considerarsi ineluttabilmente insita nella libertà della funzione legislativa e, forse ancor più, nel ruolo centralissimo che la Costituzione assegna alle Camere, quali sede dell’esercizio della sovranità popolare”.

“Mercoledì si chiude – ha profuso ottimismo Conte rimandando a un nuovo vertice in programma per la prossima settimana – vedrete che la porteremo in Consiglio dei ministri”. Ma ha corredato la dichiarazione da titolo di una postilla: “Mi sono reso garante di una buona autonomia, perché la vogliamo fare ma bisogna farla bene”. Il come è contenuto in dodici agili paginette.

Sorgente: 12 pagine per bloccare le Autonomie | L’HuffPost

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