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«Posso parlare? Sicuro, che posso parlare… non è che mi arrestate?». E perché dovresti essere arrestata, le chiedono medici e inquirenti: «Me lo diceva sempre di non parlare, di non dire niente, che ci avrebbero arrestato…». Ha inizio così il racconto della piccola sopravvissuta (ha compiuto otto anni a marzo) di quell’inferno domestico in cui ha trovato la morte il piccolo Giuseppe (aveva sette anni), in una maledetta domenica di gennaio scorso. Ha gli occhi tumefatti, labbra livide dalle botte, ma si libera: «Mamma non faceva niente, non faceva niente… lui picchiava e lei niente».

LA CASA DEGLI ORRORI
Un racconto atroce, che dà la stura alle indagini costate il carcere a Valentina Casa, la madre «innaturale», che ha consentito al convivente di massacrare il figlio e che ha cercato di ripulire ciocche di capelli e sangue per non aggravare la posizione dell’essere maschile con cui aveva scelto di convivere, oltre a provare ad inquinare le prove nei giorni successivi l’omicidio del piccolo Giuseppe. Massacrato in uno scenario domestico che ha visto vittime anche le due sorelline di Giuseppe (la più piccola ha solo quattro anni), tanto da spingere il gip Antonella Terzi a parlare di quei tre piccoli eroi di «mosche che sciamano», come «automi» con lo «sguardo privo di vita, senza mai un guizzo di felicità», lì in quella casa che una vicina della donna bolla come «casa degli orrori». Decisive le indagini della Mobile del primo dirigente Luigi Rinella e della sua vice Nunzia Brancati, ma anche della sezione fasce deboli della Questura.

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Sorgente: Cardito, ucciso di botte dal patrigno: «Maestre indifferenti al suo dolore» | Il Mattino

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